di Paolo Borgia
Mënyra
dëshirore - modo ottativo
Una trentina di anni fa ci si accorse
che la lingua aramaica, un tempo la lingua più diffusa nel Medioriente, ormai
si parlava solo in qualche sperduto villaggio della Siria settentrionale.
E’ un raro miracolo che una lingua si conservi
nel lungo periodo. Imperi che cambiano, migrazioni, guerre, commerci, mode, nuove
tecnologie, che cambiano le condizioni esistenziali poco per volta o anche
rapidamente fanno sì che magari solo nel giro di cinquant’anni gli anziani agricoltori
o artigiani semianalfabeti non capiscono il linguaggio dei giovani, frutto del
grande numero di frequentazioni di alte scuole universitarie, sicuramente
lontane dalla vita.
Anche la velocità del tempo è cambiato: la
necessaria lentezza che rendeva compatibile la logorante fatica con le poche forze
fisiche umane ha visto esplodere un dinamismo frenetico anche nel modo di
parlare. Ne hanno fatto le spese anche alcuni “tempi e modi dei verbi”, specie
il modo ottativo − mënyra dëshirore che si usa ormai raramente per pregare,
per imprecare, esprimere il desiderio o l’augurio che qualcosa accada, per
un’esortazione o una maledizione.
L’esempio
scritto più radicato nel tempo è il
Padre Nostro − Ati Ynë, in cui, oltre a 4 imperativi diretti a Dio, ëna-dacci, ndjena-rimetti a noi, mos na
le të biem- non farci cadere, lirona-liberaci, troviamo 4 espressioni di
desiderio di lode shejtëruar kloftë-sia
santificato, ardhtë (j-ardhshit)-venga,
u bëftë- sia fatta, ashtù kloftë-così sia.
Ati ynë çë je në qiell,
ardhtë rregjëria jote,
u bëftë vullimi yt
si në qiell ashtù në dhe.
Bukën tënë të përditshme
ëna neve sot,
ndjena dëtyrët tona,
ashtù si na ia ndjejëm
dëtyruamvet tanë,
e mos na le të biem në
ngarje,
po lirona nga i ligu.
Ashtù kloftë
Abbiamo qualche giaculatoria
Ynë Zot na ruashit - Il Signore ci protegga
Paçe lipisi për mua i Madh’Yn’Zot - Abbi
pietà per me Grande Signore
Daftë Ynë Zot -Voglia il Signore
Ma anche auguri malefici
Të zëfshit hëna! - Possa perdere la ragione!
I zëftë një pikë te zëmbra! - Gli venga un colpo apoplettico!
(=goccia. Italiano rinascimentale)
Të ju thaheshit gluha! - Vi si secchi la bocca!
Mos vaftë për të folë! - Non per
vanagloria! Non per vantarmi!
“Ma accanto a queste
terribili imprecazioni consoliamoci - come ci dice Papas Matteo Sciambra* - con
questi versi che la madre della sposa pronunzia mentre la figlia lascia la
propria casa per recarsi in Chiesa per contrarre matrimonio, mentre fa piovere
sul suo capo frammenti di pane con sale e fiori”:
Shtofshe e burofshe
sa rërë ka dejti e sa ilëzë ka qiellja!
Pafshe* hjen si buka e si kripa,
Vafshe veshur si ulliu e si qiparisi!
Possa tu aggiungere ed abbondare
per quanta rena ha il mare e stelle il cielo!
Possa avere onore come il pane e il sale,
Possa andar vestita come l’ulivo e il cipresso!
Altri casi comuni
Shko-fsha
che io passi
La-fsha
che io lavi
Bë-fsha
che io faccia
Ble-fsha
che io compri
Prit-sha che
io aspetti
Vdek-sha che
io muoia
Djeg-sha che
io bruci
Pjek-sha che
io arrostisca
Rua-sha che io
custodisca
Dhën-sha che
io dia
Pa-fsha che io
veda
Thën-sha che
io dica
Va-fsha che io
vada
Da-fsha che io
voglia
Ngrën-sha che
io mangi
Ardh-sha
che io venga
Pa-ça
che io abbia
Klo-fsha
che io sia
___________
*
Matteeo Sciambra, Stato attuale della
parlata albanese di Contessa Entellina (Sicilia), in Orbis - Tome XIII, N°
2,1964, Louvain
**
Pafshe >Paçe
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