Dal Cinquecento a … ieri
Ciascun residente nell’entroterra siciliano ha avuto genitori, o nonni o bisnonni che in qualche modo, formandosi alle pieghe della vita in queste parti dell’Isola, hanno avuto a che fare con l’agricoltura, la pastorizia o comunque rapporti i più vari col mondo agricolo. Proprio alla vicenda agricola nell’Isola, dal Cinquecento feudale a quella latifondista dell’Ottocento e a quella dei nostri giorni che stenta ancora ad allinearsi ai modelli produttivi e commerciali della contemporaneità, ci proponiamo di dedicare alcune pagine di conoscenza e di riflessioni.
Aspirazione dei siciliani, nei decenni passati, fino alla Riforma Agraria degli anni cinquanta del Novecento, e’ stato il possesso della terra, per la cui acquisizioni non si badava a indicibili sacrifici. In questo carattere si può evocare il mastro don Gesualdo di Verga e la connessa roba.
Ci proponiamo sul blog di tratteggiare il lungo processo di trasformazione economica, con le inevitabili ricadute sociali e giuridiche, dal feudalesimo in poi. Si tratta di un processo storico, secolare, di lenta disgregazione del feudo e dei demani per arrivare alla diffusione della proprietà privata diffusa e persino polverizzata in più circostanze dei nostri giorni. Proveremo a mettere in luce come dal feudo e dal latifondo, dai caratteri desertici, si è lentamente, ma non uniformemente, passati ad un paesaggio agrario più o meno verdeggiante e magari alberato. Ci soffermeremo, nell’ampia panoramica che ci proponiamo, sulla natura giuridica dei demani e sul perché per secoli non si è nell’Isola usciti da quella che fu fino a ieri la monocoltura del grano.
Proveremo, per chiudere questa pagina di intenzioni, a capire quali colture, e il perché, i nuovi arrivati arbereshe, nel cinquecento, furono propensi a coltivare fra gelso, vite, ulivo e frassino da manna nei limitatissimi e impervi terreni loro assegnati a censito (=Serradamo e Contesse),
((Segue))
Nessun commento:
Posta un commento