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lunedì 25 gennaio 2021

Contessa Entellina. Fasci Siciliani e quadro locale (4)

 Breve cronologia generale

La riforma borbonica del 1812 con cui venivano abolite tutte le Baronie nobiliari aveva previsto che, fermo restando che i feudi  sarebbero rimasti ai baroni in piena proprietà e liberamente vendibili, tutti i feudi sottratti invece ai soppressi Enti ecclesiastici dovessero essere frammentati per poter avviare la "piccola proprietà contadina". Così non avvenne; tutti i beni degli enti ecclesiastici finirono in grandissima estensione in mano a nuovi aspiranti baroni (fuori tempo). Per capire meglio basta che i nostri lettori riflettano sul destino finale del patrimonio immobiliare-terriero di Santa Maria del Bosco. La piccola proprietà contadina a cui in tanti aspiravano si imbatte' in buona sostanza nell'ingordigia e nella connivenza della politica. 

Nel 1860  si verificò una situazione paradossale: la grande aspirazione dei contadini, alimentata fra altri anche da Garibaldi, non fu conseguita e addirittura ciò che si verificò aggravò la miseria dell'intera Isola. Braccianti e contadini che precedentemente potevano godere degli usi civici sui terreni baronali adesso si videro sbarrati gli accessi nelle proprietà private dei nuovi aspiranti "baroni". Come mai ? 

Gli aspiranti nuovi baroni ovunque si impadronirono dei Municipi facendosi nominare sindaci o facendo nominare loro amici Sindaci che come primo atto fecero sparire, in senso letterale, gli originali degli antichi "capitoli di concessione" istitutivi della Università baronale, che sia pure su logica feudale offrivano alcuni benefici e aspettative per i contadini.

A Contessa la situazione divenne pesante e non solamente qui, ma in tutta l'Isola. Subito dopo la battaglia di Ponte Ammiraglio (1860) alcune centinaia di Contessioti (alcuni dati riferiscono di 400 unità) che avevano seguito gli animatori garibaldini locali, i fratelli Vaccaro, li seguirono pure nella decisione di emigrare a New Orleans. Molte altre centinaia di contadini espulsi pure essi dai feudi si affidarono alla speranza alimentata e ben guidata dal parroco Nicolò Genovese e alle iniziative del nascente socialismo che nei comuni interni della Sicilia Occidentale, faceva riferimento a Bernardino Verro (Corleone) e a Nicola Barbato (Piana degli Albanesi).

Le agitazioni cominciarono ovunque nell'Isola e da Roma furono promosse inchieste governative e parlamentari per capire e intervenire in conseguenza; la più famosa è quella del 1874 di Franchetti e Sonnino e quella parlamentare del 1875. Il parlamentare siciliano Abele Damiani nel 1884 descrisse con molti particolari il quadro misero sia economico che morale e sociale dei contadini locali. Questa la conclusione del Damiani: "Questi fatti dovrebbero ormai impensierire e le classi colte e il Governo; che non si sciolgono le questioni coll'indifferenza, rifiutandosi dal preoccuparsene e tanto meno poi soffocandole con la forza... Chi può prevedere dove si andrà a finire perdurando questo stato d'abbrutimento?".

Ed arriviamo al 1893.

Nostro intentimento non è -al momento di rievocare il movimento locale, di Contessa Entellina, che peraltro diluito in parecchie pagine è già trattegiato. Nostro proposito è quello di trattegiare la figura di Napoleone Colajanni, che sappiamo essere stato interlocutore e amico del parroco Nicolò Genovese. 

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