Estratti dalla
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE
D'INCHIESTA SULL'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI PER LA RICOSTRUZIONE
E LA RIPRESA SOCIO - ECONOMICA DEI TERRITORI DELLA VALLE DEL BELICE
COLPITI DAI TERREMOTI DEL GENNAIO 1968
(Istituita con legge 30 marzo 1978, n. 96)
continua da:
Prima parte pubblicata Pigiare qui) Seconda parte pubblicata (Pigiare qui) Terza parte pubblicata (Pigiare qui) Quarta parte pubblicata (Pigiare qui) Quinta parte pubblicata (Pigiare qui) Sesta parte pubblicata (Pigiare qui) Settima parte pubblicata (Pigiare qui) Ottava parte pubblicata (Pigiare qui) Nona parte pubblicata (Pigiare qui) Decima parte (Pigiare qui)
CAPITOLO IV
LA PROGRAMMAZIONE E PIANIFICAZIONE URBANISTICA
AI VARI LIVELLI — I TRASFERIMENTI DEGLI ABITATI
Il trasferimento degli abitati.
— // quadro di riferimento.
L'introduzione, agli articoli 1 e 11 della legge 241/1968, del concetto di trasferimento degli abitati è un fatto abbastanza nuovo, nella storia urbanistica italiana. In questo senso può sorprendere che a poco più di un mese dal sisma, con il decreto-legge n. 79/1968 (convertito nella citata legge n. 241 del 1968), si assumesse in linea di principio una tale determinazione e che si ritenessero sufficienti trenta giorni per deliberare definitivamente in proposito sulle singole situazioni.
La successione formale degli atti previsti dalla legge è la seguente:
a) Il Ministro dei lavori pubblici (di concerto con i Ministri dell'interno e del tesoro e d'intesa con il Presidente della Regione Siciliana, sentito il parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici), propone gli abitati o le parti di abitato da trasferire;
b) il Presidente della Repubblica determina gli stessi, con proprio, apposito decreto;
e) la Commissione tecnica di cui all'articolo 12, presieduta dal capo dell'Ispettorato, redige i programmi delle opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici, che vengono definiti più chiaramente come programmi di trasferimento con l'articolo 4 della legge 858/1968. Quest'ultimo prevede anche che i Comuni interessati debbano esprimere il proprio parere (sul programma, non sul trasferimento) entro venti giorni.
d) Il Ministro dei lavori pubblici, seguendo la prassi di cui al punto a), approva i programmi;
e) in seguito all'approvazione dei programmi, l'Ispettorato redige il progetto esecutivo del trasferimento.
Né la legge 241/1968, né la legge 858/1968 precisano in che cosa consista tale progetto esecutivo, ma certamente esso è cosa distinta dal programma, come pure dai progetti delle singole opere cui l'Ispettorato darà seguito, eventualmente valendosi delle facoltà di concessione ad enti pubblici o comunque autorizzati. Non sarà inutile, nel prosieguo, distinguere nettamente tra i due diversi ruoli assegnati agli Ispettori per le zone terremotate, come capi dell'Ispettorato e come Presidenti della Commissione tecnica di cui all'articolo 12 della legge n. 241/1968. Benché infatti questo settore non sia oggetto specifico del presente capitolo, è opportuno notare come dall'esame degli atti risulti costantemente, e non senza conseguenze, la confusione tra i due ruoli, da parte dei protagonisti di allora.Per quanto riguarda i 14 Comuni soggetti a trasferimento parziale o totale degli abitati, l'attività svolta dall'Ispettorato sembra aver coperto di fatto una gamma di funzioni e competenze assai più vasta di quanto previsto. Ciò è avvenuto valendosi forse di ulteriori istruzioni ministeriali, ovvero occupando progressivamente gli spazi istituzionalmente riservati ad altri enti ed organismi, sia locali che statali, decentrati, per carenza degli stessi, ovvero reputando necessario, almeno nei primi anni, mantenere accentrata l'iniziativa della ricostruzione. Sta di fatto che l'Ispettorato si è trovato oggettivamente impreparato ad assolvere i propri compiti, quelli istituzionali e quelli in un modo o nell'altro acquisiti.
