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venerdì 28 febbraio 2025

Capire il mondo, capire l’umanità

Il punto di vista sul cammino dell’uomo verso un mondo plurale, secondo  Valerio Castronovo:
 "è stato uno storico, docente universitario, saggista e giornalista (1935-2023)".
= = =

=Sono passati più di diecimila anni da quando l’umanità, che fino allora aveva condotto una vita nomade, iniziò a coltivare la terra e a organizzarsi in forme di insediamento stabile. E se, a cominciare dalla seconda metà del diciottesimo secolo, l’agricoltura non è più in Europa e negli Stati Uniti la colonna portante dell’economia e dell’occupazione, ha continuato invece ad esserlo sino a qualche tempo fa in tante altre parti del mondo. Ai giorni nostri, anche la’ dove aveva conservato un ruolo preminente essa ha ceduto il passo o sta comunque restringendo il proprio ambito, in seguito alla diffusione delle fabbriche e alla moltiplicazione di iniziative commerciali, di istituzioni finanziarie e di strutture amministrative, di servizi pubblici e privati.

= Nel frattempo sono divenuti sempre più intensi e pervasivi gli effetti dell’ultima delle rivoluzioni tecnologiche susseguitesi nel corso della storia: quella determinata dall’incorporazione dell’intelligenza artificiale in apparecchiature  elettroniche estremamente sofisticate. Tant’è che le società più avanzate si trovano già a vivere un’epoca “post-industriale”, in quanto caratterizzata dall’espansione delle attività terziarie, nonché dalla centralità delle conoscenze e delle applicazioni scientifiche.

giovedì 27 febbraio 2025

L’uguaglianza

 

Capita, e purtroppo non raramente, che la convivenza civile nei piccoli paesi e nei quartieri delle città venga stravolta da singoli personaggi e persino da figure che rivestono ruoli pubblici che accusano gli immigrati di fruire di benefici che, secondo un loro scarso bagaglio culturale, verrebbero tolti ai residenti. Esistono anche personaggi che si occupano della cosa pubblica che non esitano a creare intralci a chi non aderisce al loro “verbo”. 

  E’ difficile, ovviamente, giudicare se i comportamenti di inciviltà siano conseguenti a malanimo o ad angosce socio-economiche ambientali.

  Uguaglianza

==I giudici costituzionali, che sono preposti all’interpretazione dei diritti della nostra Costituzione, sempre richiamano nei loro deliberati 

1) i valori di non discriminazione

2) i valori di solidarietà

3) il diritto alla salute

Ne discende che la nostra Costituzione, che qualcuno definisce la più bella del mondo, è egualitaria e garante della giustizia sociale.

==La Corte Costituzionale, per rimarcare il principio, ha più volte riconosciuto che anche agli stranieri spettano di diritto l’indennita’ di accompagnamento e la pensione d’invalidita’. 

==ARTICOLO 3 COSTITUZIONE ITALIANA COMMA 1

 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

L'uguaglianza insieme alla democrazia (sovranità del popolo), libertà (spirituali, materiali), giustizia (abolire differenze tra le categorie di cittadini) e internazionalismo (l'Italia fa parte di un sistema internazionale di protezione dei diritti dell'uomo) è quindi un principio fondamentale della Costituzione.



2025. Fra rievocazioni e attualita

Il blog
Via Bonello - Palermo
Nei secoli trascorsi in essa
stava la facciata principale
della Cattedrale, costruita
nel 1184 dall’Arcivescovo
Gualtiero Offamilio.
Sul blog da parecchio tempo ci siamo proposti più compiti, fra cui non e’ stato secondario quello di far conoscere al meglio la vicenda storica della nostra comunità locale, Contessa Entellina, nel quadro più ampio della nostra Sicilia.

Abbiamo raccontato storie di uomini, vicende comunitarie, situazioni politiche, religiose, virtù e difetti di figure pubbliche, riportato documentazione iconografica, fotografie d’epoca e non.

I nostri timori
Nostra maturata convinzione è che quando una comunità, che sia grande o piccola, non possiede più il senso vitale del suo passato si spegne. Ed il blog constata, sperando ed augurandosi di sbagliare, che la nostra Kuntisa risulta ormai spenta da parecchio tempo. Non è un accidente della Storia se alle ultime elezioni amministrative ha partecipato una sola lista di candidati disposta ad occuparsi della cosa pubblica.

Può il blog, che riporta prevalentemente visioni e pensieri, riflessioni e convinzioni del conduttore, esaltare una realtà sociale che, ormai, non possiede più una ricca gioventù creatrice? Prescindendo dalla circostanza che le nascite registrate allo Stato Civile di Contessa Entellina si contano con le dita di una/due mani e che chiunque acquisisce il titolo della terza media o della maturità lascia il paese, a volte per l’Universita’ ed altre volte per terre lontane, come si può immaginare che la Politica abbia assolto o stia assolvendo alla propria funzione? Ovviamente non ci riferiamo solamente alla politica locale, ma anche a quella provinciale (quella che ci lascia la viabilità da trazzere) e a quella regionale. Quest’ultima pare che oltre che lusingare singole figure per volta elettorale non sappia spingersi oltre.

In un quadro niente affatto esaltante il blog immagina di non occuparsi più di tanto dei non fatti di risveglio contessioti (inesistenti) e proverà a spingere la propria attenzione al quadro regionale. Attenzione che peraltro da tempo ha iniziato a perseguire.

mercoledì 26 febbraio 2025

L’agricoltura siciliana ed i racconti dei nonni.

