Il
titolo del presente testo è anche il titolo di una monografia di Calogero
Raviotta, realizzata nell’ambito del progetto culturale “Kuntisa, hora e gluha
jonë” (Contessa Entellina, il nostro paese e la nostra lingua)
dell’Associazione “Nicolò Chetta”, presentata al Centro Culturale Parrocchiale
il 17 dicembre del 2008. La monografia, recentemente aggiornata, si propone di far
conoscere, in maniera sintetica ma esauriente, dati e notizie sulla della
Madonna della Favara. Quando
si parla della Madonna della Favara per i contessioti l’argomento può riguardare vari eventi, opere, luoghi ed istituzioni
con particolare riferimento a:
- immagine della Madonna trovata presso la
sorgente Favara
- chiesa costruita nelle vicinanze della
fontana per custodire tale immagine
- confraternita costituita da alcuni
devoti della Madonna nel 1603
- festa celebrata l’otto settembre a
Contessa Entellina
- parrocchia “Maria SS. della Favara”
- vara per portare in processione la
statua della Madonna
- fontana dove fu trovata l’immagine della
Madonna
- quartiere
formatosi attorno alla chiesa della Madonna della Favara.
Il testo di seguito riportato riguarda dati, notizie e riflessioni
sull'immagine della Madonna della Favara, mentre gli altri aspetti sopra
elencati saranno descritti nelle prossime settimane.
La Madonna della Favara, venerata dai contessioti,
secondo quanto risulta dalla memoria popolare, da documenti ecclesiastici e da
altre fonti, è anche nota con le sguenti definizioni: Odigitria di Calatamauro,
Madonna del Muro, S. Maria della Fonte, Shën Mëria e Kroit, Shënbria e Favarës,
Odhghtria ths phghs, S. Maria delle Grazie,
Maria SS. della Favara.
Il
mosaico “VERGINE con BAMBINO di Calatamauro”, conosciuto anche come “Madonna
Odigitria di Calatamauro” oggi conservato presso la Galleria Regionale della
Sicilia (Palermo, via Alloro, secondo la prof.ssa Maria Andaloro “risale al secolo XIII, seconda metà, ed
é stato eseguito da maestranze bizantine: pura testimonianza della pittura
bizantina di ambito protopaleologico, con grado di maturazione stilistica e di
padronanza dei processi tecnico-esecutivi del tutto eccezionali. Eseguito da
mosaicisti greco-costantinopolitani di cultura affine a quelli che a Messina compirono
i mosaici già nella chiesa di S. Gregorio. Frammento musivo con tessere di
materiale differente: foglie d’oro, pasta vitrea opaca, pasta vitrea
trasparente, lapideo”.
Questa
icona-mosaico presenta le
inconfondibili caratteristiche della “Odighitria” (“Colei che indica la via”),
secondo la tradizione dipinta da S. Luca: la mano destra della Madonna indica
Gesù Bambino, seduto sulla sua mano sinistra, Gesù con una mano benedice (“alla
greca”) e con l’altra tiene il rotolo.
Nel
1652
da Benedetto Marabitti viene scolpita la
statua della Madonna della Favara secondo le aspettative dei fedeli,
cioè con le sembianze della Madonna del Muro (Odigitria).
Gli
studiosi concordano prevalentemente sulla datazione del mosaico (ultimi decenni
del sec. XIII - arte costantinopolitana) e sulla sua provenienza (area
messinese).
Ma
come è arrivata nel territorio di Calatamauro un mosaico dalla Sicilia
orientale, tra la fine del secolo XIII e l’inizio del secolo XIV?
Come
riportato nella relazione “L’Odigitria di Calatamauro” (Mariella Nannipieri,
(Atti del convegno di studi “L’Abbazia di S. Maria del Bosco di Calatamauro,
tra memoria e recupero” , 17-18 aprile 2004, pubblicazione della Provincia
Regionale di Palermo, anno 2006), è
documentato che nel secolo XIV alcuni membri della comunità religiosa di S.
Maria del Bosco erano di origine messinese: fra’ Marco da Messina è presente nel 1310, mentre nel 1318 sono
presenti fra’ Matteo e fra’ Nicolò da
Messina (quest’ultimo priore dal 1362 al 1366).
Trattandosi
non di un mosaico staccato da una parete ma di una icona mosaico portatile (82x50 cm), l’immagine della Madonna
probabilmente fu portata nel territorio di Calatamauro dai monaci messinesi,
che facevano parte dei primi eremiti e religiosi di S. Maria del Bosco, i quali
esposero al culto l’immagine della Madonna in una cappella del territorio
circostante, già aperta al culto, in attesa che fosse costruita la cappella
della comunità religiosa. Nel vicino casale di Contessa, nel 1308 infatti
esistevano ed erano aperte al culto due chiese, affidate ad un cappellano di nome Benedetto. Una delle due chiesette
rurali, dedicata a S. Nicola, si trovava nella contrada attualmente denominata
Musiche, attraversata dal torrente Favara, dove forse fu provvisoriamente custodito il mosaico in
attesa che fosse trasferito nella cappella di S. Maria del Bosco, ancora in
costruzione. Purtroppo una enorme frana, testimoniata anche oggi dalla
conformazione del terreno, cancellò
chiesa e abitazioni circostanti nella
contrada Musiche e di tale evento è rimasto vivo fino ad oggi anche memoria
popolare (sentire il suono delle campane della contrada musiche è segno
premonitore di disastri).
