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mercoledì 8 febbraio 2023

Il Cinquecento e il Feudalesimo. La Sicilia baronale

Il Castello di Giuliana

Pure esso appartenne, fra i tanti
casati baronali, ai Peralta ed ai
Cardona


 Rodo Santoro, distinguendo fra castelli del demanio (urbani) e castelli feudali (per lo più rurali) e notando, per i primi, che la distanza fra il castello e le prime case della città doveva essere pari alla gittata massima della più potente arma da lancio, distingue la diversa tipologia dei secondi: “i feudi erano quasi tutti nei territori interni dell’isola, in zone per la loro gran parte caratterizzate da un’orografia molto mossa. In questo quadro i pochi centri abitati pressoché spopolati e i casali erano separati da distanze rese lunghe da una viabilità primitiva e tortuosa. Molti dei primi castelli feudali siciliani - dall’XI al XIV secolo - presentano una particolarità: quella di andarsi ad impiantare sulla sommità di rocche naturali già caratterizzate dalla presenza di antichi ingrottamenti, grandi o piccoli che fossero. Si tratta di quegli acrocori rupestri già utilizzati dalle popolazioni siciliane come ridotti difensivi contro le scorrerie saracene nei secoli della grande epopea siciliana. L’impianto castellano feudale generalmente si caratterizza per essere ex-novo e se già esiste un centro abitato, sia pur minuscolo, va a collocarsi presso di questo. Altrimenti, insieme al primo embrione del castello - la turris - nasce anche un micro-borgo, abitato dai villani che sono stati concessi al padrone feudale: la terra. Saranno, questi villani, “i primi difensori armati della nascente struttura castellana dell’oppidum feudale”

“il sito d’impianto del primo embrione castellano viene scelto nel punto più alto del sedime prescelto; un acrocoro rupestre, una cresta rocciosa, un colle posto a dominio visivo e di quota, della zona circostante. Se necessario questo elemento naturale sporgente viene ulteriormente elevato gettandovi sopra e tutt’intorno terra di riporto.[...]. La collina - naturale o artificiale - prenderà il nome latino medievale di mocta e la turris (il dongione) che vi si eleverà sopra sarà, in sostanza, la prima forma di castello feudale. La base della motta verrà recintata, in un primo tempo, con una palizzata di legno identificando così il futuro perimetro della cinta castellana. I villani costruiranno le loro prime misere abitazioni oltre questa palizzata, oppure continueranno a vivere nelle grotte scavate sui fianchi della rupe sulla quale il loro nuovo padrone sta innalzando la sua torre in muratura”.

“La difficile riconquista catalano-aragonese e quindi, al principio del XV secolo, l’organizzazione dell’amministrazione viceregia aprono una pagina nuova della storia siciliana. La feudalità isolana viene profondamente rinnovata dall’afflusso di nuove casate iberiche e vedrà ridimensionate, dopo gli ultimi assestamenti, le proprie ambizioni politiche. Si pongono le basi di una lunga, sostanziale e duratura fedeltà del regno e della sua nobiltà alla corona d’Aragona e poi alla Spagna”.

“La Sicilia è pacificata e i castelli dell’interno - tanto feudali che demaniali - perdono progressivamente rilevanza militare e strategica. Le coste dell’isola al contrario, rimangono una zona ’calda’ e pericolosa, esposta all’aggressività dei nemici dell’Aragona e quindi della Spagna, primi e più temuti fra tutti i barbareschi e i turchi. Quando, tra la fine del ’400 e i primi del ’500, si delinea lo scontro fra i due imperialismi ispanico e ottomano, la Sicilia si ritroverà, ancora una volta, su una faglia geopolitica più che mai in movimento. 

 La risposta all’espansione turca nel Mediterraneo sarà una straordinaria fase di fortificazione delle città portuali e delle coste isolane: come è stato ben scritto, in Sicilia il “secolo di ferro farà onore al suo nome”.

 (testi ripresi dai lavori di Rodo Santoro).

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