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domenica 11 maggio 2014

Il Vangelo alla luce dei fatti di ogni giorno

Giovanni 5  1-15

DESTATI, LEVA LA TUA BARELLA E CAMMINA

5,1​ Dopo queste cose c’era una festa dei giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 2​ Ora c’è in Gerusalemme, presso la (porta) Pecoraia, una piscina chiamata in ebraico Bethzathà che ha cinque portici. 3 ​In questi giaceva una moltitudine di infermi, ciechi, zoppi, disseccati [che aspettavano il movimento dell’acqua. 4 ​Infatti un angelo del Signore scendeva in certi momenti nella piscina e turbava l’acqua: il primo che  entrava dopo il turbamento dell’acqua diventava sano da qualunque  malattia fosse posseduto]. 5 ​C’era là un uomo che si teneva nella sua infermità da trentotto anni. 6​ Gesù, avendolo visto che giaceva e saputo che già da molto tempo (se la) teneva, gli dice: Vuoi diventare sano? 7​ Gli rispose l’infermo: Signore, non ho un uomo che, quando viene turbata l’acqua, mi getti nella piscina; quando arrivo io, un altro scende prima di me. 8​ Gli dice Gesù: Destati, leva la tua barella e cammina! 9 ​E subito divenne sano l’uomo e levò la sua barella e leva la tua barella e cammina. 10          Dicevano dunque i giudei a colui che era stato curato: è sabato e non ti è lecito levare la tua barella. 11     Ora egli rispose loro: Chi mi ha fatto sano, lui mi disse: Leva la tua barella e cammina.
12 Gli chiesero dunque: Chi è l’uomo che ti disse: Leva e cammina? 13 ​Ora colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era ritirato, essendoci folla sul luogo. 14​ Dopo queste cose, lo incontra Gesù nel tempio e gli disse: Vedi, sei diventato sano! Non peccare più, perché non ti avvenga qualcosa di peggio. 15​ Se ne andò l’uomo e disse ai giudei che è Gesù colui che lo fece sano. 16​ E per questo i giudei perseguitavano Gesù, perché faceva queste cose di sabato. 17​ Allora [Gesù] rispose loro: Il Padre mio continua ad operare sino ad ora e anch’io opero.

18 ​Per questo dunque ancor di più i giudei cercavano di ucciderlo, perché non solo scioglieva il sabato, ma addirittura chiamava Dio padre suo, facendosi uguale a Dio.
Brano del Vangelo di Giovanni proclamato in questa domenica nelle Chiese di rito bizantino.

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Il malato è “un uomo”, che pero'  rappresenta l’umanità intera. Costui e' in mezzo a una grande massa di suoi simili, tutti infermi, che non stanno in piedi. Sono "ciechi, zoppi, paralitici”, incapaci di “camminare. Costituiscono una riserva di dannati esclusi dalla vita, che non riescono pertanto a gustare la gioia della vita. La loro condizione è di “disseccati”, senza linfa vitale.

Ecco l’uomo!”. Ecco la condizione umana quando si perde il senso della vita.

All’inizio il testo parla di “una festa” dei giudei, al centro del “sabato”, a cui la gran parte della gente è esclusa perchè -come già detto- cieca, zoppa, paralitica etc.
Davanti all’azione di Gesù in favore dell’uomo, del prossimo, l'ascoltatore del brano evangelico è posto nell’alternativa tra accettare questa iniziativa in nome della solidarieta' e della fratellanza o rifiutarla in nome della legge che ha santificato il sabato.

L’uomo che Gesù ha davanti, che ha incontrato nei 33 anni di sua permanenza in terra, è uno che da sempre, dall'inizio dell'umanita', non sta in piedi; si tiene il suo male in un’esistenza inerte e mezza morta.
A guarirlo non sarà l’acqua della piscina, simbolo della natura, né l’acqua del pozzo di Giacobbe, simbolo della legge d'Israele. Sara' l’acqua viva, la solidarieta', l'amicizia di ciascun verso il prossimo che Gesu' esprime al massimo grado.
Quest’uomo malato, come tutti noi esseri umani, sa di essere destinato -prima o dopo- alla morte. L'iniziativa di perdono, di solidarieta' e di fratellanza di Gesu' gli consente -intanto- di guarire da quella “malattia mortale” che è la vita stritolata dagli obblighi della legge, che sa solo colpevolizzare e legare ciascuno alla propria barella.

Nel corso della vita chi si crede giusto (e ai nostri giorni in molti ci sentiamo giusti addebitando agli altri tutti i torti), è semplicemente un cieco che crede di vedere. 
Di contro il male dell'uomo consapevole di avere dei limiti e quindi di essere suscettibile di sbagliare, generalmente, si sostanzia nella rassegnazione.
Il quadro dell'umano resta pur sempre negativo.

La discussione che segue il "miracolo" riguarda l’interpretazione della legge, di cui il sabato è simbolo. Tutto per noi -ai nostri giorni- è questione di interpretazione.
Non c'è dubbio che la legge in sé è buona: mostra il bene e condanna il male. Siccome però tutti -chi in un modo e chi in un altro- commettiamo il male, la "legge" colpevolizza chi sa di avere errato, facendolo sedere nell'angoscia e nella morte, e  nel contempo accieca chi non sa di sbagliare, imprigionandolo nell’autogiustificazione, (appunto nell'interpretazione a lui favorevole). Questi ultimi in genere sono gli uomini di potere.
La legge diventa comunque per-vertita, volta in direzione contraria alla vita e al piacere di vivere, ed è per la morte, per il non godere la vita.
Il messaggio del brano evangelico proposto in Chiesa oggi libera dal male e dalla colpa (perdona), restituendo alla legge il suo senso positivo di distinguere il bene dal male e a noi uomini addita quello della solidarieta' (amore) reciproco. 
A questa interpretazione si oppone quella dei detentori del potere (= i benpensanti, ha commentato oggi nell'omelia il celebrante), che della legge hanno fatto invece la garanzia del proprio dominio sugli altri.

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