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sabato 16 dicembre 2023

Il mondo entro cui viviamo (6)

Leggiamo sui giornali

(Convinzione dei ben pensanti e’ che essi non abbiano mai sbagliato )


Le carceri. Diamo un’occhiata a luoghi ai quali di solito molti di noi, cittadini che ci riteniamo onesti, non ci interessiamo granché. Nelle carceri  attualmente soggiornano 60 mila persone. All’appello ne mancano 67: sono quelle che si sono suicidate nel corso del 2023.

Già nel 1904 Filippo Turati ( politico, giornalista e politologo, tra i primi e più importanti leader del socialismo italiano e tra i fondatori, a Genova nel 1892, dell'allora Partito dei Lavoratori Italiani) disse che le carceri italiane erano «una vergogna» e che costituivano di fatto una «vendetta sociale atroce» e per di più inefficace. 

«Sappiamo che il carcere è criminogeno, ma non esiste neanche una ricerca recente sulla recidiva - ebbe a dire Gonella ( giornalista e politico italiano, segretario della Democrazia Cristiana e ministro. Fu il primo presidente dell'Ordine dei giornalisti, istituito con legge 3 febbraio 1963, n. 69) - Noi non abbiamo i dati per farla, ma sarebbe molto utile per capire quanto sia sbagliata la logica del “marcire in galera”. Quel “marcire in galera” è effettivamente un linguaggio premoderno che ha un effetto indiretto, in attesa che arrivino le condanne a pene superiori previste da leggi più recenti.

I suicidi. Il 2022 è stato un anno record: 84 detenuti si sono tolti la vita, il numero più alto dal 1990. Quest’anno lievemente meno: 67. Uno dei tre dati peggiori dal 1990. La media di un suicida ogni cinque giorni. Una sfilza di uomini, quasi tutti impiccati, con lenzuola, corde, lacci di scarpa. Fra essi giovani, come Oumar Dia, 21 anni, suicida il 26 ottobre. O anziani, come Rodolfo Hilic, incensurato, in custodia cautelare: era in carcere da sei giorni, accusato di maltrattamenti, quando si è impiccato a Udine.

 In un mese nel carcere di Montorio ci sono stati tre suicidi. Uno è quello di Oussama Saidiki, 30 anni: i detenuti della sua sezione hanno scritto una lettera aperta per denunciare come Oussama, «persona amata, rispettata e benvoluta», sia stato lasciato solo con un forte disagio psicologico che era noto.

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