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giovedì 20 agosto 2020

20 Agosto

 20 Agosto 1968

200.000 soldati del Patto di Varsavia e 5.000 carri armati, invadono la Cecoslovacchia per porre fine alla Primavera di Praga.

Fu la risposta ottusa e violentissima dell’Unione Sovietica (URSS) alle ribellioni contro la dittatura e contro il comunismo, culminate nella “primavera di Praga”, e contro il tentativo del leader dei riformisti Alexander Dubček di riformare dall’interno il regime comunista attraverso un cosiddetto “Socialismo dal volto umano”.

Praga e l'inizio della
riflessione all'interno
del Pci
La politica sovietica di appoggiare o imporre governi fedeli e assoggettati negli stati satellite, usando se necessario anche la forza, divenne nota come Dottrina Brežnev, dal nome del leader sovietico Leonid Brežnev che fu il primo a teorizzarla pubblicamente.

Dubček aveva avviato un “nuovo corso”, approvando una serie di riforme in senso democratico con l’obiettivo di creare, senza mettere in discussione il ruolo del partito unico né il Patto di Varsavia, un “socialismo dal volto umano”. 

Le riforme furono l’inizio della cosiddetta “Primavera di Praga”, e furono sostenute dalla maggioranza del paese. Da parte dell’URSS furono però vissute come una grave minaccia.

In Italia quanto accadeva a Praga colse in grave imparazzo il Pci fra chi pensava al ripensamento del comunismo verso lidi socialdemocratici e chi condivideva la dottrina di Brezhnev sulla sovranità limitata dei vari Paesi rispetto all'Urss.

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