Riflessioni di G.A. Borgese dal testo: GOLIA, marcia del Fascismo
LO SFONDO STORICO
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Cola Di Rienzo
La tragedia di Dante fu seguita dalla tragica farsa di Cola di Rienzo, rappresentata a Roma fra il 1347 e il 1854, press'a poco una generazione dopo Dante.
L'eroe fu un plebeo romano, Nicola di Lorenzo, figlio di un oste. Aveva studiato il latino, e divenne notaio e scrittore di epistole eloquenti, oratore infiammato, caporione ribelle. Dopo avere conquistato due volte il potere nella sua città, dalla quale i papi s'erano allontanati nel volontario esilio di Francia, venne assassinato dalla plebe tumultuante, e la spoglia impiccata e bruciata.
Dante - Petrarca |
Sembra come se D'Annunzio, in un momento d'abbandono e di stanchezza, inconscio dell'imminenza della guerra mondiale e delle occasioni che sarebbero state fra poco offerte alla sua sete di avventure e di potenza, avesse voluto disseppellire il suo vano sogno di gloria romana e sperderlo ai quattro venti. Cola di Rienzo, il plebeo visionario, aveva sentito come lui, ed era caduto nel sangue e nella vergogna. Il libercolo era la vendetta di D'Annunzio contro la nullità dei suoi sogni.
Egli mostra per incidenza la futilità di esumare le cose morte per sempre; per quanto, oscuramente, dia l'impressione di apprendere soltanto ora che la gloria romana appartiene al passato in modo irrevocabile. Con spietata insistenza egli nega che, anche se fosse stata teoricamente possibile la rinascita di Roma, avrebbe potuto essere opera di un eroe come Cola, descritto come un libertino, un ghiottone e un codardo, eroe fra tutti meschinissimo.
Invece Cola fu molto migliore di come lo dipinse il suo ritrattista; e quanto ad ideali e metodi politici a lui superiore, pur non essendo così bravo come poi l'hanno voluto Konrad Burdach e altri studiosi immaginosi. Cola credette sul serio nelle cose che diceva, in parecchi momenti della sua vita, che furono momenti lunghi e decisivi. Egli morì per esse, e nessuna farsa che finisca nel sangue e col fuoco è soltanto una farsa.
L'idea della perfezione umana e politica, com'era stata formulata da Dante, si era rapidamente diffusa in vari strati della società colta. Era più che l'alba della rinascita, la più singolare fra le attitudini mistiche dell'uomo. Un nuovo grande poeta, Petrarca, s'era fatto portatore dell'idea dantesca, conferendole un colore di mondana eleganza, di razismo agevole, addirittura di giornalistico annunzio pubblicitario, che la rendeva più accettabile alla mente comune. Il Petrarca tradusse una religione austera nel linguaggio della conversazione e della declamazione, e smorzò quell'eroica disperazione in una morbida malinconia, che poteva essere gustata da tutti e neppure contraddittoria alle suggestioni di una sognante pigrizia. Egli passeggiava fra i muschi e le erbe delle rovine dell'antica Roma, dove brucavano le capre, e sospiravano: "Italia mia, ben che 'I parlar sia indarno ...".
Ci sono fondatori di religioni, e fra questi è Dante; e fondatori di mode, fra i quali è il Petrarca.
Questi ultimi sono più autorevoli, specie quando sono coerenti e insieme benevoli come il Petrarca. Da un punto di vista letterario, egli era più coerente di Dante, che sentiva un poco goffo per linguaggi e atteggiamenti; sapeva di latino assai più del suo predecessore, e scrisse in latino il suo grande poema epico, l'Africa, che celebrava le vittorie di Roma nelle guerre puniche, dalle quali virtualmente era conseguito lo stabilirsi della legge romana su tutteo il mondo conosciuto. Egli poi, con maggiore coerenza di Dante, sviluppò dall'idea dantesca il dogma del primato nazionale. Se Roma e l'Italia erano l'essenza del mondo, perchè salvatori e sovrani avrebbero dovuto venire da paesi barbarici? Un nazionalismo orgoglioso e sensibile fu in breve la sua fede, e la sola sua coerenza spirituale. La sua musicale benevolenza, la sua mancanza di collera o di odio, l'inesausta abilità a trasferire l'imperfezione della volontà nella perfezione del sogno, proprio del suo spirito, lo aiutarono ad affrontare con relativa calma ogni delusione e a diventare l'idolo della nazione appena nata, che sembrava destinata a placare un'irrequieudine senza rimedio nella bellezza delle forme dell'arte.
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Autore:
Giuseppe Antonio Borgese è stato uno scrittore, giornalista, critico letterario, germanista, poeta, drammaturgo e accademico italiano.
Nacque in Sicilia (Polizzi Generosa), antifascista, fu costretto a lasciare la cattedra universitaria ed emigrare negli Usa; riebbe la cattedra alla caduta del fascismo.
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