Riflessioni di G.A. Borgese dal testo: GOLIA, marcia del Fascismo
LO SFONDO STORICO
Dante
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I miti di Roma
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L'Italia
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Secondo l'opinione comune, che Dante condivideva con entusiasmo, Virgilio era stato senza eccezione il maggiore dei poeti latini. Scrivere un nuovo poema nella stessa lingua di Virgilio sarebbe equivalso a mettersi in gara con lui. Dante cedette dinnanzi a quest'ambizione per timore residuo della giovanile morbilità, e per reverenza. Ma l'orgoglio incoercibile lo spiunse a ricercare un proprio primato. Una lingua nuova, non ancora onorata da grandi poeti, conveniva alla duplice esigenza della sua timidezza e della sua ambinzione. Egli andò più in là, razionalizzando la sua scelta istintiva. La lingua da lui adottata fu il dialetto di Firenze che aveva appreso a balbettare in grembo a sua madre; e gli elementi ch'egli vi aggiunse , tratti dall'esperiernza dell'esilio, dalle perigrinazioni per le varie regioni dell'Italia centrale e settentrionale, dai suoi studi latini, non erano certo tali da giustificare la pretesa d'aver plasmato o scoperto un suo proprio linguaggio celeste. Ciò vale anche per le violente alterazioni alle quali sottopose la grammatica conversiva dell'idioma fiorentino, secondo i suoi consueti spiriti ribelli e la sua caccia all'espressione ineffabile, Essi valsero soltanto a formare, fra le lingue letterarie moderne, la più refrattaria agli usi della scienza del realismo, della prosa, la lingua più inesorabilmente incline verso la sublimità del sogno e della declamazione.
Ecco dunque quella piramide sorgere al centro dell'orizonte, ed esercitare un'attrazione continua e coerente sulle cose e sugli spiriti intorno.
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