Demagogia populista:
"Abbiamo abolito la povertà !"
è stato gridato dal balcone di Palazzo Chigi
Vivere a Contessa dà nitidamente la misura del declino in cui il nostro Paese (l'Italia) sta scivolando rispetto al mondo più avanzato (Europa e Nord America).
L'indice per la misurazione e per leggere-interpretare il declino è facile qui da noi, a Contessa, ed è
-lo "spopolamento" galoppante,
-la scomparsa del dibattito pubblico sul domani, piuttosto che sull'organizzare i fallimentari "eventi" dei nostri giorni.
(Non sono poi così lontani i tempi in cui esistevano le sezioni dei partiti politici, entro cui si dibatteva e si presentavano ipotesi e iniziative da intraprendere, invece che sul come organizzare i contingenti eventi.
Si discuteva su come creare occupazione; sia pure -allora- occupazione manuale che già consentiva sopravvivenza e prospettive a tantissime famiglie).
In miniatura la nostra Contessa Entellina, con le sue strade deserte e il sovradimensionamento della popolazione anziana rispetto alle fasce di età valide per il lavoro e la crescita umano-culturale, è -ovviamente alla lontana- sintomo del declino che la società più ampia sta attraversando nel Meridione.
I giovani, i non molti giovani che qui stanno e che della cosa pubblica sono inevitabilmente chiamati ad occuparsi, non hanno conoscenza e nemmeno memoria di cosa sono state le tappe ed i movimenti pubblici-politici di crescita dal dopo-guerra in poi. Essi ai nostri giorni non sono più ripetibili. Per ogni tempo esiste una "ricetta" appropriata.
Si è -allora- trattato di rilevanti sommovimenti politico-economici-sociali che hanno inciso nel tessuto collettivo; altro che reddito di cittadinanza e similari, offensivi dal momento che provengono da una classe politico-dirigente di una grande nazione che ha deciso, purtroppo, di abbandonare a se stesso l'intero Meridione.
La deprecata prima repubblica, con i suoi moltissimi difetti e peccati mai assolvibili dalla coscienza della grande parte dei cittadini, è stata nella fase di partenza e intermedia della sua esistenza promotrice di grandi iniziative che hanno prodotto sostanziali rivoluzioni sociali:
-dalla riforma agraria,
-alle battaglie promosse localmente dal sindaco Di Martino per la forestazione nel territorio,
-al passaggio di vita dalle centenarie e antigieniche casupole contadine alle abitazioni conseguenti alla Ricostruzione,
-dall'abbandono dell'istruzione elementare degli anni cinquanta all'obbligo scolastico più esteso dei nostri giorni.
Iniziative di elevazione umana, mai umilianti per la dignità
La tensione politico-sindacale per una società più equilibrata della seconda metà del Novecento, quando esistevano (con tutti i loro possibili difetti e carenze) i partiti politici e i distaccamenti locali -non burocratizzati- dei Sindacati, oggi non esiste più. La gente è -incredibile, ma vero- infastidita dalla Politica priva di contenuti che viene alimentata, soprattutto dai populisti e purtroppo si allontana dai necessari e imprescindibili centri-istituzionali.
Ognuno -ai nostri giorni- decide da solo cosa potrà fare domani; ed in una comunità come la nostra la decisione più facile, ricorrente, unica è quella di emigrare, "andare via". Fuori da Contessa Entellina, fuori dalla Sicilia.
Cosa altro si può fare ? Adagiarsi sulle soluzioni populiste, quelle facili e offensive della dignità umana che arrivano dai governi a vasta, a vastissima, presenza "populista" ?
L'essere umano esige certezze e praticabilità della vita futura, pertanto fugge, naturalmente, dalle ricette populistiche. Servono infatti prospettive di lavoro certe, durature e remunerate; nessuno intende vivere su elargizioni umilianti seppure statali, uniche idee finora scaturite dalle classi politiche "populiste" che stanno facendo retrocedere il Paese in coda agli altri stati europei.
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Cosa intendiamo per populismo?
Da un lato il mito dell’uomo forte, le pericolose inclinazioni anti-democratiche, la xenofobia, dall'altro il rifiuto del principio di competenza nell'amministrazione pubblica, il semplicismo nell'affrontare il complesso, il pensare che la sopravvivenza possa venire dalla beneficenza pubblica piuttosto che dagli investimenti pubblici e privati per espandere le opportunità di lavoro.
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