Scrive Michele Amari nella prefazione a "La guerra del Vespro": la mattina del 12 gennaio 1848 il popolo siciliano uscì dalle proprie case per ripristinare nella città e nella Sicilia intera, un governo autonomo e indipendente dal trono napoletano.
Durante i giorni precedenti alla rivolta, nella città circolarono diversi manifesti e volantini, incitanti all’insurrezione generale.
La reazione agli assembramenti e ai disordini da parte delle forze lealiste, agli ordini del generale De Majo, non si fece attendere: già nella tarda mattinata di quel giorno la cavalleria borbonica ricevette l’ordine di caricare e disperdere la folla.
Giuseppe La Masa, testimone oculare, raccontò la carica borbonica ai danni della folla assembrata in Salita Sant’Antonino, una piccola appendice dell’odierna Via Roma: “Una mano di circa 40 soldati a cavallo che percorreva la suburbana di S Antonino e alla cui testa era un figlio, non so qual moglie del generale Viale, affacciatasi sulla strada Nuova, e vi entrava forse con mira di sciogliere qualche attruppamento gente. […] Partito il primo colpo di pistola da parte dei soldati fu risposto con alcuni colpi di fucile, non troppi a dir il vero, ma bastarono a mettere in fuga quel mezzo di cavalli. Si dissero feriti alcuni soldati e fra questi l’ufficial Viale che li comandava.”.
Le giornate di Palermo protrattesi per alcuni mesi saranno alla base dei moti successivi che consegneranno -alla fine (1860)- l’isola e il Regno delle Due Sicilie nelle mani dei Savoia.
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