È chiaramente in questo contesto che si colloca, fin dall'inizio, la stretta collaborazione con l'ISES, che indubbiamente va molto al di là di un semplice rapporto di committenza, garantito da convenzioni, per l'affidamento della progettazione ed esecuzione di opere, sia pure di tutte le opere programmate. Nella vicenda dei 14 Comuni a trasferimento parziale o totale degli abitati, le attività dell'ISES, dell'Ispettorato e della Commissione ex articolo 12 costituiscono un insieme difficilmente districabile e ne fanno fede alcune testimonianze (delibere e lettere dei Comuni, ad esempio), in cui si confondono chiaramente tecnici dell'Ispettorato, o addirittura l'Ispettore, con tecnici incaricati dall'ISES. Sulla base di testimonianze ed indizi si può ragionevolmente presumere che l'ISES, unico ente autorizzato per legge all'intervento in caso di calamità, fin dall'inizio si sia mosso a livello locale e centrale, prendendo contatti con il Ministero dei lavori pubblici, al cui controllo del resto era sottoposto per statuto, e con la Regione, per la quale, come è già stato ricordato, elaborò uno « schema territoriale » (presentato nel novembre 1968), non dissimile dallo « studio preliminare » elaborato dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici nel marzo 1968.
Un « piano di coordinamento » redatto dall'ISES, ad esempio, fu discusso da un non meglio identificato « Comitato », costituito presso l'Ispettorato e, a quanto sembra, presieduto dallo stesso Ispettore, il 12 ottobre 1968 (come risulta da un rapporto dell'Ispettore al Ministero, datato 21 novembre 1968), appena quattro giorni dopo la stipula della prima convenzione-studi. È probabile, in realtà, che questo piano fosse lo stesso redatto dall'ISES per incarico della Regione Siciliana, ma in tal caso non si spiega a che titolo il piano stesso venisse sottoposto prima all'Ispettorato, sia pure in sede di « comitato », né se tale piano facesse o meno parte di elaborati conseguenti la convenzione-studi e a chi fossero stati imputati i relativi oneri. Sempre a titolo di esempio, è opportuno citare il problema delle relazioni geologiche. Quella redatta dall'ISES, non firmata (ma concordemente attribuita al Prof. Florida, che l'avrebbe curata a titolo « amichevole », secondo la dichiarazione resa dai responsabili dell'ISES nel corso dell'audizione), non è datata. Tuttavia la relazione del Servizio Geologico di Stato, collocabile tra la fine di luglio ed i primi di agosto del 1969, fa esplicito riferimento a studi geologico-localizzativi redatti dal Prof. Florida per l'ISES, in data evidentemente precedente, e soprattutto precedente alla convenzione per studi e rilevamenti di tale tipo, stipulata solo il 19 aprile 1970.
Studi geologici (e tantomeno « localizzativi ») non erano infatti previsti dalle precedenti convenzioni-studi per quanto ciò possa sembrare strano, data la situazione. Si rileva, tra l'altro, l'atteggiamento critico del Servizio Geologico di Stato, per le localizzazioni prescelte. La stipula delle prime convenzioni tra l'ISES e l'Ispettorato, in sostanza, sembra potersi intendere come precisazione e ratifica di un rapporto collaborativo effettuato dall'ISES a « scopo promozionale » in periodo anche antecedente le convenzioni stesse. Anche l'ingresso ufficiale dell'ISES nella vicenda del Belice, con la prima « convenzionestudi » dell'8 ottobre 1968 desta tuttavia non poche perplessità. Con tale convenzione, infatti, l'ISES entra in campo, indipendentemente da ogni questione di legittimità (approfondita altrove), in un momento decisionale delicato e comunque antecedente quello previsto dalle leggi per « altri » enti pubblici o comunque autorizzati ad intervenire. L'Ente, in sostanza, avrebbe dovuto fungere da supporto tecnico per l'Ispettorato, non solo per