Nello scandagliare per inquadrare al meglio la vicenda storica del territorio -oggi contessioto- prima dell'arrivo degli arbëreshe mi imbatto frequentemente su descrizioni relative a mulini ad acqua e mi piace sempre riproporre sul Blog le diverse ricostruzioni storiche.
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MULINO AD ACQUA.
Dal punto di vista delle innovazioni tecnologiche il Medioevo fu un'epoca in cui si fecero importanti passi avanti, soprattutto per quanto riguarda la trasformazione delle materie prime e la conversione dell'energia. L'energia eolica era sfruttata sin dal Neolitico per la navigazione a vela, ma nessun mulino a vento fu costruito in Occidente prima del XII secolo. Invece, per quanto riguarda l'energia idraulica radicali miglioramenti cominciarono assai presto.
L'USO DEL MULINO PRESSO I ROMANI
Già sul finire del I secolo a.C. Vitrusio, ingegnere e architetto romano, descrive il meccanismo dei mulini ad acqua, che i romani utilizzavano per macinare i cereali. Questa tecnicas però si diffuse solo nel corso del Medioevo, quindi molti secoli dopo la sua invenzione, probabilmente perchè in epoca antica c'era grande abbondanza di manodopera, soprattutto di schiavi, e l'energia prodotta dal lavoro di uomini e animali era considerata sufficiente. Non c'era quindi una forte spinta a utilizzare e migliorare questo "motore".
Il mondo antico sfruttò solo raramente la ruota ad acqua, la fonte di energia del mulino, per applicazioni industriali. Un caso praticamente unico è costituito dall'imponente complesso di età imperiale di Barbgal , vicino ad Arles in Francia: i mulini, sedici disposti in serie, avevano ruote di due metri di diametro e muovevano macine che potevano produrre farina per una popolazione di 8000 persone. In un organismo sociale centralizzato come l'Impero Romano, la produzione di Barbegalk poteva essere distribuita in una vasta zona, e raggiungere mercati anche remoti dal centro provenzale. Nell'era delle invasioni barbariche il complesso dei mulini di Barbgal , che lavorava per l'esportazione e i mercati lontani, non potè più essere utilizzato per i numerosi ostacoli intervenuti: la frammentazione politica, la diminuzione degli scambi, il decremento della domanda di cereali per il calo demografico, l'insicurezza dei trasporti. Per tutte queste ragioni, invece divenne indispensabile la costruzione di mulini che dovevano servire localmente i bisogni delle popolazioni rurali: tali costruzioni avanzavano dunque seguendo il ritmo dell'incremento demografico, della conquista di nuove terre, dell'aumento della produzione agricola.
I MIGLIORAMENTI TECNICI DEL MEDIOEVO: BIELLA E ALBERO A CANNE
Fra il VII e il X secolo le ruote dei mulini ad acqua divennero migliori e più grandi. L'Europa medievale riuscì a costruire modelli molto validi di ruote che sfruttavano la caduta dell'acqua dall'alto sulle pale, ma migliorò anche gli ingranaggi, rendendo possibile l'uso di ruote sia su corsi d'acqua dalla corrente molto veloce, sia su fiumi dal flusso più lento.
Il problema era quello di convogliare l'acqua in modo da garantire un movimento costante al mulino, e le tecniche utilizzate in età medievale furono diverse dalle costruzione di chiuse, che incanalavano l'acqua in modo da farla cadere dall'alto sulla ruota, all'utilizzo di pendenze naturali, presso le quali erano posti i mulini che raccoglievano così la spinta dell'acqua dal basso o di fianco, alla realizzazione di canali che portavano l'acqua direttamente verso i mulini. Gli ingegneri del Medioevo , che spesso appartenevano a ordini religiosi (come i circercensi), applicarono ai meccanismi della ruota ad acqua alberi a canne e bielle, che convertivano il moto circolare della ruota nel movimento rettilineo e alternato richiesto per alcuni processi di lavorazione come la follatura dei panni di lana (un processo attraverso il quale si rendono più morbidi e compatti), la fucinatura dei metalli, la battitura della canapa.
Il principio della canna, era noto nell'antichità, e già il tornio mosso dal piede del vasaio ne è un esempio, ma il suo uso non era mai stato associato a quello del mulino idraulico. La biella, il meccanismo che serve, insieme ad una manovella, a convertire il moto da circolare a rettilineo, è invece un'invenzione interamente medievale, grazie alla quale i meccanismi che collegavano la ruota alle assi potevano svolgere funzioni diverse e più complesse.
Il mulino ad acqua fu trasformato così da strumento usato esclusivamente per macinare in una sorgente di energia, funzionante ovunque vi fossero corsi d'acqua. Intorno al 1100, l'energia dell'acqua era utilizzata per muovere mulini che follavano i panni di lana, mescolavano acqua e malto per fare birra, battevano il ferro con magli mossi da leve, muovevano mantici per alzare la temperatura dei forni, trattavano la canapa, affilavano coltelli, segavano la legna. Nei primi documenti statistici , come il Domesday book inglese del 1086, si contano più di cinquemila mulini ad acqua, quasi uno ogni 50 abitanti.
TANTE MACCHINE MOSSE DALL?ENERGIA DELL'ACQUA
Diversamente dai loro antenati romani, gli uomini del Medioevo erano circondati da macchine mosse dall'energia dell'acqua, Nell'XI secolo vicino a Venezia, nel Sud dell'Inghilterra e sulla costa atlantica francese ve ne erano persino alcune mosse dalle maree: queste non diventarono mai una forma importante di sfruttamento dell'energia, ma sono sintomatiche dello sforzo medievale di ricavare energia inanimata dovunque fosse possibile.
Lentamente i progressi nello sfruttamento dell'energia idraulica a scopi produttivi si applicarono anche alla torcitura della seta. Forse a Bologna nel 1272 si ebbe il primo esemplare di mulino specializzato in questa funzione, che diede origine ad un'evoluzione durata fino al Seicento, quando il cosiddetto mulino alla bolognese si diffuse in modo massiccio nell'Italia settentrionale.
Le ruote idrauliche medievali contribuirono in misura notevole a risparmiare lavoro umano. Rispetto al rendimento orario di due lavoratori che facevano ruotare mole manuali, il mulino azionato dall'acqua era cinque volte superiore; i mulini più potenti, poi potevano svolgere il lavorto di quaranta uomini.
Nel Medioevo l'investimento in mulino era comunque molto redditizio per i grandi proprietari terrieri e i monasteri, i quali, esercitando i poteri bannali, potevano imporre ai contadini di usare solo le proprie macine pagando come tassa una parte del grano: i signori, laici ed ecclesiastici, ricavavano così una consistente percentuale dei raccolti.
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