Una studiosa, Amelioa Crisantino, dell'Università di Palermo, in un libretto percorre la Storia della Sicilia ed inevitabilmente si intrattiene sul concetto e sul ruolo della Mafia.
L'etnologo Giuseppe Pitré (1861- 1916) in anni più vicini a noi riferisce che nel quartiere del Borgo, nei pressi del porto palermitano, mafiusu stava ad indicare baldanza ed orgoglio, pertanto egli ritiene sia mafioso "un uomo coraggioso e violento, che non porta mosca sul naso, nel quale caso l'essere mafioso è necessario, anzi indispensabile". Ai nostri giorni, siamo certi che quell'espressione è quanto meno antiquata ed insufficiente. Per noi del terzoi Millennio la Mafia è delinquenza vera e proprio e tentativo di regolare la società degli uomini scalzando l'ordinamento dello Stato, ossia un'organizzazione criminale e ancor più di tipo terroristica.
Il termine "mafia" lo si ritrova per la prima volta in un documento ufficiale nel 1865, quando l'allora Prefetto di Palermo Gualterio scriveva di "grave e prolungato malinteso fra il Paese e l'Autorità, il quale contribuì a far sì che la cosiddetta maffia o associazione malandrinesca potesse crescere in audacia". Già in quell'alba dell'Unità d'Italia per quel prefetto il carattere specifico di quell'associazione viene indicato nel legame fra malandrinaggio e partiti politici di opposizione, scrive Amelia Crisantino.
Riferendoci ai nostri giorni, probabilmente non è esagerazione, se alla luce degli atti della Commissione Antimafia degli anni '60 e poi delle successive, si intuisce che il legame mafia politica non è mai venuto meno, senza ovviamente voler generalizzare dal momento che sono tantissimi i politici, i sindacalisti, i giornalisti ed i magistrati caduti vittime della Mafia.
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