LA LEGISLAZIONE ITALIANA DEI BENI CULTURALI E
LE ISTITUZIONI PREPOSTE ALLA LORO TUTELA
(Ci proponiamo di sintetizzare l'importanza e l'obbligo di conservare tutto ciò che è documentale e che ci precede nell'identità comunitatia, Per intanto vogliamo sintetizzare le normative e le circolari della Pubblica Amministrazione).
Iniziarono i Greci e continuarono i Romani a credere nell’importanza della tutela dei monumenti e a considerare le opere artistiche e archiettoniche come proprietà pubblica. Poi a partire dal XVI secolo cominciarono ad arrivare i primi veri e propri interventi per la salvaguardia del patrimonio artistico e archeologico con diverse ordinanze del governo pontificio.
Fu con l’editto del cardinale Bartolomeo Pacca (1756-1844), il 7 aprile del 1820, che di fatto fu considerato il primo ufficiale provvedimento tutelare “Sopra le antichità e gli scavi”. Contiene tre fondamentali necessità: 1) necessità di inventariare e catalogare tutto il patrimonio artistico esistente; 2) divieto di esportare i beni antichi che sarebbero dovuti rimanere nel luogo d’origine, 3) appartenenza allo Stato di tutto ciò che fosse stato ritrovato nel sottosuolo.
Nel 1909, lo Stato italiano promulgò la prima legge in materia, la 364/1909 che ripropose i provvedimenti di tutela delle opere di interesse storico-artistico-architettonico già decretati nell’editto Pacca. Si ebbero quindi le prime nozioni su cosa intendere per «cose mobili o immobili di interesse storico, archeologico o artistico» e fu ribadito che il patrimonio storico-artistico-archeologico non può essere alienato, quindi non può essere né venduto né ceduto.
Fu inoltre stabilito che lo Stato ha la facoltà di intervenire nella tutela e nella gestione di tutte le opere d’arte, anche quelle di proprietà privata, che possono essere espropriate
Fu istituita l’amministrazione centrale e periferica incaricata della conservazione dei beni culturali.
Nel 1939 furono promulgate in pieno regime fascista la legge 1089/1939, chiamata “legge Bottai” relativa a «la tutela delle cose di interesse artistico e storico», e la legge 1497/1939 relativa alla «protezione delle bellezze naturali».
Con la prima delle leggi del 1939 si precisa cosa si debba intendere per bene culturale, affermandolo in direzione del principio di “pubblica godibilità”, nell'ammissione alla visita da parte del pubblico. Qualsiasi intervento effettuato su un bene culturale doveva soggiacere a precisi vincoli di autorizzazione e impone anche ai privati l’obbligo di “conservare” ciò che possa ritenersi di interesse culturale; regolamenta i prestiti, le importazioni, le esportazioni i ritrovamenti e le scoperte di beni culturali e prevede sanzioni in caso di inosservanza delle norme.
Le due leggi del 1939 sanciscono che i beni storico-artistico-archeologici vanno tutelati insieme alle «bellezze naturali», agli Archivi di Stato e alle «attività culturali», elementi tutti considerati parte integrante del patrimonio culturale nazionale.
Il 1 gennaio del 1948 entrò in vigore la Costituzione della Repubblica Italianail cui articolo 9, dedica alla tutela del patrimonio culturale e ambientale da parte della pubblica amministrazione adeguata attenzione: «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».
Nel maggio del 1954, in seguito alla riflessione sulle distruzioni causate dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, la prima Convenzione europea per la protezione di tutti i beni culturali dai rischi di un nuovo conflitto armato, tutti i sottoscrittori si impegnarono ad adottare tutte le disposizioni possibili per proteggerli. In tale contesto venne fuori la più sistematica articolazione della categoria dei beni culturali. La Convenzione dell’Aja è divenuta il punto di riferimento per tutte le successive convenzioni. L’art. 25 (Diffusione della Convenzione), richiedeva agli Stati di creare una “cultura” di rispetto dei beni culturali.
Nel 1963, in Italia, i lavori della Commissione Franceschini, introdussero questo importante concetto: «Appartengono al patrimonio culturale della Nazione tutti i beni aventi come riferimento alla storia della civiltà. Sono assoggettati alla legge i beni di interesse archeologico, storico, artistico, ambientale e paesistico, archivistico e librario e ogni altro bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà».
Nel 1974 il governo italiano istituì il ministero per i Beni culturali e ambientali (d.P.R. 805/1975) su iniziativa del senatore Giovanni Spadolini (1925-1994), che ne fu anche il primo ministro.
Più di venti anni dopo, il decreto legislativo 368/1998 ha istituito il nuovo ministero per i Beni e le Attività culturali ampliandone l’ambito di competenza alla promozione dello sport e dello spettacolo in tutte le sue manifestazioni, cinema, teatro, musica, danza e spettacoli itineranti. Nel 1999, con il Testo Unico (d.lg. 490/1999), è stata riunita in 166 articoli tutta la legislazione in materia di beni culturali e ambientali, comprese le leggi del 1939 che automaticamente sono decadute. Il Testo Unico, diviso in due capitoli fondamentali (il primo dedicato ai beni culturali e il secondo a quelli ambientali e paesaggistici).
L’ultimo aggiornamento legislativo in materia di patrimonio culturale risale al 2004, quando è stato introdotto il Codice dei Beni culturali e del paesaggio (d.lg. 42/2004) che ha proposto un ulteriore riordino degli interventi legislativi.
Il nuovo codice precisa che «il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici» e che «sono beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico [...], quali testimonianze aventi valore di civiltà»
Nell’articolo 10, più avanti nel testo, l’attenzione è posta sulla tutela dei beni e si afferma che «sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico» e, proseguendo, che sono inoltre da considerarsi beni culturali «le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico; le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante [....]; gli archivi, i singoli documenti, le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale; le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose; le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, rivestono come complesso un eccezionale interesse artistico o storico». Viene, inoltre, sottolineato che sono da includersi nell’elenco le cose che interessano la paleontologia, la preistoria, le civiltà primitive, gli oggetti di interesse numismatico, i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, così come le carte geografiche e gli spartiti musicali, le fotografie, le pellicole cinematografiche e i supporti audiovisivi in genere, tutto ciò che abbia carattere di rarità e di pregio. E poi a seguire, le ville, i parchi e i giardini, le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico; i siti minerari di interesse storico o etnoantropologico; le navi e i galleggianti, le tipologie di architettura rurale in quanto testimonianze dell’economia rurale tradizionale. Un elenco dunque estremamente vasto che colpisce perché svela come in una moderna accezione dell’espressione “beni culturali” vengano a essere compresi elementi anche molto differenti il cui fondamentale e necessario denominatore comune è l’essere testimonianza dell’evoluzione storica e culturale di un popolo e di una nazione.
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