A venti anni dalla morte dell'ex presidente del Consiglio, probabilmente i giudzi politici sul personaggio, sull'uomo, sono sicuramente tardivi mentre quelli storici forse sono ancora prematuri.
Chi scrive queste righe ha condiviso nei suoi anni giovanili il rinnovamento istituzionale e sociale portato da quella che appariva -allora- la modernizzazione dell'intero sistema-Italia.
In questa pagina non ci occupiamo del "declino" di Craxi, di certo non amato -allora- dagli ex-comunisti (che negavano i gulag sovietici e continuavano sia pure con disincanto a fidarsi dei Brezniev) e dagli ex-democristiani, che si videro sottratte ampie sfere di potere dal dinamismo craxiano.
Ci soffermiamo per intanto semplicemente sul Craxi premier. Non mancheranno occasoni per affrontare in prosieguo la vcenda giudiziaria che lo ha visto imputato.
Craxi presidente del Consiglio
L’attivismo
e la capacità di Craxi di sparigliare le carte nella politica ingessata e
immobile degli anni a guida democristiana, caratterizzata peraltro dal divieto nel mondo bipolare di quegli anni imposto al pci di accedere al governo, diede al Partito Socialista un ruolo centrale
nonostante le sue dimensioni ridotte rispetto ai due partiti maggiori, e questo gli permise, dopo il successo elettorale del 1983, di ottenere la
presidenza del Consiglio alleandosi con la Democrazia Cristiana ed i partiti
minori laici, diventando il primo socialista ad avere questo incarico nella
Storia d’Italia.
Craxi interpretò la presidenza del
Consiglio con un piglio completamente nuovo e diverso rispetto all’approccio in qualche modo dormiente
dei democristiani.
Il suo governo fece largo uso dei decreti,
suscitando allora grandi polemiche. Ai nostri giorni è normale che il governo usi dei decreti che
poi vengono trasformati in legge dal Parlamento; in quegli anni non lo era.
Craxi provò a riformare le istituzioni, fallendo, e chiese più volte di
modificare le regole sul voto segreto per mettere al riparo la sua maggioranza
dai cosiddetti “franchi tiratori” (modifica che arrivò soltanto nel 1988,
quando Craxi non era più al governo).
Il suo sistema di governo, per certi
versi, fu accentratore e “presidenziale”;
su questo fronte anticipò la tendenza dei decenni successivi, sia da parte del
centrodestra che del centrosinistra della seconda repubblica.
In politica estera Craxi confermò
l’appartenenza alla Nato e proseguì il tradizionale europeismo che aveva
caratterizzato l’Italia fino a quel momento. Nel 1979 in aperto contrasto col pci acconsentì
all’installazione dei missili Cruise, che gli Stati Uniti volevano installare
in Europa per rispondere all’ammodernamento dell’arsenale sovietico. Lo stallo sui "missili" fu risolto
dall’assenso di Craxi segretario e del suo partito, su richiesta del democristiano
Francesco Cossiga, allora presidente del Consiglio.
L’evento che caratterizzò la politica
estera di Craxi è però la crisi di Sigonella. L’episodio avvenne il 10 ottobre
1985, a seguito del dirottamento di una nave da crociera italiana, la “Achille Lauro”, da parte di quattro palestinesi. Nel
dirottamento fu ucciso e gettato in mare un turista americano disabile, e per
questo motivo il presidente Ronald Reagan decise di intervenire nonostante nel
frattempo il governo italiano fosse riuscito a mediare con i dirottatori grazie
all’intervento del leader palestinese Arafat, amico personale di Craxi.
Mentre i quattro venivano trasportati su un
Boeing egiziano, due aerei militari americani, modello C-141, si affiancarono
al Boeing. Reagan a quel punto chiamò Craxi e gli chiese il permesso di
atterrare all’aeroporto militare di Sigonella, in Sicilia. Subito dopo
l’atterraggio un gruppo di Carabinieri circondò il Boeing, mentre dai C-141
scese un gruppo di soldati della Delta
Force, forza speciale dell’esercito americano, che circondò a sua volta
i Carabinieri: i due schieramenti erano uno di fronte all’altro, in cerchio e
armati.
Dopo scambi interlocutori tra i rispettivi
vertici militari nessuno cedette, e allora Reagan telefonò di nuovo a Craxi
annunciando di voler chiedere l’estradizione per i responsabili della morte del
turista americano. Craxi rifiutò, spiegando che i reati erano stati commessi in
acque internazionali e su una nave italiana, e perciò «dovevano essere
configurati come atti criminosi perpetrati in territorio italiano», competenza della Giustizia italiana.
«Non volarono parole grosse, semmai parole
ferme», avrebbe commentato tempo dopo Craxi. Alla fine furono gli Stati Uniti a
cedere: sia i quattro dirottatori che i due mediatori furono trasferiti a Roma,
e la crisi con gli Usa rientrò.
La politica economica dei governi a guida
socialista di Craxi conseguì più di qualche successo. Uno di questi fu la lotta
all’inflazione, uno dei problemi maggiori dell’economia italiana di quegli
anni. Buoni risultati si ottennero col decreto che tagliava la cosiddetta “scala
mobile”, con cui si disinnescò la spirale dell’inflazione che navigava prossima al 20% annuo.
La “scala mobile” era un sistema per cui
gli stipendi erano indicizzati automaticamente all’aumento dei prezzi, cioè
all’inflazione; in sostanza, quando i prezzi aumentavano, aumentavano anche i
salari (il che portava però a un nuovo aumento dei prezzi, lasciando invariato
il potere d’acquisto).
Questa riforma di Craxi, concordata con i
sindacati, cgil compresa, fu criticata duramente dal PCI e causò un’intensa
polemica e una rottura a sinistra.
Dopo l’introduzione del decreto, al
congresso socialista di Verona nel 1984, avvenne il famoso episodio dei fischi
a Berlinguer: il segretario comunista ospite con una delegazione del suo
partito al suo ingresso fu accolto con fischi e grida dai delegati socialisti.
Craxi commentò il comportamento della platea prima dispiacendosi della mancanza
di ospitalità (in un modo che oggi suonerebbe alieno alla nostra politica), ma
poi attribuendogli un significato politico: «So bene che non ci si indirizzava
a una persona, ma a una politica. […]. E se i fischi erano un segnale politico,
che manifestava contro questa politica, io non mi posso unire a questi fischi
solo perché non so fischiare», disse, causando un boato di approvazione.
Lo scontro sul taglio della “scala mobile”
si risolse perché il PCI fece campagna per un referendum abrogativo, che però fu
bocciato dal corpo elettorale: il decreto del governo rimase quindi in vigore.
Su altri fronti, come deficit e debito
pubblico, il governo Craxi e in generale i governi degli anni Ottanta non
ottennero altrettanti successi: tra il 1980 e il 1990 il rapporto
debito/PIL crebbe.
La
fine
Dopo la caduta del suo secondo governo,
nel 1987, Craxi non avrebbe più ricoperto incarichi istituzionali e si
concentrò soprattutto a mantenere le posizioni di potere che il PSI si era
guadagnato.
Del resto, i suoi avversari erano molti: innanzitutto il segretario
della DC Ciriaco De Mita, da sempre ostile verso i socialisti, e poi una parte
della stampa, in particolare La Repubblica di
Eugenio Scalfari, l'ex senatore psi ma più che ostile a Craxi.
(Fonte: Il Sito Post)
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