In Europa ci sono territori «in trappola», frenati da uno sviluppo lento rispetto alla media dell’Unione. Si tratta, sostiene l'Istat, di aree non arretrate e neanche verso l'approdo possibile.
Ci sono fra queste aree "in trappola" -in particolare- a) il Mezzogiorno italiano che, certifica l’Istat nel report dedicato a venti anni di politiche di coesione, corrisponde ad un terzo della popolazione nazionale e a circa venti milioni di cittadini interessati al fenomeno, b) scrive l'Istat che nessuno è messo peggio di noi e degli spagnoli anche perché nel frattempo in Germania c’è stata una progressiva riduzione delle disparità interne e in Francia, dopo un analogo allineamento fino al 2006, vi è stata poi una sostanziale stabilità fino al 2017.
In Italia «le disparità all’interno del Paese sono sostanzialmente rimaste stabili fino alla crisi economica del 2009 per poi crescere successivamente». Non solo non si è verificato il processo di convergenza interno, ma è successo anche che l’intero sistema Italia si è progressivamente allontanato dal generale quadro europeo.
Nel 2000 erano 10 le regioni italiane fra le prime 50 per Pil pro capite (a parità di potere di acquisto) e nessuna fra le ultime 50. Nel 2021, invece, fra le prime 50 sono rimaste solo la Lombardia, la Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano, mentre fra le ultime 50 sono finite la Campania, la Sicilia, la Calabria e la Puglia.
Dopo il 2019, dice l’Istat, la Puglia è cresciuta a un ritmo superiore alla media europea (+1,8%) insieme con la Basilicata (+2,5%) e la Lombardia (+1,9%).
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