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martedì 14 gennaio 2020

14 Gennaio 1968. Sono sempre meno le persone che ricordano (3)

Ancora un anno è passato; sono cinquantadue gli anni trascorsi dal 14 gennaio 1968. giorno della prima scssa sismica che nella notte successiva avrebbe sconvolto la Valle del Belice.
Su questa pagina non intendo soffermarmi sul sisma. Quella tragedia non è stata nemmeno ricordata, con una sa pure semplice e simbolica cerimonia, nemmeno dagli Organi Pubblici del nostro paesino. Messaggio quest'ultimo che a nostro giudizio, alimenta il secolare agnosticismo nei confronti della vita civica. 

L'autore del Blog preferisce, nel clima di disinteresse che prospera in quest'angolo di Sicilia, soffermarsi in questo 14 gennaio su una vicenda familiare e su un semplice ricordo di natura personale.

Il funerale del nonno
Ero in quell'inzio di 1968 studente dell'ultimo anno delle scuole superiori, a Palermo. Nei giorni precedenti al giorno 14 gennaio una telefonata da parte dei genitori mi informò che era morto il nonno, Domenico Clesi, mastro Minico lo chiamava la gente in paese a ragione del secolare mestiere di mugnaio svolto da lui e dai suoi antenati fino ad arrivare al Quattrocento. 
Il nonn aveva svolto fino agli anni cinquanta del Novecento il mugnaio nei mulini ad acqua stuati in territorio di Bisacquino: Vaccarizztto, Alvano e Tarucco; tutti e tre mulini già appartenuti durante i secoli dell'assetto feudale e fino agli ann sessanta dell'Ottocento all'Abazia di Santa Maria del Bosco. 
Mulini e patrimoni altri ecclesiastici ricadero -subito dopo l'Unità d'Italia- nella previsione di cui alla Legge n. 3848 del 15 agosto 1867, ossia nella soppressione di tutti gli enti secolari che vennero ritenuti superflui per la vita religiosa del Paese dallo Stato.
Appena qualche decennio dopo la soppressione del Monastero i mulini e pure i vastissimi terreni agricoli ad ess appartenuti vennero dallo Stato laico-lberale di fine Ottocento messi in vendita (all'asta). 
Il bisnonno -genitore quindi del nonno Domenico-, Giuseppe Clesi, uomo religioso (forse persino fanatico all'interno della parrocchia romana di Contessa E. e col sopranome significativo di "padre parroco") ebbe qualche perplessità di fronte alla ferma condanna ecclesiastica che pendeva nei confronti dei potenziali acquirenti dei beni appartenuti all'asse eclesiastico, ma prima che scadesse il termine di partecipazione alla gara decise di presentare all'asta pubblica che era stata indetta dalle autorità governative una proposta di acquisto e rimase aggiudicatario dei due mulini di Alvano e Vaccarizzotto, dove avviò al tradizionale/secolare mestiere di famiglia esercitato nei muliini di Bagnitelle i due figli maschi Domenico e Pietro. Questi due, successivamente, assunsero iin gestione/affitto pluriennale anche il mulino di Tarucco che invece all'asta pubblica era stato assegnato alla famglia Lo Voi di Bisacquino.
Alla notizia telefonicamente della morte del nonno Domenico, pervenutami mentre ero studente a Palermo, decisi di rientrare a Contessa con la corriera pomeridiana della ditta Stassi e partecipare, ii giorno successivo, ai funerali.
Arrivai a Contessa con la neve che era già alta alcune decine di centimetri e con una febbre piuttosto alta. I funerali non si svolsero il giorno successivo in quanto pur essendo la Chiesa vicina all'abitazine del nonno la neve superava i 50centimetri di altezza ed il funerale fu rinviato al giorno seccessivo. Il 13 gennaio la neve non solo superava i 50centimetri ma era divenuta ghiaccio ed apparve evidente ai famiiliari e alle autorità locali (municipali e sanitarie) l'impossibiilità di espletare i riti funebri e di sepoltura. Fu convenuto comunque di trasferire la salma -già nlla bara siigillata- nella vicina Chiesa dell'Annunziata (di rito cattlico-bizantno). Il giorno successivo, 14 gennaio 1968, la viabilità cittadina era impercorribile con la neve che in più posti superava il metro di altezza e divenuta ghiiaccio. Fu convenuto dalle Autorità che la bara non poteva ancora restare in Chiesa e bisognava -mettendola su un rimorchio trainato da un trattore- trasferirla al Cimitero. Venivano citati articoli e commi delle leggi sanitarie; non c'era null'altro da fare. E così fu fatto.
Io non partecpai nè al trasferimento della bara in Chiesa nè al successivo trasporto con mezzi agricoli al Cimitero, nella parte alta dell'abitato di Contessa, in quanto la febbre alta mi obbliigava dal  giorno 11 precedente a stare a letto.

Il trattore dell zio Luca era appena tornato dai servizi funebri  di trasporto ora narrati che già alle 13.28 di quella domenica -14 gennaio- una prima scossa creò allerta, senza che comunque nessuno -a Contessa- uscisse per le strade. Alle 14.15 un’altra scossa. Ancora più forte e questa apprenderò dopo che fu sentita persino a Palermo, Trapani e Sciacca.
A Contessa si vissero -in verità- momenti di preoccupazione ma ... sarà stata la neve alta e ghiacciata per le strade, il freddo pungente e la carenza di indicazioni puntuali dei mezzi d'informazione (radio, tv) sul da fare ed accadde pertant che in serata tutti i contessioti erano già rientrati nelle case. 
Personalmente io che stavo a letto con la febbre non mi mossi, seppure avessi assistito all'ondularsi dell'intera stanza. 
Con l'avvicinarsi della notte a casa con i gentori abbiamo convenuto che non ci si sarebbe svestiti degli abiti pesanti giornalieri e che fosse prudente inoltre allestire bagagli e cesti con cui ... eventualmente ... abbandonare la casa.


Il sisma nella notte
Alle 2.33 di lunedì, la quarta scossa. Tutti a Contessa iniziarono ad abbandonare le abitazioni per precipitarsi in strada. Quando alle 3.01 arriva la più forte delle scosse, di magnitudo 6,3, sono in pochi a essere sorpresi nelle proprie abitazioni, fra essi mi trovai io personalmente che ancora con la febbre non avevo ritenuto -fino ad allora- di dover uscire da casa. 
Alle 3,01 divenne tuttavia impossibile restare a casa: la scossa fu fortissima e il pavimento della stanza mi era parso inclinarsi di almeno 45° -e forse di più- e un boato fortissimo mi avvertì che qualcosa di terribile era accaduto.
Arrivai con i genitori nello spiazzo Greco, affollato di gente che pestava la neve e ... mi accorsi subito che il boato sentito minuti prima era la conseguenza del crollo della casa di nonno Domenico, l'ultimo gestore dei mulini ad acqua che erano stati dell'Abazia di Santa Maria.  Era crollata l'abitazione di colui i cui resti -nella mattinata precedente 14 gennaio-, sul riimorchio di un trattore, erano stati trasportati in Cimitero.
Poco dopo nello spiazzo Greco, dove si sentivano grida provenienti dalla zona Rajo, si diffonde la notizia che in Via Croja era rimasto vittima dei crolli la giovane vita di Agostino Merendino.

Il triste bilancio nella Valle è stato in quella notte di 352 morti, oltre 600 feriti e quasi 100mila senzatetto.
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Nella giornata di oggi, 14 gennaio 2000, sarebbe stato -è nostra convinzione- opportuno promuovere una simbolica e semplice cerimonia commemorativa.

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