Quell’arbereshe Presidente del Consiglio
Nel 1901 a Napoli muore Francesco Crispi. Era nato a Ribera nel 1818 da genitori arbereshe, originari da Palazzo Adriano. Non v’è dubbio che si tratto’ di un personaggio di grande personalità. Fu fra i più stretti collaboratori di Giuseppe Garibaldi e fra i promotori dello sbarco dei mille, fu deputato e fu anche Presidente del Consiglio dei ministri.
Fu, e va ricordato, anche grande avversario del movimento popolare dei Fasci Siciliani. Le condizioni sociali della Sicilia erano davvero molto misere in quei decenni post-unità d’Italia ed egli però era cresciuto e si era formato in un contesto ed in una ottica di Patria da unificare, ma che prescindeva dalla realtà sociale, in quanto patriota liberale. Da questo presupposto, fu inevitabile che la sua morte, nel 1901, non fu accolta con uguale sentimento di dolore da tutti i siciliani. Mentre, infatti, la salma di Crispi veniva trasportata a Palermo, accolta da 100mila persone per esservi tumulata, a Catania il sindaco Giuseppe De Felice Giuffrida (Catania, 17 settembre 1859 – Catania, 19 luglio 1920), politico socialista e uno dei promotore dei Fasci siciliani (eletto deputato dalla XVIII alla XXV legislatura, presidente del consiglio provinciale e sindaco del capoluogo etneo) ebbe a dire : “… Aperta la tomba di Crispi, si apre la Storia. E la storia dice che Crispi scrisse diverse pagine buone e diverse pagine cattive”.
Su quell’evento, sulla morte di Crispi, in più località dell’Isola, gli “abbassò” e gli “evviva” si sprecarono, e ovunque con coscienza e motivazioni diverse. Alla coscienza dell’unità del Paese era -di fatto- ormai subentrata la coscienza sulle arretrate condizioni sociali dell’Isola, e De Felice, leader del nascente movimento socialista e già esponente del Movimento dei Fasci Siciliani, ferocemente fatto reprimere da Crispi, vedeva gli interessi nazionali con ottica diversa da questi.
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