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martedì 6 giugno 2023

Il nome della Rosa. Come Eugenio Scalfari ed Umberto Eco discutevano sul mondo degli uomini (2)

            Robot e computer ci metteranno                                                Leggi la prima parte

            le manette? Risponde l'autore de

            "Il nome della rosa"

        Eco, raccontaci

        il nostro futuro

La rivoluzione portata dal
giornale guidato da Eugenio
Scalfari fu di mettere la letteratura,
 l’arte, il dibattito delle idee al centro,
 anche fisico, dei lettori.




Eco: Eppure gli antichi facevano proprio così, non sapevano leggere l'Odissea che ad alta voce. Questo perchè lettura e scrittura erano esercizi talmente difficili da non poter essere eseguiti troppo rapidamente Pensa allora a che cosa deve aver significato  per la nostra specie l'essersi impadroniti  delle tecniche di scrittura  e lettura fino al punto da poter praticare  "senza muovere le labbra" ! E pensa adesso a quale rivoluzione  ci dovrà condurre  la necessità di assorbire  informazioni a velocità altissima.

Scalfari: Dunque, mi dai ragione.

Eco: No fammi finire il ragionamento. Io parlo di alta velocità in due sensi. In primo luogo perchè noi ci muoviamo velocemente e le informazioni dobbiamo  assorbirle mentre ci muoviamo. In secondo luogo  perché queste informazioni  ci arrivano ad ondate molto veloci. Per quello che riguarda il primo punto  ti dico subito che l'alta velocità a cui ci muoviamo crea parecchi tempi morti. Io in mezz'ora posso raggiungere l'altra parte di Roma, ma intanto in quella mezz'ora -mentre guido la macchina o sto in taxi- come impiego il tempo realmente? E cosa farò, realmente, durante le interminabili  attese negli aeroporti? lungo le code in autostrada?  nelle soste nei semafori?  Non ridere: questi sono i tempi della mia autentica solitudine, quelli assegnati alla mia memoria, alla mia interiorità.

Scalfari: Mi pare una ben magra consolazione che lo spirito dell'uomo riemerga solo nelle soste ai semafori.

Eco: Eppure io ho imparato a usare questi tempi e sono molto fiero, molto orgoglioso di esserci riuscito ad usare gli interstizi  stupidi della vita. Può darsi che in effetti l'umanità debba essere addestrata a vivere diversamente il suo tempo, che debba imparare a vivere intensamente non tanto e non solo gli eventi pieni, gli eventi ricchi, ma anche e soprattutto gli spazi vuoti.

Scalfari: E l'altra conseguenza, quella relativa alla velocità delle notizie, al bombardamento delle informazioni? 

Eco: Questa potrebbe avere la curiosa conseguenza di dar luogo a una minore informazione.

Scalfari: Cioè?

Eco: Mah, non so se tu riesci a leggere il m"New York Times" da cima a fondo. Io non ci riesco. Non solo: magari la notizia ched mi sta a cuore è dispersa in una colonnina nascosta in mezzo alla pubblicità, in una pagina sperduta, alla quale non riuscirò mai ad arrivare. Che faccio allora per salvarmi da quella marea di righe stampate? Scorro il sommario e finisco per andarmi a leggere solo quei due o tre articoli che mi interessano. Rinuncio a tutto il resto, rinuncio anche a dare un'occhiata ai titoli. La mole d'informazione, in questo modo, ha prodotto una "carenza per eccesso". Mi capita lo stesso con i libri. Oggi, per la mia attività professionale, ricevo e leggo molte più pubblicazioni di dieci o vent'anni fa. Ebbene che cos'è accaduto? Che il mio modo di leggere libriè radicalmente cambiato.

Scalfari: In meglio?

Eco: Lo ammetto: no. Ho perso certi momenti di grande distensione, per esempio non mi capita più di leggere per rilassarmi.

Scalfari: Lo vedi? Anche per questa via il "villaggio globale" del futuro non promette niente di buono.

