27 Agosto 1950
A Torino si suicida lo scrittore e intellettuale Cesare Pavese.
Era il 27 agosto del 1950 quando in una camera dell’albergo Roma di Piazza Carlo Felice a Torino, il poeta e scrittore Cesare Pavese si tolse la vita ingerendo dieci bustine di sonnifero. Con lui aveva inizio quella che sarebbe poi diventata “la noia” degli intellettuali moderni. “Non fate troppi pettegolezzi” scrisse sul biglietto d’addio.
Pavese, come molti della sua generazione (nacque nel 1908), ebbe una vita difficile e avventurosa: il padre morì di cancro quando aveva cinque anni e crebbe solo con la madre che gli impartì un’educazione molto rigida accentuando ancor di più il suo carattere timido e introverso. Frequentò le scuole a Torino.
Pavese nella sua opera metteva al centro la ricerca di contatti umani, di ritorno al mondo rurale da cui proveniva senza però mai distaccarsi dall'ossessione della solitudine e dall'idea della morte. Il passaggio dalla poesia alla prosa fu quasi naturale, sebbene nel suo caso non si possa parlare di forma romanzo ma di narrativa. Nei suoi racconti improntati a un realismo verghiano ma più di tutto alla narrativa americana c'è comunque una forte impronta piemontese, nel legame con la propria terra, nell'uso di un linguaggio molto vicino ai contadini e che si riflettono in una prosa molto scorrevole e "parlata".
Fu un intellettuale moderno. La frequentazione antifascista gli costò, nel 1935, l'arresto e la condanna al confino politico, dove trascorse un anno afflitto da profonde crisi di depressione. In questo periodo iniziò a scrivere il diario che in seguito intitolò “Il mestiere di vivere”.
Nel 1936, tornato in libertà, pubblicò le poesie “Lavorare stanca”, due romanzi brevi “La bella estate” e “La spiaggia”. Nel 1950, l’anno della sua morte, vinse il Premio Strega con "La bella estate".
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