 Dal Cinquecento a … ieri (2) 

Sicilia granaio del Mediterraneo

Il Cinquecento rappresentò il periodo di
massimo splendore per il commercio
cerealicolo siciliano. Le esportazioni
raggiunsero livelli mai visti in precedenza,
con punte di 295.000 salme nel 1500
e 291.000 nel 1542. Il grano siciliano
alimentava i mercati di Genova,
Venezia, Napoli e della Catalogna,
mentre il porto di Girgenti si confermava
come principale punto di esportazione
verso l’Africa settentrionale.



 E’ proposito del  Blog riportare per qualche tempo dati, modi e stili di vita della nostra terra, ed in generale della Sicilia, dal Cinquecento in poi. Per noi che viviamo nel XXI secolo non sempre sarà facile cogliere in pienezza quelle condotte di vita, ma e’ comunque un buon proposito quello di sforzarci nel voler cogliere quanto più possibile dalla Storia, che resta sempre magistra di vita. Forse ci accorgeremo che non sempre, pero’, la Storia  e’ maestra di frugalità, di diligenza e sopratutto di giustizia.

 Dati generali:

=La moneta di conto nell’Isola fino al 1860 (fino all’Unita’)  e’ stata l’Onza, il cui sottomultiplo era il tari’ (30 tari’ = 1 onza). Il tari’ si suddivideva in venti grani, che a sua volta equivaleva a sei piccoli o denari. Nei documenti dei secoli andati si può pure leggere di Scudo che equivaleva a 12 tari’. Con l’Unita’ d’Italia queste unità monetarie vennero meno legalmente, ma tuttavia fino agli anni della prima guerra mondiale (1915-1918) la gente continuò a ragionare e a operare secondo quei riferimenti. E chi scrive queste righe ne ha colto la reale continuità dai racconti del proprio nonno (deceduto nei primi giorni del 1968) che nei racconti sulla sua gioventù si esprimeva proprio secondo le unità monetarie sopra riportate, piuttosto che in lire, che ufficialmente lo Stato sabaudo aveva introdotto  nel 1861.

=La misura di peso, all’alba della modernità (=dalla scoperta dell’America), ossia con l’arrivo degli arbereshe nell’Isola, era il cantaro (=Kg. 79,342) che a sua volta si suddivideva in 100 rotoli. Un rotolo equivaleva a 12 once alla grossa o a 30 once alla sottile. L’oncia alla sottile corrispondeva a grammi 26,45 mentre l’oncia alla grossa a grammi 66,12. Per pesare i metalli preziosi, la seta, i farmaci si usava la libra (kg. 0,317) di 12 once alla sottile.

= Per le superfici si usava la salma di 16 tumoli (tumolo = 4 mondelli), che variava da centro abitato a centro abitato. Nel 1809, le varie misure locali furono unificate con legge, ma le misure abolite continuano, ancora oggi ad essere in uso e tuttora una salma di Contessa Entellina non coincide con la salma in uso a Bisacquino.

A Contessa Entellina quando si fà riferimento al sistema antico di misurazione si usano:
La salma di 16 tumoli, corrispondente a ettari 2, are 67, 94,centiare 87 ;
L'identica misura si usa a Corleone, ma non a Bisacquino, dove le cose, su questo proposito, stanno in questi termini:
La salma di 16 tumoli, corrisponde a ettari 2, are 23 are, centiare 10,9.
(Segue)

L’Apocalisse

Quale è l’Apocalisse, la rivelazione, l’evento che deve portare alla luce la verità nascosta dei nostri tempi, l’eskaton in cui sono destinate a concludere la loro esistenza tutte le cose? 

Ai nostri giorni tutti gli eventi non messi in conto, come in un certo modo possiamo leggere l’intesa fra Russia di Putin e USA di Trump,  ci appaiono apocalisse, cioè rivelazione, proprio come un colpo d’occhio che ci fa vedere la sostanza del nostro vivere.

L’Apocalisse

L'Ucraina avrà bisogno di 524
miliardi di dollari (506 miliardi
di euro) per riprendersi e
ricostruirsi dopo tre anni di
guerra provocata dall'invasione
russa, secondo una nuova
stima pubblicata  recentemente
dalla Banca Mondiale.

Trump esige altre 
centinaia di miliardi
di rimborso spese di
assistenza prestata
dagli USA, pagabili con
terre rare.



 Apocalisse significa rivelazione. Cade il velo  sotto cui la verità si celava. Anzi cade la benda che portavamo sugli occhi e finalmente scopriamo il senso della nostra storia, il destino del nostro esserci. Credevamo di sentire e vedere ed invece eravamo sordi e ciechi. Ora impera la vera luce che veramente disvela le cose nascoste fin dalle origini del mondo. 

 No, non stiamo discutendo della fine del mondo, ma della disvelazione perfettamente terrena secondo cui gli Stati Uniti erano amici dell’Europa quasi (quasi), pensavamo, disinteressatamente. Adesso scopriamo che, nel giro di pochi giorni, gli USA sono amici dei loro tradizionali nemici, i Russi, e trattano i paesi europei, a cominciare dagli ucraini minacciati nell’integrità della loro terra, da clienti che se vogliono assistenza, non aiuti, devono p a g a r e. E pagare a caro prezzo!

La verità nascosta sta nella circostanza che la Russia chiede con la forza delle armi territori all’Ucraina e gli Stati Uniti chiedono all’Ucraina, per aiutarla a vivere tranquilla di pagare. Di pagare per averla in passato difesa, pagarla con le terre rare.

