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martedì 12 gennaio 2021

Didattica a distanza. Dall'apprendimento vero ai banchi con le rotelle ... (3)

  I media ci riferiscono della scuola italiana in affanno. Fenomeno non di oggi, che però con la gestione a 5stelle rischia di trasformarsi in collasso. In tutta Europa la scuola è rimasta, durante il lungo periodo della pandemia Covid-19, il presidio da salvare ad ogni costo; da noi invece -a sentire i notiziari- abbiamo e ci siamo adoperati per ottenere una conquista strabiliante: "applicare le rotelle ai banchi" a prescindere se la didattica potesse proseguire o meno. 

 E per intanto rischiamo di crescere una generazione di analfabeti. Una base elettorale idonea e su misura per i populista.

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Sul finire del '700 italiano, ancora dopo la Rivoluzione francese, l'insegnamento elementare e medio, ove esisteva, era tutto frutto della precettistica privata (ossia, per chi poteva permetterselo) o -per chi decideva- acquisibile nei seminari ecclesiastici. Non esistevano in Italia, nè altrove, istituzioni pubbliche. 

All'inizio dell'Ottocento iniziò a muoversi qualcosa grazie ad iniziali progetti illuministici impostati per una politica scolastica indirizzata al popolo, sia pure in logiche classiste e quindi non uniforme per tutti. In Italia per la scuola pubblica generalizzata ed obbligatoria per tutti (fino all'età di 14 anni) bisognerà attendere addirittura fino ai primi anni '60 del Novecento con l'istituzione della scuola obbligatoria sia elementare che media per tutti. Questa fu il primo provvedimento legislativo riformista del nascente -allora- governo di Centro-Sinistra.

Un poco di Storia a cominciare dal dopo Rivoluzione francese

In un documento "Rapporto al Re Gioacchino Murat per l'organizzazione della Pubblica istruzione" del 1809 di Vincenzo Cuoco (1770-1823), scrittore, giurista, politico, storico ed economista del napoletano, si legge, nello spirito rivoluzionario portato dalle armate napoleoniche in più parti del Continente:  

"L'Istruzione, perchè sia utile deve essere:

universale

deve essere pubblica

deve essere uniforme".

"E' necessario che vi sia un'istruzione per tutti, una per molti, una per pochi. La prima non deve formare del popolo tanti sapienti; ma deve solo istruirlo tanto, quanto basta perchè possa trarre profitto dai sapienti. Quella dei pochi deve è destinata a conservare e promuovere le scienze, le quali, siccome abbiamo detto, non si perfezionano se non da persone addette solamente ad esse.  L'istruzione di molti ha per oggetto di facilitare la comunicazione tra i pochi ed i moltissimi. I grandi scienziati, sempre pochi.  non possono essere a contatto immediato con tutto il popolo ; molte loro utili scoperte non possono essere  dal popolo comprese, molti precetti non sono mai eseguiti, se alla ragione non si unisce l'esempio di persona  dal popolo conosciuta e rispettata. Ad ottener tutto questo sono utilissimi o proprietari, i quali con istruzione e mezzi maggiori e con maggiore autorità  di esempio, dal seno della loro famiglia, sono più facilmente in contatto con gli scienziati e coi libri. e sono più efficaci a persuadere il popolo". 

Dal brano di Cuoco si intuisce subito che la visione del tempo non esprime che un primo gradino rispetto all'istruzione universale e gratuita che -come abbiamo detto sopra- arriverà negli anni sessanta del Novecento, quando arriveranno anche i sostegni per chi dall'istruzione di base obbligatoria intende proseguire nelle scuole superiori e poi fino all'Università avvalendosi anche appunto dei sostegni di natura economica.

Va probabilmente evidenziato che la linea proposta ai primi '800 da Cuoco non risente -in quel tempo- di pregiudizio nei confronti dei ceti popolari. Esisteva allora ancora una forte stratificazione sociale: da poco si era infatti usciti dalla società feudale (quindi dalla categoria di sudditi per passare a quella di cittadini) e sebbene si concepisse già l'educazione scolastica e l'istruzione come strumenti di emancipazione, ancora il popolo (qui in Italia) non era chiamato ad esercitare funzioni di guida (di governo), pertanto, ancora in quella fase, esso era tenuto a "ubbidire". Il popolo doveva trarre -in quella logica di mancata emancipazione-  profitto dai sapienti

In quel primo Ottocento si era fuori, lontani, dalla logica "democratica" e ancora di più da una logica socialdemocratica. Si stesero allora comunque le basi per l'istruzione elementare del popolo.

(segue)

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