Eco: Ma no, no. Semplicemente oggi una persona normale non è in grado di tenersi aggiornata, non dico su una singola disciplina, ma nemmeno su una sottodisciplina di una disciplina. Mentre ai tempi di Galileo le notizie arrivavano lentamente, mna arrivavano tutte. Per essere informati sugli ultimi avvenimenti significativi bastava scrivere qualche lettera agli amici.

Dell'Arti: Senti, non potrebbe accadere per l'informazione quello che è accaduto in medicina con il medico di famiglia?

Eco: Cioè?

Dell'Arti: Proprio per quello che dicevi, la macchina si è fortemente specializzata negli ultimi trent'anni, salvo a sentire la mancanza, poi, del vecchio medico di famiglia, il quale aveva una sua visione del malato e della sua storia. E', in un altro modo, la stessa questione che ti poneva Scalfari sulla memoria: concentrandosi sui singoli organi, il medico perde di vista la "memoria", la "qualità" dell'individuo. Non credi tu che in futurodiventeranno sempre più importanti le figure capaci di sintetizzare in qualche modo il sapere? Chiamiamoli magari "figure intellettuali". Non credi tu che in futuro gli intellettuali possono stare alla società come il medico di famiglia alla medicina?

Eco: Non è che in questo contesto  la parola "intellettuale" mi piaccia molto...

Scalfari: Non useresti la parola "intellettuali"?

Eco: No, non in questo contesto.Vedi, anche lo scienziato superspecializzato è un intellettuale. Direi invece così: l'epoca della velocità, della tecnoligizzazione, dell'informazione totale, avrà bisogno anche di un incremento dei filosofi. Si, vedo il ritorno di queste figure carismatiche, gurù intellettuali, confessori laici. Vedo un ritorno soprattutto della riflessione umanistica.Oh, bada bene: la riflessione umanistica la può fare benissimo anche Eistein, anzi Einstein l'ha fatta senz'altro.Ma io vi domando: il software in definitiva cos'altro è se non riflessione umanistica? Vedete, per dare concretezza ad un progetto, per realizzarlo, basta anche un robot di quarta categoria. Ma per immaginarlo, ci vuole la riflessione umanistica, cioè il sofware. La capacità di fare il sofware, cioè di fare un programma, va al di là della specializzazione. Lo scienziato che si occupa di intelligenza artificiale deve usacire dai limiti della sua specializzazione e impadronirsi di problemi di linguistica, di semantica, di sociologia. Quanto più vorrà far pensare artifialmente la macchina, tanto più dovrà pensare lui. Una che costruisca una macchina capace di apprendere  dai propri errori , di trarre interferenze e conclusioni dai fatti, fa un lavoro simile a quello del neurologo, del filosofo, del linguista ...

Dell'Arti: Del poeta?

Eco: Anche del poeta, in parte anche del poeta.Come dire: l'estrema specializzazione, a un certo punto, fatalmente, produce il suo contrario. Questo consolerà un pò Scalfari delle sue paure. C'è poi un'altro lato della questione che tocca più da vicino i giornalisti.

Scalfari: Sentiamo.

Eco: L'enorme quantità di notizie disponibili renderà fondamentale i "facilatori di abstracts", i realizzatori di riassunti. Ammettiamo che al "New York Times" decidano di dare un pò più di spazio all'estensore del sommario, quello che io vado a guardare  subito per sapere che cosa m'interessa. Supponiamo che all'estensore del sommario sia concesso di scrivere un piccolo riassunto degli articoli contenuti nel giornale, in modo da dare al lettore un pò di più delle notizie che altrimenti non andrebbe a leggere. Accidenti,  al "New York Times" chi fa il sommario diventa in questo modo la figura  più importante del giornale!  Il redattore del sommario diventa un "filtratore"  la grande massa di notizie infatti  rende indispensabile  i "filtratori". Il cittadino, non potendo assolutamente divorare tutta l'informazione disponibile, sarà orientato nelle sue scelte proprio dal "maestro del filtro".

(Segue)

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