la progettazione e realizzazione delle opere di competenza ministeriale, ma anche per la loro programmazione e quantificazione. In altre parole avrebbe dovuto quantomeno collaborare a definire e quantificare le opere che esso stesso avrebbe presumibilmente e (certamente dal 17 giugno 1969, data della prima convenzione-lavori) progettato ed appaltato in futuro. Può essere ancora una volta ricordato che la programmazione di dette opere, nei Comuni a trasferimento parziale o totale degli abitati, non era di competenza dell'Ispettorato, ma della Commissione tecnica di cui all'articolo 12, presieduta dall'Ispettore in carica, mentre all'Ispettorato spettava il compito di redigere ed eventualmente far redigere i progetti esecutivi. È anche opportuno ricordare che le opere di competenza ministeriale di cui all'articolo 1 della legge 241/1968, potevano essere effettuate anche nelle località prescelte per il trasferimento, ma non esclusivamente (articolo 8 della stessa legge) (1). Ciò significa che dette opere (servizi pubblici, urbanizzazioni e case per i senzatetto) potevano essere previste, progettate e realizzate anche nell'ambito dei vecchi centri con la sola esclusione di quelli a trasferimento totale. Non risulta invece che tale ipotesi sia stata presa in considerazione; anzi si è teso a trasferire il più possibile anche attrezzature e servizi esistenti nei nuovi insediamenti, nonostante vi fosse in genere opposizione da parte delle autorità locali. Per i Comuni soggetti a trasferimento totale o parziale degli abitati, l'insieme delle opere di competenza ministeriale da realizzarsi nei nuovi insediamenti assumeva di fatto una tale entità da rendere praticamente impossibile la redazione dei programmi relativi e soprattutto la previsione delle spese necessarie, senza un preciso riferimento dimensionale e localizzativo. Ciò configurava, per ovvi motivi, qualcosa di molto vicino e formalmente simile ad un piano urbanistico attuativo. Esso si sarebbe trovato, per di più, a non dipendere da uno strumento urbanistico di grado superiore, come un Piano regolatore generale o, almeno, un Programma di fabbricazione. C'è da notare, tuttavia, che l'articolo 1 della legge 241/1968, nell'elencare le opere di competenza ministeriale, distingue sub f) il trasferimento di abitati dalle altre opere, lasciando supporre per questo una qualità diversa, che non la semplice somma delle opere precedentemente indicate.
Nella stesura della legge 241/1968, come si è visto in precedenza, il legislatore aveva evitato ogni possibile riferimento ad una vera e propria azione di pianificazione urbanistica, sia perchè, per la Sicilia, essa era già allora materia di competenza regionale, sia probabilmente per il comprensibile timore di ritardare la ricostruzione, subordinandola ad una prassi amministrativo-decisionale tradizionale, lenta e complicata basata in gran parte sull'iniziativa comunale nei confronti della quale, evidentemente, non si riteneva di poter fare grande affidamento. Infine, forse, perchè non era possibile prevedere a priori l'estensione e la complessità dei trasferimenti attuati. In teoria del resto, secondo la legge regionale tutti i Comuni, compresi 10 dei 14 di cui trattasi, avrebbero dovuto essere dotati entro la prima decade del novembre 1968 almeno di un programma di fabbricazione. Secondo la legge 241/1968, invece, tutti i programmi ministeriali di trasferimento avrebbero dovuto essere approvati entro l'aprile 1968, e così è stato, almeno formalmente (1).
(1) I primi programmi sòpo stati approvati il 26 aprile 1968 e per Sambuca, Menfi, Camporeale e Contessa Entellina il 30 gennaio 1969. I programmi definitivi, a meno di modifiche e varianti, sono stati invece approvati dal marzo all'agosto 1969 con l'eccezione di Salemi (14 aprile 1970).
