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mercoledì 8 febbraio 2023

Capita

Una storiella riportata sui giornali.

Non sappiamo quanto sia da credere.  Comunque interessante

 C'è stato un tempo in cui i colloqui per le assunzioni presso le aziende si concludevano con un "le faremo sapere" al candidato. Adesso finiscono con un «grazie, vi farò sapere» del candidato all’azienda. Lo si legge sui giornali, prevalentemente del Nord.

  Non siano certissimi che le cose vadano in questo senso. Siamo certissimi infatti che in Sicilia le cose non vanno in questo senso,

 L’aneddotica è tuttavia ricca,

 Nelle rilevazioni statistiche -comunque- la carestia di lavoro viene indicata sempre più in alto tra i fattori di rischio per la ripresa e la crescita del Paese.

L'aspetto paradossale sembra essere che il fenomeno riportato dai giornali del Nord  convive con livelli ancora elevati se non elevatissimi di disoccupazione, soprattutto giovanile.

  In Italia sostiene l'Istat, si è raggiunta  una cifra record nell’anno appena finito: più di un milione e seicentomila persone hanno lasciato volontariamente il lavoro nei primi nove mesi del 2022, e il trend è in continua crescita.

 Sembra proprio che si stia assistendo ad una specie di sciopero del lavoro. Esistono delle cause a questo che sicuramente è un paradosso ? 

1) un sistema scolastico che, carente sotto molti aspetti formativi, lo è ancor di più per quanto riguarda l’orientamento, la capacità cioè di indirizzare i giovani verso gli studi a loro più consoni e i lavori più richiesti. Da qui la divaricazione tra le esigenze delle imprese e le abilità professionali acquisite dai futuri lavoratori

2) Il fenomeno riguarda però ogni tipo di lavoro, non solo quelli qualificati ma anche i «generici», e quindi devono esistere radici più profonde.

3) Taluni sostengono che i giovani danno alla qualità della vita significato diverso da quello dei loro genitori. Sarebbero sempre meno disposti a sacrificarla sull’altare del lavoro. Altri giustificano il quadro asserendo che i giovani intendono dare invece una grande importanza al lavoro che faranno, alla sua dignità e remunerazione, a non arrendersi a ricatti e precarietà, bassi salari e orari lunghi, dequalificazione professionale o addirittura abusi.   Effettivamente la qualità del lavoro è oggi considerata parte integrante della qualità della vita.

4) I più anziani sono soliti dire: «Ai miei tempi si cercava un lavoro»; oggi, una o due generazioni dopo, è comprensibile che giovani scolarizzati ed esigenti cerchino qualcosa di più di un lavoro purchessia, o che chiedano di più al lavoro che dovrà accompagnare gran parte degli anni della vita

5) Da qui si colgono quegli effetti persino sulla politica che tutti rileviamo: la crisi della sinistra laburista, riformista e socialista che va a vantaggio dei movimenti populisti, che chiedono allo Stato di sostituire il salario come principale fonte di reddito (alla maniera di Conte), o addirittura di movimenti antagonisti che rifiutano tout court il lavoro dipendente in quanto forma (di per sé) di sfruttamento.

6) La tematica, oggi come oggi, sta in verità passando dall'esame degli economisti a quella dei sociologi. Avremo modo di tornare sul tema che non è da valutare di poco conto.

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