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domenica 2 febbraio 2025

La domenica serve anche per riflettere

 La cultura pagana ed il primo Cristianesimo (Il)

 La diffusione del Cristianesimo modifica quelli che erano fino ad allora i parametri etici e quelli concettuali.  Spuntarono sostanzialmente nuovi parametri morali. Riportiamo qui un testo, la prima Apologia di Giustino, che descrive le prime assemblee domenicali dei fedeli.

conosciuto come Giustino
martire
 o Giustino
filosofo
 (Flavia Neapolis100 – 
Roma163/167), e’ stato
 un 
filosofo greco antico 
martire cristiano e apologeta 
di lingua greca e latina, autore
del 
Dialogo con Trifone, della 
Prima apologia dei cristiani e
della 
Seconda apologia dei
cristiani
. A lui dobbiamo
anche la più antica descrizione
del 
rito eucaristico.


Nel giorno in cui nella cultura pagana si evocava il sole i cristiani iniziarono a riunirsi in uno stesso luogo e si dedicavano alla lettura delle memorie degli apostoli o agli scritti dei profeti. Giustino ha lasciato scritto: “Quando il lettore terminava, il presidente dell’assemblea con un discorso ci invita ed esorta all’imitazione di quegli esempi. In seguito, ci alziamo tutti insieme ed eleviamo preghiere; dopo le preghiere, vengono portati pane, vino e acqua e chi presiede l’assemblea eleva allo stesso modo al cielo preghiere  e rendimenti di grazie con tutte le sue forze, mentre il popolo risponde dicendo “amen”; e si effettua la distribuzione e divisione degli elementi consacrati e per mezzo dei diaconi li si invia anche ai non presenti.

Le persone che ne abbiano i mezzi e che siano disposti a farlo, offrono ciò che vogliono a loro piacere: quanto viene raccolto viene depositato presso il presidente dell’assemblea, che provvede agli orfani  e alle vedove, a coloro che hanno bisogno di aiuti per malattia o per altro motivo,ai carcerati, agli stranieri di passaggio; in una parola egli soccorre tutti coloro che sono in stato di necessità.


*  * * 

Una riflessione dei nostri giorni

Karekin I, fu Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni

(1932-1999)

Dobbiamo riscoprire la diakonia; la Chiesa infatti è chiamata a dare piena espressione al ministero di Cristo, che non consisteva soltanto nella predicazione e nella preghiera, ma era anche un servizio  concreto alle necessità umane della gente. A questo proposito è significativo l’epiteto di ”buon pastore”,  che Cristo stesso si conferisce nel Vangelo  di San Giovanni  (Gv. 10,11 e 14), che nella versione armena della Scrittura e’ tradotto come “pastore coraggioso”; quest'aggettivo, infatti, rende bene l’atteggiamento  attivo dell’impegno  di questo pastore, che non ha paura del lupo  e che e’ pronto a dare la sua vita per le sue pecore, ad andare a cercarle quando si perdono, a curarle …

* * * 

  = = = L’Auspicio 

 Sia consentito al curatore del Blog, su questa pagina di impronta storico/religiosa/culturale, di auspicare che dopo il fin troppo lungo lasso di tempo trascorso di sede vacante sia disposto dalla Santa Sede l’insediamento di un nuovo Eparca a Piana degli Albanesi per la cura degli arbereshe di Sicilia e non solo di essi.

      E’ ovvio ed è noto da sempre che gli arbereshe d’Italia sono convinti difensori dell’identità bizantina della loro chiesa, in quanto pulsa in loro un’antica tradizione spirituale levigata da una storia di assoluta fedeltà e dalle radici antiche alla Chiesa di Roma.


* * * 

Un articolo del

prof Massimo Cacciari 

ripreso dal Corriere della Sera 

Che senso ha il Giubileo oggi, professore?

«Non certo quello di giubilare. L’etimo è inventato ma bello, il Giubileo è una bella notizia che dovrebbe far gridare di gioia, il momento della conversione che produce risultati concreti come la remissione dei debiti. E invece...». Il filosofo Massimo Cacciari non ha grandi aspettative: «Vede, le figure degli ultimi pontefici sono tragiche. Hanno cercato di restituire al Giubileo il suo significato perché conoscevano la situazione».

E qual è, la situazione?
«Il problema non è la secolarizzazione, come si sostiene. Si potrebbe anzi affermare che inizia con il cristianesimo: è il cristianesimo stesso a dire che dobbiamo vivere nel secolo, cos’è l’incarnazione se no? Gesù passa attraverso il laós, il popolo, è laico. Parlare di secolarizzazione non dice la tragedia».

E la tragedia dove sta?

«Nella scristianizzazione. Nel fatto che non si ascoltano più le parole di Gesù. Puoi benissimo non credere in Dio, non credere che Gesù sia il Lógos che sta presso Dio eccetera, ma le sue sono parole di una figura storica, pronunciate e trasmesse. Qui non c’entra la “morte di Dio” alla Nietzsche. Sono le parole del Vangelo, le Beatitudini, il Samaritano, che oggi tacciono». 

Come tacciono?

«Pensi al modo in cui sono state affrontate le ultime guerre, ai naufraghi lasciati affogare. È evidente che le parole del Vangelo non hanno contato nulla. Non che abbiano mai agito profondamente, già Kierkegaard parlava di duemila anni di scandalo. E tuttavia vi era una disponibilità all’ascolto in vastissimi strati della società e della politica. Malgrado non si siano mai davvero incarnate, se non in figure straordinarie come Francesco d’Assisi, almeno chiamavano. Potevo non sentire la forza di seguirle, ma chiamavano».

E ora?
«Non chiamano più questa società. Se uno giace come morto per strada devi soccorrerlo, se ha fame dargli da mangiare, se è nudo vestirlo. Fine. Se non lo fai, senti di essere venuto meno a una voce che ti chiamava a farlo. Ora non c’è neanche questo. Ci saranno ancora cristiani, resti d’Israele, in qualche monastero o sotto casa mia, ma sono persone, non costituiscono più la nervatura di una comunità. Quelle parole non parlano più in alcun modo nella azione politica, in coloro che formano l’opinione pubblica. La politica fa esattamente l’opposto e non se ne vergogna neanche più. Questo è il salto».

Francesco aprirà una porta santa in carcere come un richiamo al Vangelo...

«È un grande gesto, come lo è stato non andare a quella cerimonia blasfema a Notre-Dame, tra quei potenti. Ma cosa fate lì, precipitatevi a salvare vite umane in Ucraina o a Gaza, piuttosto».

Resta la tragicità della situazione.

«Sì. È tragica la figura di Wojtyla che lotta tutta la vita contro l’ateismo comunista e scopre infine che il pericolo viene dal consumismo. È tragico Ratzinger, grande teologo e grande europeo, che vede la scristianizzazione nel centro sacrale della cristianità, Roma, l’Europa, e si dimette perché non dilaghi nella stessa Chiesa. Ed è tragico Francesco che la dà per scontata e parla di periferie: d’accordo, ma come si fa? Che senso ha parlare di periferie se viene meno il centro?».

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