Apocalisse e’ ai nostri giorni sinonimo di sciagura e disastro. Da disegno provvidenziale a caso orrendo che abbatte e nient’altro. Le apocalissi dei nostri giorni non mandano alcuna luce, se non quella che, per qualche istante, ci fa mettere in dubbio della nostra forza. Apocalittica è ai nostri giorni la situazione del popolo ucraino che non sa più, ormai,  se saprà affrontare la vita e se potrà continuarla nelle forme attuali senza incontrare catastrofi, senza affrontare profondi mutamenti di situazioni.

martedì 25 febbraio 2025

La Legalità

 Le norme tutelano gli interessi dei consociati. Lo Stato, tutti gli Stati predispongono apparati amministrativi, giurisdizionali, esecutivi per mantenere quella che viene definita “la legalità “. 

 Soffermandoci al quadro italiano non è esagerazione dire che per lunghi decenni post unitari gli italiani hanno amato l’illegalismo: negli anni settanta del novecento si ebbero fasce sociali equidistanti tra Stato e terrorismo; per tantissimi decenni vaste fasce sociali hanno convissuto con la mafia.

 Fino alla rivoluzione francese vigevano regole diseguali: 1) i nobili ed il clero godevano di uno status eminente; 2) i borghesi erano un ceto parassitario; 3) la plebe era massa amorfa.    E’ con l’inizio della codificazione che vengono instaurati modelli uniformi.


La legalità

Così Norberto Bobbio: Non c’è dubbio che una delle esigenze fondamentali dei cittadini è la sicurezza. Sicurezza vuol dire che i delinquenti vengono puniti, che chi viola i doveri trova la sua  giusta sanzione. In una qualsiasi società, e quindi anche in una società democratica la funzione fondamentale del diritto è quella di stabilire le regole dell’uso della forza. Le regole dell’uso  della forza vuol dire: 

1)  chi deve esercitare l’uso della forza (non chiunque) ;

2) come (con un giudizio regolare);

3) quando (non in qualsiasi momento); 

4) quanto (non si può punire un furtarello nello stesso modo in cui viene punito un omicidio).

In uno Stato di diritto una delle grandi funzioni delle leggi è quella di stabilire come deve essere usato il monopolio della forza legittima che lo Stato detiene. In una società dispotica non c’è  nessuna regola; il principe può punire  senza misura e senza limiti. Il suo potere di punire è arbitrario.

 E’ essenziale  che la società democratica sappia punire secondo giustizia per impedire che cresca l’esigenza del farsi giustizia da soli o di affidare la giustizia ad agenzie private, o a qualche “redentore”.

Viaggi e trasporti

L’ambiente dell’uomo (2)

Una pessima viabilità esterna costa cara ai consumatori

Noi che viviamo nell’area interna della Sicilia (Contessa Entellina) siamo vincolati, in conseguenza della forzata distanza da molti servizi socio-sanitari di cui necessitiamo e/o per assolvere ai tanti adempimenti amministrativi-burocratici presso strutture pubbliche circondariali, a muoverci con l’automobile o col mezzo pubblico. Queste dovute e legittime circostanze, a cui si aggiungono gli spostamenti per ragioni di lavoro, imbattano da anni col pessimo stato della viabilità di accesso/uscita dal nostro centro abitato.

Il pessimo stato della viabilità  esterna
in alcune contrade del territorio
non è dovuta al maltempo o a eventi
specifici. Si tratta di incuria pluriennale,
pluridecennale, pluriventennale e
attengono principalmente 
 a strade che un tempo si
denominavano consorziali.


Raggiungere talune contrade agricole
può comportare inconvenienti ai
veicoli. Va dato atto che in alcune
contrade del territorio qualcosa e’
stato avviato. Ma il territorio comunale
si estenda per circa 136 Kmq e
tutti dovrebbero disporre di
pari attenzioni e premure.

 Gli istituti di statistica segnalano che mediamente le spese dirette ed indirette per la mobilità. (per i costi di trasposto-viaggio) rappresentano la terza/quarta voce di spesa familiare, dopo le spese generali per la famiglia, per le abitazioni e alimenti. Nella voce trasporto non intendiamo solamente costo del biglietto, della benzina per l’auto, valore del tempo impiegato nello spostamento, ammortamento del mezzo privato e ricorsi in officina etc., ma tutte le spese che l’esigenza di spostarsi comportano. Spostarsi costa, e costa abbastanza, specialmente quando, come nel territorio manca una rete stradale decente. 

 L’Istat nel tempo ha più volte ricalcolato la voce spesa per trasporti. Nel 1975 i trasporti assorbivano il 9,6% del bilancio familiare, nel 2000 (forse per effetto dell’introduzione dell’euro) si passò al 15,2%. Ed ora pare che sia ulteriormente cresciuto.

 Noi a Contessa sopportiamo costi eccedenti che i nostri amici di Bisacquino o Sambuca non sostengono. Il pessimo stato della viabilità esterna all’abitato di Contessa E.  ci fa consumare più carburante, più spese di riparazione e manutenzione meccanica e probabilmente (maggiori costi di assicurazione, come qualcuno ci fa osservare).

