Era il pomeriggio del 23 maggio 1992 e sull'autostrada che da Punta Raisi conduce a Palermo avviene quanto di più crudele si possa immaginare. Il giudice Giovanni Falcone accompagnato dalla moglie Francesca Morvillo è alla guida di un auto, di ritorno da Roma dove da qualche tempo lavora al Ministero della Giustizia dove è stato chiamato dal guardasigilli Claudio Martelli. Altre due auto con gli agenti di scorta precedono quell'auto. All'altezza dell'uscita per Capaci, una carica di oltre cinquecento chili di tritolo esplode investendo il corteo delle auto blindate. I tre uomini dell'auto di testa restano uccisi sul colpo, il conducente della seconda auto viene gravemente ferito e Giovanni Falcone e la moglie muoiono poco dopo in ospedale.
Nessuno dubita che quella strage è la risposta della Mafia all'esito del maxi-processo, voluto da Giovanni Falcone e che ha reciso la struttura di Cosa Nostra.
Avendo ucciso l'uomo più protetto d'Italia, la Mafia intende riaffermare la sua pericolosa presenza in Sicilia e nel paese intero.
Le istituzione sembrano avvertire il pericolo ed in sole ventiquattro ore eleggono il nuovo Capo dello Stato: Oscar Luigi Scalfaro.
Al funerale del magistrato, a Palermo, partecipano oltre quarantamila cittadini. La società civile sembra comparire, svegliarsi, in Sicilia.
Purtroppo la Mafia possiede un programma di stragi più pesante: il 19 luglio pure il giudice Paolo Borsellino, in via D'Amelio, resterà vittima di un altra crudele strage.
Nessun commento:
Posta un commento