Scaviamo sul territorio
per conoscere la vicenda umana.
Foto MIFC |
Re Alfonso, il 17 giugno 1433, aveva concesso al monastero la completa
esenzione fiscale da qualsiasi colletta o sussidio imposto dalla Corona e il
nuovo pontefice, Eugenio IV, aveva risposto all’appello dell’abate che non si
era voluto accontentare dell’esenzione regia e il primo aprile 1434, ritenendo
che il monastero subisse un grave danno dal momento che venivano imposte ed
estorte decime e sussidi a causa dei quali l’abate e i monaci «gravia
frequenter subierunt hac tenus detrimenta» e considerando che ad prestationem
solutionem et contributionem decimarum caritativorum subsidiorum et exactionum
ac onerum huismodi quorumlibet quacumque occasione concessorum et concedendorum
aut impositorum et imponendorum minime teneantur nec ad id a quoquam compelli
possint, aveva liberato il monastero dal pagamento di qualsiasi contributo al
sovrano, di decime, caritativi e sussidi prescritti loro abusivamente.
Nella lettera apostolica si legge che in quell’anno i monaci regolari
observantia dediti erano ventiquattro. Pochi giorni dopo il pontefice, che
accordava ai monaci la facoltà di costituire come giudice conservatore
l’arcivescovo di Palermo o l’abate di San Martino delle Scale, ribadiva la sua
benevolenza nei confronti del monastero e scriveva agli arcivescovi di Palermo
e Monreale e all’abate del monastero di San Martino delle Scale disponendo che
non permettessero che i monaci venissero molestati indebitamente sui loro beni
e diritti subendo «gravamina seu damna vel iniurias».
(Maria Antonietta Russo)
Nessun commento:
Posta un commento