 Accanto a questi costi di primo impatto, che da utenti costatiamo, esistono tantissimi altri costi indiretti che le nostre famiglie sostengono. Tutti i fornitori degli esercenti commerciali locali subiscono aggravi che finiscono in fattura e successivamente negli scontrini dei consumatori locali, proprio perché i mezzi dei rifornitori, per arrivare a Contessa, prima o dopo scassano gli ammortizzatori dei furgoni e degli automezzi. Ed è ovvio che pure questi costi (invisibili) vengono riversati sui consumatori finali locali. Tutto ciò spiega perché a parità di prodotto, il costo di qualsiasi manufatto o bene di consumo a Contessa è superiore rispetto ai centri limitrofi.

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Sul tema della viabilità esterna ci proponiamo di tornare a riflettere.

lunedì 24 febbraio 2025

L’Intelligenza Artificiale

   E’ da un settantennio  che risulta coniata l’espressione A.I.

Possono le macchine condizionare la libertà dell’Uomo?

L'1 agosto 2024 è entrato in vigore
il 
Regolamento (UE) 2024/1689 del 
Parlamento europeo e 
delConsiglio 
del 13 giugno 2024 che stabilisce 
regole armonizzate sull'intelligenza
artificiale (noto anche come 
Regolamento sull'in
telligenza artificiale
o AI Act).

L'automazione libera i lavoratori
da compiti monotoni e ripetitivi,
consentendo loro di concentrarsi
su attività più creative
. Questo
cambio di prospettiva stimola la
capacità di problem solving e di
reinventarsi in altre attività.

 L’Intelligenza artificiale ha aperto grandi varchi per lo sviluppo delle scienze e pure per la trasformazione delle nostre vite; eppure secondo talune fonti costituisce o potrebbe costituire un danno della conoscenza. Sempre -comunque- in via di fatto sono esistite persone che non esitano a mettere in guardia contro i rischi insiti nel progresso.

 L’Intelligenza Artificiale sicuramente rappresento’ circa un settantennio fa una svolta nei rapporti uomo-macchina e però  ci sono stati nel recente passato studiosi che si sono mossi contro corrente rispetto all’euforia tecnologica, ormai dominante, e hanno denunciato il rischio che essa potrebbe sfuggire di mano all’uomo. Secondo costoro ‘la velocità potrebbe sfuggire ad ogni controllo umano. La potenza di calcolo costituisce non solo una rivoluzione quantitativa motivata dalla ricerca della performance, ma la corsa inarrestabile alla velocità artificiale significa parlare della catastrofe dell’intelligenza” 

(Paul Virgilio, scrittore francese, 1932-2018).


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 L’Intelligenza Artificiale

 Oggi, quando gli scienziati, i media e persino gli studenti parlano di Intelligenza Artificiale, si riferiscono alla disponibilità di macchine atte ad eseguire funzioni che richiedono intelligenza quando dovessero essere eseguite dall’uomo. 

 Esiste, nei dibattiti, disaccordo fra scienziati, filosofi e sociologi su cosa sia o meno la “vera” intelligenza (considerata in opposizione alla semplice capacità di computazione), ma già ai nostri giorni non c’è più dubbio alcuno che le macchine, i computer, si sono già fatti carico di funzioni di complessità crescente e, nel farlo, hanno già modificato non di poco il concetto di noi stessi esseri umani e delle nostre società.

 E’ in via di fatto assodata la convinzione che questa nuova e potente forza (tecnologica) e’ in grado di superare ogni capacità di pensiero della mente umana (almeno di quella media).

Ricchezza e Felicità

Per più pagine ci proponiamo sul blog di 

fornire indicazioni sui percorsi democratici delle società del terzo millennio. 

Riteniamo noi: Non è la stessa cosa affidarsi a prospettive neo-naziste o -di contro- a società che hanno orientamenti sociali e democratici. 

 Procederemo riportando punti di vista di sociologi e di economisti.

Il fine è che tutti dobbiamo ricordarci  che il governo degli oligarchi che siano russi o americani non operano per la libertà e il benessere di tutti.


Si tratterà di letture che appaiono tecniche, e di fatto in parte lo sono,

via via tutto però apparirà comprensibile

 Giorgio Ruffolo, (Roma, 14 agosto 1926 – Roma, 16 febbraio 2023) è stato un politico, economista, dirigente d'azienda, giornalista e saggista) ebbe a scrivere:

Se gli economisti avessero un sogno

Proviamo a capire
Lo spettro della disuguaglianza non
minaccia solo l’Italia. Tocca partner
europei come Francia e Germania,
 e altri paesi nel mondo. Non a caso,
 il Global Wealth Report, ha rilevato
che nella nazione più ricca del pianeta,
gli Stati Uniti, l’1% delle famiglie
detiene ben il 31,7% della
ricchezza dell’intero Paese.
Anche per la seconda classificata,
la Cina, il divario tra ricchi e poveri
negli ultimi anni non ha fatto altro
che aumentare. 







Se gli economisti avessero un sogno, sognerebbero una società dell’abbondanza. Eppure, la scienza economica è basata sul concetto di scarsità. Quello degli economisti sarebbe dunque un sogno di autodistruzione. Nella realtà, essi sono stati accusati spesso di gretto materialismo. Eppure, con la loro insistenza sull’importanza dei beni materiali hanno contribuito più loro al benessere dell’umanità di quanto abbia fatto Carlyle, uno dei più severi accusatori, col suo spiritualismo romantico. Il loro assunto fondamentale, implicito o esplicito, è che una società ricca e’ la più vicina all’ideale di una società felice. E che dunque la crescita della ricchezza  e’ una via regia alla felicità (si tratta ovviamente di felicità pubblica -direbbe Hirschman- la felicità privata e’ un’altra cosa). Qualcuno si sente davvero di negarlo? E di affermare che le società della pietra, rozza o levigata che fosse, o quelle pastorali, o quelle del medioevo o ancora quelle di cento anni fa, prive di acqua corrente e di anestesia e con vita media inferiore ai cinquant’anni, fossero più felici delle nostre?