Nonostante il mancato coordinamento tra legislazione nazionale e regionale (cioè tra la realizzazione delle opere di competenza ministeriale e la pianificazione urbanistico-territoriale) i Comuni avrebbero dunque potuto, nel periodo tra l'aprile ed il novembre 1968, redigere i propri programmi di fabbricazione sulla base dei programmi di opere ministeriali e questi essere successivamente perfezionati e resi esecutivi, sulla base dei programmi di fabbricazione comunali, che avrebbero, tra l'altro, indicato la localizzazione dei nuovi insediamenti. In ogni caso, tra Comuni e Ispettorato si sarebbe dovuto stabilire un rapporto di collaborazione che, invece, appare del tutto assente, anche dall'esame dei documenti. La Regione, dal canto suo, avrebbe potuto sia accelerare la progettazione e l'approvazione dei piani comprensoriali, sia surrogare quei Comuni che, trovandosi in oggettive difficoltà, non avessero potuto provvedere da soli alla redazione dei programmi di fabbricazione. Considerando che i programmi effettivi sono stati in realtà approvati tra il marzo e l'agosto 1969, nello stesso periodo si sarebbe potuta conseguire una piano-programmazione integrata tra i vari soggetti, ben più organica ed ordinata di quanto non sia stato. Essa, inoltre, avrebbe permesso un più facile passaggio dal regime « straordinario » a quello ordinario. Non bisogna infatti dimenticare che l'Ispettorato era un organo provvisorio. Il pur contraddittorio tentativo delle leggi successive a quella n. 241/ 1968 di graduare il passaggio di competenze dall'Ispettorato ai Comuni ed in parte alla Regione si è di fatto sempre vanificato nella sostanza, proprio a causa del totale accentramento di compiti e funzioni nell'Ispettorato, anzi, fino al 1974, nel binomio ISES-Ispettorato. Prima di affrontare in dettaglio i programmi di trasferimento, dì esclusiva pertinenza dell'Ispettorato e, per la parte tecnica, dell'ISES, è bene ricordare ancora una volta che essi non possono in alcun modo essere considerati esaustivi della ricostruzione nel Belice. Né lo spirito né la lettera della legge 241/1968, infatti, attribuiscono ai programmi di trasferimento l'importanza ed il ruolo che essi hanno in realtà assunto. Si può senz'altro affermare che i programmi di trasferimento hanno praticamente assorbito tutte le riserve umane, tecniche e finanziarie e che proprio questa dilatazione ha determinato sia la centralità dell'Ispettorato, sia la subalternità degli enti locali, in particolare dei Comuni, Non è un caso che solo dal 1976, con il vero inizio della ricostruzione, i Comuni abbiano potuto assumere nuovamente un proprio seppur limitato ruolo. Anche questa situazione, tuttavia è parzialmente attribuibile alla legge 241/1968, o meglio all'interpretazione che si è voluto dare dell'intento, manifestato dalla legge, di provvedere alla « rinascita » economica e sociale delle zone colpite dal sisma. Tale intento di natura generale è stato trasferito di peso alla progettazione dei singoli programmi e piani di trasferimento, come si dimostrerà in seguito. Basti qui ricordare che questa impostazione fa da premessa ad ambedue le convenzionistudi stipulate dall'ISES con l'Ispettorato e non è stata priva di conseguenze nella predisposizione dei programmi stessi. Ciò che interessa sottolineare è che gran parte delle scelte e delle decisioni che hanno guidato la ricostruzione del Belice non erano affatto « obbligate » dalla legge o da situazioni di fatto. La legge 241/1968, infatti, prevede la possibilità di trasferire gli abitati, ma come provvedimento « estremo » (non obbligato) e non isolato, anzi integrato a tutti gli altri provvedimenti che si sarebbero dovuti prendere per la ricostruzione e che sono stati spesso trascurati. Né la legge, né, come si vedrà in seguito, lo stato di fatto conseguente il sisma giustificavano inoltre l'uso estensivo ed esclusivo dei trasferimenti e l'entità che essi hanno assunto, e che indubbiamente è stata accettata fin dall'inizio con estrema leggerezza da tutti i soggetti in causa, eccettuate forse le popolazioni colpite. La disamina degli errori e delle anomalie che si sono sommate nella redazione e nell'attuazione dei programmi di trasferimento, è bene ricordarlo, può essere condotta solo partendo da questi presupposti.
Analisi dei programmi di trasferimento.94
Segue
Nessun commento:
Posta un commento