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lunedì 20 febbraio 2023

Il Cinquecento e il Feudalesimo. La Sicilia baronale

  Curiosità del tempo andato

Nel periodo feudale l'autorità secolare (monarchia, baronia etc.) ha devoluto pure alla Chiesa, in concorso con essa la sorveglianza sul gioco che generalmente avveniva nelle taverne, nei fondaci ed altri luoghi, ciò perchè ritenuti luoghi di perdizione. 

Una disposizione valida per secoli di Federico III d'Aragona dell'anno 1296 (del capitolo 78) stabiliva:

"Coloro che giocano a dadi e passano il tempo a giocare e non hanno altra occupazione  per vivere: i tavernari e coloro che tengono baratteria, debbonsi avere per infami, incapaci a testimoniare  e a coprire cariche pubbliche. I giudici e gli avvocati che conducessero vita  tanto sordida,  siano rimossi dall'ufficio. Anche ai militi che fossero ridotti a vita si vile, sia impedito sempre di testimoniare o godere  di quelle forme di giudizio  che sono concesse ai militari". 

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La disposizione sopra riportata era comunque già vigente in Sicilia dall'inizio del  medioevo; la si ritrova in tutti i paesi del bacino Mediterraneo europeo ed è interessante come i giuristi applicavano una distinzione tra il gioco d’ingegno, che era consentito, e quello di fortuna, implicante scommesse, che era proibito. 

Nelle Costituzioni di Melfi, emanate nel 1231, l’imperatore  Federico II aveva addirittura dichiarato infami coloro che giocavano denaro ai dadi e quelli che vivevano del gioco altrui, cioè i barattieri.

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