Tutti i grandi economisti classici, da Smith a Marx a Keynes, hanno però considerato la ricchezza e la sua crescita come un mezzo e non come un fine. Prima di essere economisti erano umanisti. Il segreto della crescita, e il solo modo concreto per perseguire il sogno dell’abbondanza, secondo loro, era il progresso tecnico. Sostanzialmente, si tratta di sostituire le macchine agli uomini: una possibilità che anche gli antichi greci e romani prospettavano, considerandola però o utopistica o dannosa. “Se  ogni mezzo potesse eseguire su ordinazione, o per suo proprio conto, il compito che gli è assegnato, l’architetto non avrebbe più bisogno di manovali, ne’ il padrone di schiavi. Se la spola potesse correre da sola sulla trama, l’industria non avrebbe bisogno di operai” diceva Aristotele. E l’imperatore Diocleziano comandava all’inventore di un marchingegno che permetteva di sollevare meccanicamente le immani colonne dei suoi templi, di bruciare quel suo progetto, che avrebbe provocato disoccupazione e fame “per i suoi poveri proletari”. Più recentemente l’economista Sismonde de Sismondi configurò l’esito estremo dell’automazione  in una metafora settecentesca: il re d’Inghilterra  che, girando una manovella, produce tutto quanto è necessario ai suoi sudditi. E si domandava: che ne sarà dei sudditi?  Marx aderiva con gioia a quest’idea, facendo a meno, naturalmente, anche del re. Il suo genero, Paul Lafargue, meno radicalmente prevedeva  una progressiva  riduzione dell’orario di lavoro obbligato e una corrispondente espansione dell’ozio che rivendicava come diritto. Ai nostri tempi anche John Maynard Keynes formulò una profezia ottimistica. Il progresso tecnico era andato ormai tanto avanti da far prevedere che assai presto  gli uomini avrebbero potuto procurarsi tutti i beni necessari alla loro sopravvivenza e al loro confort con due o tre ore di lavoro al giorno, dedicando il resto al riposo e a cose più serie, come l’amore e la cultura.

In effetti, se c’è un secolo nel quale ci si è più avvicinati a quel sogno, e’ proprio il nostro, quello di cui abbiamo appena doppiato il capo: il Novecento. Nell’insieme del Novecento la produzione complessiva di beni e servizi è cresciuta del 2,9 per cento all’anno e il prodotto pro-capite dell’1,4%, rispetto all’1,3 e allo 0,8 per cento rispettivamente nell’Ottocento;  e cifre molto vicine al niente per cento nella media dei secoli precedenti. Se come indice sintetico della “felicità pubblica” si assume quello della durata media dell’esistenza (per la ricchezza quella del prodotto nazionale è altrettanto grossolano) constateremo che essa è aumentata da meno di 40 anni nel 1820 a circa 50 nel 1900 e a 77 nell’ultimo decennio del XX secolo nei paesi industriali (60 nei paesi arretrati).

Naturalmente, parlare del Novecento come di un periodo omogeneo sarebbe del tutto fuorviante. Il “secolo lungo” che abbiamo alle spalle dovrebbe essere diviso, per quanto riguarda lo sviluppo economico e il benessere sociale dei paesi capitalisti più avanzati, in quattro fasi distinte: una prima belle epoque di prosperità economica e di aumento, di relativa pace mondiale e di parallelo miglioramento del benessere sociale, nonostante l’incombente minaccia della catastrofe nucleare, fino agli anni Settanta; è una quarta fase, che e’ quella nella quale viviamo, e alla quale non sappiamo ancora dare un nome. Si tratta di una nuova età dei torbidi? O di una rinnovata belle epoque?

Il quadro che ci si presenta non è né catastrofico, né rassicurante. Certo: non c’è alcuna catastrofe, né alcuna depressione paragonabile a quella tragica che segnò gli anni trenta. Negli anni Settanta l’inflazione e la crisi petrolifera avevano già fatto temere che il sistema capitalistico potesse precipitare in una nuova crisi verticale. Ma già verso la fine del decennio l’economia riprendeva il cammino, il cammino della crescita. Tuttavia, ad un ritmo sensibilmente e progressivamente più lento: 5 per cento negli anni Sessanta, 3,6 nei Settanta, 2,8 negli Ottanta, 2 per cento nei primi cinque anni dei Novanta.

Inoltre è emerso per la prima volta nella storia lo spettro dei limiti  della crescita e della sostenibilità ecologica. Infine, mentre la crescita ha continuato ad aumentare , si sono fatti sempre più evidenti i segni di un peggioramento della qualità sociale.

