Il mondo rurale (contadino) siciliano di fine Ottocento nelle testimonianze narrative viene sempre raffigurato in tutta la sua durezza e crudeltà. I protagonisti delle storie -stando ad autori come Giovanni Verga e/o Luigi Pirandello- occupano l'ultimo posto della scala sociale e conducono esistenze stentate lavorando duramente nei campi o nelle miniere per quindici ore giornaliere.
Restando alle opere dei due autori siciliani (Verga e Pirandello), ma anche alle tante ricerche sulla storia feudale del nostro territorio (Kuntissa), la campagna, i feudi, dal cinquecento fino a metà novecento, sono sempre stati raffigurati come ambienti crudi e violenti, dove le relazioni umane erano regolate dalle crude leggi economiche, dall'immediato tornaconto, dall'egoismo di parte.
Il quadro che da più fonti viene fuori è davvero negativo, lontano da certi amorevoli e dolciastri quadri romanzeschi della Rai degli anni sessanta del '900; gli storici non lasciano intendere nulla secondo cui i contadini dei feudi godessero di benessere, pur anche se assegnatari di piccole particelle di terreno a censo, come accaduto a Contessa.
Se si vuole capire quel mondo nell'ottica dei baroni, non v'è dubbio che esistono tante opere romanzesche (e persino storiche) che valutano positivamente le panoramiche tracciate in tanti libri e in tante tesi di laurea che, numerosi, trattano della Sicilia degli ultimi cinquecento anni.
La stessa vicenda feudale siciliana riletta secondo il quadro negativo e con l'ottica della cattiveria che caratterizza i contadini abbrutiti dalla miseria di quei secoli, la "Storia" dell'Isola che viene fuori è completamente diversa, è davvero una Storia -quasi- da respingere anche perchè pochi autori ce l'hanno raccontata. Si tratta tuttavia -pure in questo caso- di storia vera e riguarda la maggior parte della gente di quei secoli: pochi erano infatti i baroni, pochi rispetto ai contadini erano pure i "civili" che lavoravano per essi e tantissimi erano invece i contadini.
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