10 Agosto 1258
Incoronazione di Manfredi di Sicilia nella cattedrale di Palermo.
Figlio naturale (1232- Benevento, 1266) di Federico II di Svevia e di Bianca dei conti Lancia, la quale fu sposata prima della morte dall'Imperatore (rimane dubbio se con questo atto Manfredi risultasse legittimato).
Federico II, morendo (nel dicembre 1250), lasciò a Manfredi il principato di Taranto con altri feudi minori e gli affidò la luogotenenza in Italia e in particolare nel regno di Sicilia finché non giungesse il fratello legittimo di lui, Corrado.
Nel 1258, sparsa la voce che Corradino era morto, Manfredi si fece incoronare re di Sicilia (10 agosto) a Palermo e fu ben presto riconosciuto capo dei ghibellini d'Italia. Fu scomunicato dal papa nel 1259 e di nuovo nel 1260 ma nel frattempo con il suo appoggio i ghibellini toscani si erano imposti a Firenze con la battaglia di Montaperti; la parte di Manfredi otteneva altri successi nel Veneto e suoi vicari reggevano la marca d'Ancona e il ducato di Spoleto. Le sue seconde nozze con Elena, figlia del despota d'Epiro, accrebbero il suo prestigio. Papa Urbano IV offrì allora la corona di Sicilia usurpata da Manfredi a Carlo d'Angiò, fratello di Luigi IX il Santo, re di Francia. Carlo nel 1265 venne in Italia e, incoronato a Roma da Clemente IV re di Sicilia (1266), mosse contro Manfredi appoggiato dai Saraceni e da poche truppe tedesche. Il 6 febbraio 1266, nella battaglia di Benevento, Manfredi morì e nel regno s'insediò Carlo d'Angiò.
10 Agosto 1860
A Bronte, Nino Bixio fa fucilare 5 presunti responsabili degli scontri tra le opposte fazioni della popolazione, insorta in seguito all’arrivo in Sicilia della spedizione dei Mille: è la cosiddetta strage di Bronte.
Una pagina di Storia che gli storici conoscono ma non è mai stata scritta sui libri di scuola. Perchè? |
“All’alba del 10 agosto, i rivoltosi siciliani condannati vennero portati nella piazzetta antistante il convento di Santo Vito e collocati dinanzi al plotone d’esecuzione di Nino Bixio, braccio destro dell’eroe dei due mondi. Alla scarica di fucileria morirono tutti ma nessun soldato ebbe la forza di sparare a Fraiunco (lo scemo del villaggio, incapace di intendere e di volere e arrestato solo perchè aveva suonato una trombetta per strada). Fraiunco risultò incolume. Il poveretto, nell’illusione che la Madonna Addolorata lo avesse miracolato, si inginocchiò piangendo ai piedi di Bixio invocando la vita.
Ricevette una palla di piombo in testa e così morì, colpevole solo di aver soffiato in una trombetta di latta”.
Così scrisse Ferdinando Mainenti, ne “L’eccidio di Bronte del 1860”.
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