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lunedì 17 febbraio 2025

2025. Fra rievocazioni e attualità

Dal feudalesimo dell’Isola, 

alla pochezza dei politici dell’Isola (2)

 

Paolo Balsamo (Termini Imerese4 marzo 1764 – Palermo4 novembre 1816) è stato, oltre che economista, abateagronomostorico al servizio del Regno di Sicilia. Questi in una memoria scritta per il viceré borbonico Caramanico, che gli aveva conferito l’incarico di redigere una relazione sullo stato socio economico dell’Isola, nel 1792, ebbe modo di scrivere: “Viaggiando per la Sicilia si passa sempre da un feudo in un altro, cioè dalle terre di un grande proprietario nelle terre di un altro”. E proseguiva: “.. in Sicilia si passa di salto da quelli che possiedono molto a quelli che possiedono poco o nulla. Quasi in tutti i contorni delle terre (=i paesi contadini) e città vi sono all’interno pochi fondi censiti; e queste sono le poche terre delle quali il popolo in Sicilia ne possiede la proprietà.

La prima riflessione. Il quadro tratteggiato da Paolo  Balsamo, sul finire del Settecento, vigeva in tutte le realtà dell’Isola. E questo quadro istituzionale nel Cinquecento fu calato ed instaurato, senza modifica alcuna, nel contesto della nascente Kuntisa. I Cardona cedettero, ad enfiteusi (che non significò gratuitamente, ma gravati da canoni niente affatto lievi) i feudi di Contesse e Serradamo agli esuli arbereshe insediatisi nell’area dell’odierna Kuntisa. Ciascun nucleo familiare ebbe piccolissimi lotti, intenzionalmente. I nuovi arrivati, gli esuli arbereshe, non dovevano disporre, infatti, di autonomia economica. Per il mantenimento dei nuclei familiari era d’obbligo, o comunque necessità, che bisognava lavorare e valorizzare i feudi dei Cardona che si estendevano fino a Sciacca, Mazara e pure in ulteriori zone della  Sicilia.

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