Molti sono gli indizi di incupimento del morale e di aumento del disagio sociale. Nella prima belle epoque era stridente, tra la fine del XIX e l’inizio del XX,  il contrasto tra la relativa soddisfazione della maggioranza della popolazione e l’inquietudine talvolta disperata dei suoi intellettuali. Se si può avanzare una opinione azzardata, oggi si ha la sensazione di una inquietudine delle masse cui fa riscontro un narcisistico e soddisfatto compiacimento degli “intellettuali”.


domenica 23 febbraio 2025

La domenica serve anche per riflette

La cultura giudaica ed il primo Cristianesimo (1)

 Il rapporto col giudaismo. Nato dal giudaismo ma entrato subito in polemica  con esso, il cristianesimo deve precisare la sua posizione nei confronti della religione giudaica e negli scritti che ne giustificano la rivelazione. Era stato già il tema del concilio di Gerusalemme che era stato sopratutto il problema di Paolo. E Paolo aveva dato ad esso una soluzione teologica  di grande portata. La chiesa di Cristo e’ l’erede del popolo di Dio, ma ne e’ anche la realizzazione, e quindi la trasformazione, “spirituale”. Essa è il novus,  il verus Israel. La Legge mosaica  ha perduto perciò il valore salvifico che le attribuiva la tradizione  giudaica. La salvezza non viene dalle opere  della Legge ma dalla fede  nel Cristo morto e risorto (cfr. Gal, 2,16-21; ATM. 3,28). Ma in ampi settori della chiesa cristiana l’autorità di Paolo continuava ad essere contestata e la soluzione da lui sostenuta non aveva posto fine alle discussioni.

Il giudeo cristianesimo. In realtà per tutto il II secolo la storia della chiesa appare dominata  dal problema del giudaismo e della Scrittura. Da un lato infatti tra i cristiani di origine giudaica permane la tendenza a conservare  la tradizione e le istituzioni  del popolo giudaico, in una interpretazione che resta spesso ancorata alla lettura dell’Antico Testamento. Si tratta di tutte quelle tendenze  che si possono riassumere  nella denominazione di giudeo cristianesimo  e che si manifestano  in particolare nei cosiddetti apocrifi del Nuovo Testamento (molti dei quali sono oggi perduti). Dall’altro lato  una tentazione si affaccia: rinunciare interamente al giudaismo  e alla sua Scrittura. E’ in una certa misura l’idea di uno scritto anti giudaico che va sotto il nome di Lettere di Barnaba. Ma è sopratutto la posizione di Marcione.

(Segue)

=  =  =  =  =


*  * * 


Una Riflessione dei nostri giorni

Don Primo Mazzolari 

(Cremona13 gennaio 1890 – Cremona12 aprile 1959) è stato un presbiteroscrittore e partigiano italiano. Conosciuto come il parroco di Bozzolo, fu una delle più significative figure del cattolicesimo italiano nella prima metà del Novecento. Il suo pensiero anticipò alcune delle istanze dottrinarie e pastorali del Concilio Vaticano II (in particolare relativamente alla "Chiesa dei poveri", alla libertà religiosa, al pluralismo, al "dialogo coi lontani", alla distinzione tra errore ed erranti), tanto da venire definito "carismatico e profetico".

La pace comincia in noi …in me è da te, da te, da ciascuno… come la guerra. Ma come si può arrivare alla pace se si seguita a coltivare, quasi orto per ortaggi, questa aspirazione manichea dell’umanità e della spiritualità; se si seguita  ad alimentare una polemica fatta di apriorismi e ingiurie, deformazioni e ripulse; se si aumenta ogni giorno più la disparità economica tra chi spedisce lingotti  d’oro all’estero e chi vive nelle baracche e intristisce  nella disoccupazione;  se si insiste a vedere nel fratello insignito di un diverso distintivo politico un cane da abbattere, un rivale da sopprimere, un nemico da odiare?



L’agricoltura siciliana ed i racconti dei nonni

 Dal Cinquecento a … ieri

  Ciascun residente nell’entroterra siciliano ha avuto genitori, o nonni o bisnonni che in qualche modo, formandosi alle pieghe della vita in queste parti dell’Isola, hanno avuto a che fare con l’agricoltura, la pastorizia o comunque rapporti i più vari col mondo agricolo. Proprio alla vicenda agricola nell’Isola, dal Cinquecento feudale a quella latifondista dell’Ottocento e a quella dei nostri giorni che stenta ancora ad allinearsi ai modelli produttivi e commerciali della contemporaneità, ci proponiamo di dedicare alcune pagine di conoscenza e di riflessioni.

La Sicilia da sempre è stata terra dedita alla coltivazione del grano; ciò che ai siciliani non è mai stato gradito, nei secoli andati, e’ stato il commercio dei loro prodotti. Quando l’Isola è stata al centro  del commercio granario  del Mediterraneo oppure del commercio zolfifero mondiale, mai i siciliani si sono intestata l’iniziativa di dedicarsi al commercio esterno dei loro prodotti. Storicamente il settore commerciale è sempre stato quasi interamente controllato da operatori stranieri trasferitisi in Sicilia. E costoro dopo una o due generazioni sono, pure essi, diventati refrattari alle attività non agricole.

 Aspirazione dei siciliani, nei decenni passati, fino alla Riforma Agraria degli anni cinquanta del Novecento, e’ stato il possesso della terra, per la cui acquisizioni non si badava a indicibili sacrifici. In questo carattere si può evocare il mastro don Gesualdo di Verga e la connessa roba.

 Ci proponiamo sul blog di tratteggiare il lungo processo di trasformazione economica, con le inevitabili ricadute sociali e giuridiche, dal feudalesimo in poi. Si tratta di un processo storico, secolare, di lenta disgregazione del feudo e dei demani per arrivare alla diffusione della proprietà privata diffusa e persino polverizzata in più circostanze dei nostri giorni. Proveremo a mettere in luce come dal feudo e dal latifondo, dai caratteri desertici, si è lentamente, ma non uniformemente, passati ad un paesaggio agrario più o meno verdeggiante e magari alberato. Ci soffermeremo, nell’ampia panoramica che ci proponiamo, sulla natura giuridica dei demani e sul perché per secoli non si è nell’Isola usciti da quella che fu fino a ieri la monocoltura del grano.

