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venerdì 10 febbraio 2023

Storia e Cultura

Il Leviatano

( mostro acquatico della tradizione biblica, che è stato 

assunto dal filosofo Th. Hobbes -1588-1679- 

a simbolo dell'onnipotenza dello Stato nei confronti dell'individuo).

Nel contesto culturale rinascimentale, anche uomini dalla fede sincera, turbati dalla consapevolezza che la religione si stava trasformando in uno strumento prevalentemente politico cominciarono ad accettare il clima di "realismo".

Nel Leviatano (1651) si legge un'iscrizione sepolcrale "La nozione di diritto e torto, di giustizia e di ingiustizia non vi hanno luogo. Laddove non esiste un potere comune non esiste legge; dove non vi è legge non vi è ingiustizia. Violenza e frode  sono in tempo di guerra  le due virtù teologali".   

Voleva dire che la vita nella natura  non poteva fornire regole alla politica, perchè era "sola, misera, ostile, animalesca e breve". Hobbes trasformò in un principio di sopravvivenza la regola aurea : "Non fate  a un altro  ciò che non vorresti  fosse fatto a te stesso".

Fu tempo quello in cui in politica la ragione di stato favorì la  flessibilità e la praticità; la tensione fra  l'utile e il buono veniva sempre più spesso risolto a favore dell'utile.

 Nei Saggi, Bacone scrivendo a beneficio dei principi, suggeriva elementi di "astuzia"  simili -asseriva- a quelli che i gesuiti insegnavano. Quello fu, in buona sostanza, il tempo della separazione della Politica dalla Morale.

 Hoover, osservatore della politica di allora, riportò: "La devozione e il sentimento della religione non sono comuni nei più nobili, saggi e altolocati personaggi di stato, in quanto il loro intelletto è assai impiegato in altri modi e le loro menti raramente hanno familiarità con le cose celesti".

 Montaigne (filosofo fra i più significativi del Rinascimento francese, 1533-1592) riflettendo sulla sua epoca sostiene che l'etica idealistica si adatta bene solo alla vita privata, giusto l'esperienza "Una volta ho provato ad usare  al servizio degli affari pubblici  le opinioni e le regole di vivere così rigide, nuove, rozze o nette, come lo ho create a casa mia o ricevute dalla mia educazione, e delle quali mi servo se non comodamente, per lo meno con sicurezza in privato, una virtù scolastica e novizia". Si accoirse però che tale linea di condotta era inadeguata e persino pericolosa: "
Chi va tra la folla, bisogna che schivi, che stringa i gomiti, che indietreggi o avanzi, magari che lasci la dritta via secondo ciò in cui s'imbatte; che viva non tanto secondo sé , quanto secondo altri, non secondo quanto egli propone, ma secondo quello che gli viene proposto, secondo il tempo, secondo gli uomini, secondo gli affari (...). Chi si vanta, in un tempo malato come questo, di mettere al servizio del pubblico una virtù spontanea e sincera, o non la conosce, poichè le opinioni si corrompono coi costumi (...) o, se egli la conosce, si vanta a torto e, checchè dica, fa mille cose di cui la coscienza l'accusa.

Vedremo in seguito
come la pensava Machiavelli

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