La Scienza, la maturità culturale dell'uomo, ci aiuterà ad uscire dall'attuale situazione di difficoltà in cui il Paese, l'Italia, si sta venendo a trovare -rispetto ad altri paesi europei, almeno fino ad adesso- a causa del "coronavirus.
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Cento anni fa l'epidemia la Spagnola |
Guai se ci lasciamo prendere dal panico. Certo, siamo consapevoli che la nostra classe politica è quella che è (scadente in sociologia, ancor più in economia e asciutta in materie sanitarie), ma come sempre riusciremo a sopravvivere.
Situazioni peggiori dell'attuale sono state vissute dall'Italia, e dal resto del mondo, nel Medio Evo e persino ai primi del Novecento, ossia cento anni fa.
Nei cinquecento anni di storia locale relativamente frequenti sono state le epidemie che hanno sterminato centinaia e centinaia di contessioti, nostri antenati. I loro corpi venivano portati e situati in fosse comuni adiacenti alla chiesa campestre dell'Odigitria e ad essi si appiccava il fuoco per ridurli in cenere, nella convinzione che quello fosse l'unico modo di fermare l'epidemia.
Diversa è la logica attuale del nostro mondo. L'uomo, la Scienza e la cultura odierna dell'Umanità riusciranno a tirarci fuori anche dal coronavirus.
Proponiamo la lettura di un articolo di un decennio fa pubblicato da La Repubblica.
Spagnola, la peste
ripreso da "La Repubblica" del Luglio 2008
Cominciava con una febbre intensa, un malessere diffuso e crescente: il malato aveva, in pochi giorni, una progressiva perdita di funzioni con momenti di delirio; infine entrava in uno stato di incoscienza. Un decorso violento che lasciava sgomenti quanti gli erano vicini. L'angoscia era accresciuta dalla singolarità di un male che colpiva esclusivamente adolescenti e giovani. Se si trattava di soldati al fronte si poteva attribuire la malattia al disagio esistenziale, alla stanchezza invincibile, alla assoluta mancanza di igiene nelle trincee, ma il morbo si era insinuato nelle retrovie, nelle città e nei borghi più tranquilli e molto distanti dalle zone di guerra. Dalla primavera del 1918, nelle più diverse località italiane, francesi, inglesi, dappertutto, famiglie interdette vedevano spegnersi ragazzine quindicenni, studenti o giovani operai senza che le autorità sanitarie potessero fare qualcosa. E poi, l' espandersi inesorabile, nello spazio di pochi mesi, dalle nazioni europee agli Stati Uniti fino all' India e alla Cina, dove la guerra non c' era, di questa inspiegabile malattia.
Così, novanta anni or sono, mentre si consumavano gli ultimi fuochi della prima guerra mondiale, cominciarono a morire a centinaia, a migliaia, a milioni uomini e donne d' ogni parte del mondo. Erano le vittime della "spagnola", una peste insidiosa che non provocava tracce visibili in nessuna parte del corpo e cominciava con i sintomi di una normale influenza. L' Italia fu colpita subito: il morbo divenne virulento tra l' agosto 1918 e il marzo 1919 e infierì particolarmente in Sicilia, in Calabria, in Puglia e nel Lazio. Fu un' ecatombe di giovani pari a quella degli altri giovani caduti in tutta la guerra: circa 600 mila.
In maggioranza erano donne e il carattere misterioso della malattia era accresciuto dal fatto che, secondo molte testimonianze di familiari, tramandate privatamente e mai ufficializzate, riuscirono a salvarsi, tra le ammalate, molte che ebbero le mestruazione mentre giacevano a letto. Di questo dramma l' opinione pubblica dei paesi impegnati nel conflitto seppe agli inizi ben poco. La censura sulla stampa e la volontà dei governi di non accrescere l'angoscia e le paure delle popolazioni dando informazioni sull' andamento della malattia e sul numero sempre crescente di morti, fecero sì che per molti mesi le notizie più certe sul morbo (oltre quanto, di casa in casa, dicevano le famiglie o i medici condotti o le autorità sanitarie locali) parvero quelle provenienti dalla Spagna, dove la censura non esisteva dato che il paese non partecipava alla guerra. Si spiega così il perché l'epidemia fu subito chiamata "spagnola". Ma, alla fine, quando, come nel racconto manzoniano, il numero dei morti fu tale che molti corpi venivano seppelliti di notte in fosse comuni e senza nome, la "spagnola" divenne un fantasma più incombente e mostruoso della stessa guerra. La storiografia sulla prima guerra mondiale non ha approfondito, come avrebbe dovuto, la vicenda della "spagnola" anche perché le emergenze sanitarie di quegli anni erano state moltissime. Tutte le malattie fino allora conosciute, e con un loro nome specifico, furono infatti protagoniste indiscusse della vita dei combattenti, e possiamo immaginare quanto fossero violente pensando ai pochi presidii farmaceutici a disposizione dei medici. All'elenco (dal tifo alla dissenteria, difterite, polmonite, tubercolosi, infezioni di ogni tipo) si aggiungevano le ferite da curare, le conseguenze dei gas asfissianti sulle vie respiratorie, gli occhi, la pelle; le mutilazioni, le temibili malattie nervose, le privazioni alimentari, il degrado igienico di militari e civili. In anni più vicini l' avvio a uno studio sistematico della "spagnola" si deve soprattutto agli storici americani (negli Usa l'epidemia esplose sul finire del 1918). Vorrei citare soltanto la recente, documentata ricerca di John M. Barry, The Great Influenza. The Epic Story of the Deadliest Plague in History (Viking Penguin, New York, pagg. 546, $ 40). Il titolo dice tutto della gravità di quel male. Con l' aiuto di documenti archivistici pubblici e privati di medici, autorità politiche, amministratori civili e militari, e di un sistematico spoglio di giornali dell'epoca e di pubblicazioni scientifiche l'autore ha ricostruito l'impegno dei sanitari americani e in modo particolare l'opera di medici - scienziati che hanno, attraverso lo studio della "spagnola", sviluppato indagini straordinarie sulle malattie respiratorie e sui virus influenzali. Ma novanta anni or sono, secondo la ricerca di Barry, quella malattia stroncò nel mondo ben 100 milioni di persone: «La "spagnola" - scrive Barry - uccise in un anno più persone che la Peste Nera del Medioevo in un secolo», e «in ventiquattro settimane quanto l' AIDS ha ucciso in ventiquattro anni».