 Proveremo, per chiudere questa pagina di intenzioni, a capire quali colture,  e il perché, i nuovi arrivati arbereshe, nel cinquecento, furono propensi a coltivare fra gelso, vite, ulivo e frassino da manna  nei limitatissimi e impervi terreni loro assegnati a censito (=Serradamo e Contesse), 

  ((Segue))

L’Europa resta sola nel pianeta a difendere la democrazia

 Dove va l’America?

Steve Bannon, stratega della campagna elettorale di Trump nel 2016 e considerato «ideologo» del Maga (Make America great again) ha qualche giorno fa concluso il suo intervento dal palco di Washington con un saluto a braccio teso. 

Alla convention a Washington hanno partecipano i leader di tutti i principali movimenti e partiti di estrema destra e la chiusura sarà affidata a Donald Trump. Presente anche il patron di X Elon Musk. È previsto anche un intervento da remoto della presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni.  

I toni usati nella Convention sono a dir poco incendiari.  

Bannon ha lanciato durante il suo intervento un appello a «combattere, combattere, combattere», ed ha invitato Donald Trump a essere «presidente a vita». Il video del suo intervento concluso con il braccio teso e trasmesso in diretta da Fox News è diventato virale sui social media. Joshua Reed Eakle, presidente dell'organizzazione Project Liberal, ha ripostato il video su X e commentato: «Il nazismo ha ufficialmente preso il sopravvento sul Gop». 

Donald Trump non indietreggia sul Canada. Il Presidente degli Stati Uniti ha parlato a una riunione dell'Associazione dei Governatori Repubblicani a Washington, ribadendo il suo desiderio di assorbire il Canada come il 51mo Stato dell'Unione e aggiungendo che Ottawa potrebbe conservare il suo inno nazionale

sabato 22 febbraio 2025

Lo Spazio

 La spartizione del mondo

Gli Stati Uniti, già con George Bush (Milton12 giugno 1924 – Houston30 novembre 2018), 41º presidente degli Stati Uniti d'America dal 1989 al 1993 e 43º vicepresidente degli Stati Uniti d'America (dal 1981 al 1989 sotto il presidente Ronald Reagan), avevano iniziato una politica di “militarizzazione dello spazio”, volevano per l’America lo spazio in esclusiva per sé. 

 I giornali dell’epoca riportano titoli del tipo George “The Space Cowboy”. In tutto il mondo, i titoli e le grida accompagnavano il via libera dato dalla Casa Bianca alla trasformazione dello spazio extra atmosferico in una fortezza orbitante.

 Adesso, in questi giorni, un’altro presidente degli USA, Trump, punta ad avere il dominio in più direzioni, cielo, terra e mari, compresi alcuni territori ucraini, le così definite terre rare, per -in cambio- sostenere il Paese ucraino da separate e altrettante distinte e pesanti pretese russe e quindi da Putin. Pretese queste che potranno essere temperate, ma non eliminate. 

 Gli USA dal cielo hanno la capacità di sorvegliarci singolarmente e passo passo e se volessero pure di bloccarci senza preavviso.

Conquistare cielo, mare e terra 

ancora (… sopratutto) nel terzo millennio

La figura vicaria della militarizzazione e
della  guerra nello spazio si è rivelata
essere la guerra cibernetica, che ha
rapidamente intrecciato  le proprie sorti
con quelle dei  satelliti in orbita 
nello spazio.




 Cosa intendiamo, stando al sociologo e filosofo Zygmunt Bauman ai nostri giorni per 

Spazio

L’era dello Spazio  inizio’ con la muraglia cinese e il vallo di Adriano negli antichi imperi, continuo’ con i fossati, i ponti levatoi e le torri dei Castelli, tipo Calatamauro, e quelle delle città medievali e culminò nelle linee Maginot e Sigfrido degli Stati moderni, per poi concludersi con il patto atlantico e il muro di Berlino al tempo dei blocchi militari sovranazionali. Durante tutta quell’epoca, il territorio è stato la più preziosa delle risorse, il premio più ambito di qualsiasi lotta per il potere, il segno di distinzione tra vincitori e sconfitti.  Ma sopratutto, in tutta quell’epoca il territorio è stato la principale garanzia di sicurezza di ciascun Paese: era in termini di ampiezza a profondità del territorio controllato che si misuravano e affrontavano le questioni di sicurezza. L’era dello spazio fu il tempo del “Profondo entroterra”, dei cordons sanitaires. Il potere era territoriale, e altrettanto lo erano la privacy e la libertà dalle interferenze di quel potere.

Dall’attacco terroristico dell’11 Settembre 2001, che causò quasi 3.000 morti, nessuno, per quanto distante, distaccato e dotato di mezzi, può più isolarsi dal mondo.


Cosa capita in America?

 Verso un mondo degli autocrati?

A un mese dal suo insediamento e’ difficile inseguire le dichiarazioni di Trump sul piano della pericolosità, della mancanza di scrupoli e della sconnessione della politica estera americana dall’intero dopo seconda guerra mondiale. 

