Il Consiglio dei ministri presiduto da Mario Draghi, al termine della riunione durata circa 2 ore, ha approvato ieri all’unanimità la riforma della giustizia penale. La riunione era stata anche sospesa brevemente su richiesta di Forza Italia, per poter approfondire le innovative norme.
La nota diffusa dall’uffico stampa recita “Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità gli emendamenti governativi al disegno di legge recante ‘delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appellò (A.C. 2435) proposti dal Ministro della giustizia, Marta Cartabia”.
La riforma è necessaria per due ordini di ragioni: la prima quella di rendere certa la durata della prescrizione e quindi i tempi dei processi, in secondo luogo quella di poter accedere ai fondo del Pnrr destinanti al comparto giustizia.
Il Movimento 5 stelle è diviso tra chi sulla riforma della prescrizione vede il bicchiere mezzo pieno (il meccanismo prevede che il decorso della prescrizione del reato si interrompa con la sentenza di primo grado, ma poi si interviene sulle fasi processuali) e chi, invece, già invoca le barricate e mette in discussione la permanenza dei pentastellati al governo. L’orientamento è di prendere ancora un po’ di tempo, ma il presidente del Consiglio, Draghi, intende marciare sulla tabellina fissata per conseguire i fondi EU.
La riforma del processo penale arriverà il 23 luglio nell’Aula della Camera e soprattutto occorrà rispettare le scadenze fissate nel Pnrr (L'Unione europea esige un drastico taglio dei tempi del processo).
Cosa, in larga massima, prescrive il testo della riforma?
Si comincia dal reset della durata delle indagini preliminari, al ‘contingentamento’ della obbligatorietà dell’azione penale e al capitolo sanzioni e riti alternativi, ma soprattutto per il ritorno ‘parziale’ della prescrizione, un tema che rischia di terremotare (come sopra ricordato) definitivamente il Movimento 5 Stelle. Una parte di esso è pronto a salire sulle barricate contro ogni modifica della riforma Bonafede.
Il tema appare ai 5S spinoso pur rimasta possibile la norma che non prevede la cancellazione della riforma Bonafede fino al primo grado, mentre per i gradi successivi esiste un meccanismo processuale di “improcedibilità”: due anni di tempo per chiudere l’appello, un anno per la cassazione, decorsi i quali il processo si chiude.
Non sono previsti sconti di pena per il condannato mentre per l’assolto termina ogni procedimento.
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