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lunedì 3 agosto 2020

4 Agosto

4 Agosto 1859
Una sentenza della Corte di Cassazione francese vieta l’uso della lingua italiana in Corsica.

Perchè la Corsica è francese ?

Un testo di SERGIO ROMANO
quando Genova cedette la Corsica alla Francia, con un trattato firmato a Versailles nel 1768, l’isola era indipendente, sotto la guida di Pasquale Paoli, dal 1755. I funzionari genovesi si erano dimostrati incapaci di tenere a bada i sentimenti ribelli dell’isola e il governo del Doge aveva più volte invocato l’intervento militare dei francesi per reprimere le rivolte dei suoi sudditi riluttanti. La piccola nobiltà corsa e i ceti borghesi di Ajaccio e Bastia parlavano italiano, si servivano dell’italiano per gli atti pubblici delle amministrazioni locali e mandavano i figli a studiare nelle scuole di Pisa e Livorno. Ma sarebbero stati altrettanto ingovernabili se l’isola fosse appartenuta al governo di Toscana. Sull’italianità culturale della Corsica esistono pagine molto belle di Pasquale Paoli, l’uomo che proclamò l’indipendenza dell’isola e fu sino alla Rivoluzione francese il beniamino di molti intellettuali europei. Ma commetteremmo un errore se confondessimo questa orgogliosa rivendicazione culturale con un programma politico irredentista. 
L’errore fu commesso dal fascismo e, più generalmente, dalle correnti nazionaliste che si proponevano di allargare i confini dello Stato sino a comprendere quella parte del Mediterraneo che aveva gravitato per molti secoli nell’orbita degli Stati italiani. La voce più autorevole, in questo campo, fu quella di uno storico, Gioacchino Volpe, che ebbe straordinarie qualità accademiche (fu uno dei maggiori medievisti italiani) ma la debolezza di lasciare che il nazionalismo contagiasse i suoi studi sull’Italia dell’Ottocento e del Novecento. Volpe fondò un Archivio storico di Corsica per la raccolta dei documenti che dimostravano l’italianità dell’isola, e pubblicò nel 1939, presso l’Ispi di Milano, una «Storia della Corsica italiana ». Il governo di Mussolini, dal canto suo, promosse e finanziò un movimento irredentista che collaborò con le truppe italiane durante l’occupazione italo- tedesca dal 1942 al 1943. L’ironia della Storia volle che molti soldati italiani, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, combattessero con la Resistenza corsa per liberare l’isola e costringessero i tedeschi ad abbandonarla il 5 ottobre. Anche per merito degli italiani (i caduti furono circa 700), la Corsica divenne così il primo territorio francese liberato. Aggiungo, caro Paleari, che l’annessione della Corsica all’Italia, se le potenze dell’Asse avessero vinto la guerra, sarebbe stata un pessimo affare. Come la Francia non smette di constatare, i corsi sono brillanti, intelligenti, coraggiosi (i loro numerosi successi nella società francese ne sono la prova), ma naturalmente ribelli, molto inclini alle faide locali e famigliari, difficilmente governabili. Se una delegazione dell’isola venisse a Roma per chiedere l’unione con la Repubblica italiana, converrebbe rispondere: «Grazie, abbiamo già le nostre Corsiche».

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