Manca un miliardo per chiudere il bilancio del Comune di Roma: chissà di
quanto aumenteranno tasse e tariffe!
FIORENZA SARZANINI, giornalista del Corriere della Sera
Documenti classificati, atti riservati, appunti manoscritti sulle
vicende che hanno segnato il suo incarico di ministro dell’Interno, ma anche la
storia giudiziaria degli ultimi anni da Tangentopoli ai più recenti attentati
firmati dalle Brigate Rosse. Tra le centinaia di carte trovate dalla Guardia di
Finanza nell’archivio di Claudio Scajola,
affidato al suo segretario Luciano Zocchi e a uno 007 del servizio segreto
militare, c’erano anche scritti che svelerebbero un ruolo ben diverso da quello
finora emerso nelle indagini sulla mancata scorta al professor Marco Biagi.
Nel fascicolo trasmesso dalla Procura di Roma ai colleghi di Bologna ci sarebbe infatti la lettera di un politico vicino allo stesso Biagi, spedita al Viminale pochi giorni prima dell’attentato delle Brigate Rosse del 19 marzo 2002 per caldeggiare l’assegnazione del dispositivo di protezione evidenziando la serietà della minaccia. La missiva risulterebbe «vistata» da Scajola che invece ha sempre sostenuto di non essere mai stato informato del reale pericolo per il giuslavorista bolognese. Non solo.
Nell’archivio erano conservate due cartelline riguardanti le vicende giudiziarie di Alberto Grotti, l’ex presidente dell’Eni finito in carcere per le tangenti Enimont nel 1993. E tanto basta per comprendere come la scoperta di faldoni e cartelline, buste di carta e di plastica che il segretario e l’agente segreto hanno custodito nei loro appartamenti, apra nuovi e inediti scenari investigativi.
I finanzieri ci sono arrivati per caso, nel corso delle verifiche sul ruolo avuto dallo stesso Zocchi nella disputa per l’eredità lasciata del marchese Gerini ai Salesiani. Il 9 luglio 2013, durante una perquisizione nel suo appartamento, trovano numerosi raccoglitori con i documenti dell’ex ministro e un «quaderno rosso» dove è annotato l’elenco delle altre carte portate a casa dello 007. Zocchi racconta di avergli chiesto aiuto «perché era una persona che conoscevo bene, un poliziotto che avevo fatto assumere al Sismi di Pollari e io a casa non avevo spazio per tenerli».
Nel fascicolo trasmesso dalla Procura di Roma ai colleghi di Bologna ci sarebbe infatti la lettera di un politico vicino allo stesso Biagi, spedita al Viminale pochi giorni prima dell’attentato delle Brigate Rosse del 19 marzo 2002 per caldeggiare l’assegnazione del dispositivo di protezione evidenziando la serietà della minaccia. La missiva risulterebbe «vistata» da Scajola che invece ha sempre sostenuto di non essere mai stato informato del reale pericolo per il giuslavorista bolognese. Non solo.
Nell’archivio erano conservate due cartelline riguardanti le vicende giudiziarie di Alberto Grotti, l’ex presidente dell’Eni finito in carcere per le tangenti Enimont nel 1993. E tanto basta per comprendere come la scoperta di faldoni e cartelline, buste di carta e di plastica che il segretario e l’agente segreto hanno custodito nei loro appartamenti, apra nuovi e inediti scenari investigativi.
I finanzieri ci sono arrivati per caso, nel corso delle verifiche sul ruolo avuto dallo stesso Zocchi nella disputa per l’eredità lasciata del marchese Gerini ai Salesiani. Il 9 luglio 2013, durante una perquisizione nel suo appartamento, trovano numerosi raccoglitori con i documenti dell’ex ministro e un «quaderno rosso» dove è annotato l’elenco delle altre carte portate a casa dello 007. Zocchi racconta di avergli chiesto aiuto «perché era una persona che conoscevo bene, un poliziotto che avevo fatto assumere al Sismi di Pollari e io a casa non avevo spazio per tenerli».
PIETRO MANCINI, giornalista
Altro che a sua insaputa !
Scajola sapeva che Biagi era in pericolo ma
non lo fece scortare: che grande mascalzone !
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