 Trump sta ribaltando completamente la posizione degli Stati Uniti, al punto che e’ molto più vicino alla Russia - alle sue presunte «ragioni», alle sue richieste, ai suoi interessi - che all'Ucraina… Siamo al punto che il Paese aggredito si trova adesso davanti alla prospettiva di accettare ampie amputazioni territoriali senza nemmeno garanzie per il suo domani

  Gli europei sono stati esclusi dai primi colloqui di «pace». E, non solo, gli europei  sono da subito fuori dalla protezione americana. Il vice di Trump, JD Vance ha messo in dubbio l'essenza stessa della nostra democrazia e ha apertamente interferito nelle imminenti elezioni tedesche.



venerdì 21 febbraio 2025

Multiculturalismo

 

Dentro la sigla multiculturalismo
sono raccolte numerose definizioni
e versioni: pluralismo, società
multietnica, società multirazziale. 

Multiculturalismo e minoranze
(soprattutto etniche) costituiscono
le due parti di un tutto, di un
insieme, che condiziona il
dibattito e la comunicazione
sociale.
Una curiosità: l’Impero
Romano era sì multiculturale,
ma nel senso che era
sostanzialmente bi-culturale:
cultura latina da una parte,
quella greca dall’altra e poco
altro disperso ai quattro angoli
dell’Impero
. E non sempre Roma
fu molto disposta ad accettare
la cultura degli altri come
testimoniano le polemiche sul
filoellenismo degli Scipioni o la
mala sorte di Eliogabalo fatto
assassinare dalla guardia
del Pretorio.





Sono giorni i nostri, nel terzo millennio, in cui in più parti del mondo esistono guerre e lotte fra popoli. Citiamo quelle che ad oggi sono di rilevante interesse dei media mondiali: Medio Oriente (ebrei/islamici) e in Europa (Ucraini/Russi). Ci piace riflettere sul:

Multiculturalismo

Il multiculturalismo consiste in una strategia di approccio sociale all’alterita’ che, sia in termini teorici che in termini politici, insedia nello spirito nazionale il rispetto delle differenze culturali. Ne deriva, da un lato, la contraddizione per cui una omogeneità nazionale viene nello stesso tempo presupposta e combattuta. In breve,  il multiculturalismo celebra ed enfatizza  entusiasticamente l’approccio sociale alla pluralità, ma gli manca il realismo cosmopolita.   Esso accetta la distinzione nazionale/internazionale, sicché gli sfuggono le contingenze e le ambivalenze nell’approccio sociale alla differenza, al di là dell’alternativa  tra assimilazione e integrazione.

Qualcuno vorrebbe sostenere che il multiculturalismo equivale all’idea da anime belle  che il gatto, il topo e il cane mangino nella stessa ciotola. In effetti, il multiculturalismo implica, anche se in forma fortemente mitigata, una identità e una rivalità essenzialistiche delle culture.

Evitiamo di affrontare, su questa pagina, il destino che sta toccando all’arbereshe in terra di Sicilia, per non citare la ritualità cattolico-bizantina.


giovedì 20 febbraio 2025

Viaggi e trasporti

 L’ambiente dell’uomo

La mobilità nel terzo millennio è divenuto un aspetto della società contemporanea: coinvolge ambiti e settori diversi e rappresenta un valore culturale indispensabile, più ancore che un valore di tipo economico.

Per alcune pagine ci intratterremo sul blog su quella che taluni definiscono l’economia dei trasporti, una branca della scienza economica che coinvolge tante figure professionali e tante categorie: economisti, ingegneri civili, politici, amministratori locali, manager d’impresa, tour operators, etc.

L’obiettivo è quello di suscitare interesse riguardo ad un tema, il mondo dei viaggi, degli aeroporti, del commercio, della viabilità e pure della politica. John Maynard Keynes, una delle massime figure del pensiero economico del Novecento, lasciò scritto che chi si occupa di economia : “deve essere, in qualche misura, matematico, storico, filosofo ed uomo di Stato, ossia munito di senso civico” e rispetto al quale “nessuna parte della natura dell’uomo e delle sue istituzioni devono restare al di fuori del suo interesse”.

Nelle pagine che seguiranno oltre che impressioni personali del conduttore del blog, che per oltre un ventennio ha lavorato nel comparto economico dei trasporti, dedicheremo spazio sul diverso vivere sociale, sui diversi stili di vita nel terzo millennio e sugli impatti del vivere e del muoversi da una realtà ad un’altra

Prevediamo di doverci intrattenere sul forte impatto sull’ambiente, sulla crescita sociale ed economica come pure sulle esternalità negative  in termini di salute, sicurezza  e fenomeni di congestione derivanti dal possedere o meno una buona o pessima viabilità di accesso agli agglomerati urbani.  Ci occupereremo, sostanzialmente, del buono o cattivo vivere nel terzo millennio. Del vivere in un tempo in cui le strade di collegamento esterne degli abitati all’interno dell’Isola sanno di trazzere e delle contemporanee congestioni di traffico in altre  realtà.

Ai nostri giorni la mobilità e l’innovazione tecnologica stanno incidendo  e continueranno sempre più ad incidere sulla mobilità e gli spostamenti umani da un luogo ad un’altro e ove l’attenzione civica e politica delle varie e singole realtà non sa collegare effetti ambientali, sociali, tecnico-giuridici e di evoluzione sociale, accadrà che con la mobilità del terzo millennio molte zone interne della nostra Isola conosceranno la desertificazione, prima quella umana e poi quella delle attese future derivanti  dalla carenza di vitalità.