La
Madonna della Favara
Dopo
l’arrivo degli Albanesi, che ricostruirono il casale di Contessa, fu trovata
una “lastra di pietra con
l’immagine della Madonna” nelle vicinanze della
fontana “Favara” o comunque nelle vicinanze del torrente Favara, che scorre
appunto nella contrada interessata dalla frana citata. Questo evento può essere annoverato tra le cause che determinarono
l’abbandono del casale di Contessa fino a quando fu ricostruito e ripopolato
dagli Albanesi nella seconda metà del secolo XV.
Mediante
contratto redatto dal notaio Pietro Schirò di Contessa, il 10 settembre 1651 da
un comitato di Contessioti (Simone Zamandà, Pietro Xammira, Luca Vitagliota,
sac. Don Leonardo Rizzo, Simone Schirò, Marco Dulci, Mario Mustacchia, Domenico
Lala, Francesco Lombardo, sac. Domenico Diamante, Gaspare Ferlito, e Bartolomeo
Mustacchia) viene affidato allo scultore di Chiusa Sclafani Benedetto Marabitti
l’incarico di scolpire una statua con le sembianze della Madonna del Muro,
venerata da tempo nella cappella della Madonna della Favara. Il contratto
stabilisce la data di consegna della statua e le sue principali caratteristiche:
alta sei palmi e mezzo, tutta dorata, legno di salice, da consegnare entro il
30 giugno 1652, costo 32 onze. In un altro contratto dello stesso notaio (20
marzo 1650) risulta che l’intagliatore Giuseppe Di Lorenzo, artigiano di Chiusa
Sclafani, su incarico dei Contessioti Antonino Musacchia, Aloisio Vitagliotta,
Giovanni Chetta, Pietro Chetta, Andrea Schirò, Biagio Xiamira e Giovanni
Franco, fornisce una grata di legno di noce, alta nove palmi per proteggere
l’immagine della Madonna della Favara, la citata Madonna del Muro (non la
statua che verrà scolpita due anni dopo).
Dall’analisi
comparata dei vari riscontri documentali emerge sempre più chiaramente il legame storico, artistico e religioso delle
tre immagini sacre della Madonna Odigitria, che completano il presente testo, (Icona
su legno, icona mosaico, statua) e conseguentemente da qualche anno tra gli
studiosi trova crescente condivisione l’opinione che l’ Odigitria di
Calatamauro sia la “Madonna del Muro” di Contessa Entellina, l’icona-mosaico, trovata vicino alla sorgente
Favara, conservata e venerata dai contessioti in una chiesetta fino all’inizio
del secolo XIX, quando, come scrive
Atanasio Schirò nella sua monografia su Contessa, fu trafugata da ignoti.
Oggi a Contessa la Madonna Odigitria è nota in tre immagini
artistiche diverse ma uguali nell’espressione (riprodotte ad integrazione della
presente descrizione):
- Odigitria
di S. Luca (icona su legno dipinta da papas Nino Cuccia, sec.XIX)
- Odigitria di Calatamauro( icona-mosaico
portatile, scuola costantinopolitana, opera
di artisti di tradizione bizantina dell’area messinese. sec. XIII)
- Madonna
della Favara (statua, scolpita da Benedetto Marabitti, 1652)
Per la straordinaria rispondenza delle tre immagini
(espressione, dimensioni, posizione delle mani, ecc.), le tre opere d’arte
(statua, icona e mosaico) rappresentano la Madonna Odigitria, immagine molto nota e venerata nell’Oriente
bizantino. La statua, tipica immagine sacra dell’Occidente romano, riproduce la
Madonna della Favara con le tradizionali sembianze dell’Odigitria di S. Luca
(icona e mosaico) e pertanto è una rarissima testimonianza di fusione della
tradizione artistica sacra orientale (icona) con quella occidentale (statua).
La Madonna
della Favara, venerata a Contessa Entellina, può essere invocata quindi
con i vari titoli, sopra riportati, di
cui è stato trovato riscontro diretto e indiretto sia nella tradizione popolare
sia nei documenti elencati di seguito nel paragrafo dedicato alla bibliografia.
(I - continua)
Bibliografia più
significativa
- Spiridione Lo Jacono “Memoria sull’origine e fondazione della Comune di Contessa, Colonia greco-albanese di Sicilia” (Tipografia
Virzì, Palermo 1880)
- Atanasio Schirò, “Il Monastero di S. Maria
del Bosco di Calatamauro in Sicilia” (Tipografia e legatoria del Boccone del
Povero - Palermo, 1894)
- Atanasio Schirò , “Memorie storiche su
Contessa Entellina" (Palermo, 1904, opera postuma a cura del canonico Nicolò
Genovese)
- Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e
XIV relative alla Sicilia (Ed. Pietro Sella, Studi e Testi n.112 - Città del
Vaticano, 1944): al n.1487, p.111
- Calogero Raviotta in Atti
del convegno 3° centenario di istituzione della parrocchia latina di Contessa Entellina
1698-1998 “La Madonna della Favara a
Contessa Entellina: immagine, chiesa, congregazione, processione, parrocchia, vara), (Grafiche Renna,
Contessa E., 2000).
- A. G. Marchese in Città
Nuove, anno XIV, N° 1 marzo 2004, Pandora, Corleone 2004,
p. 9.
- Calogero Raviotta , “Shën Kolli te Muzgat - La Chiesa di S. Nicola nella contrada
Musiche”, (Associazione Culturale “Nicolò Chetta”, 2008)
- Giorgia Pollio “Madonna con Bambino”, Tav.19
del libro-Calendario 2009 (La Casa di Matriona)
della Fondazione Russia Cristiana (Milano, via Ponzio 44)
- Mariella
Nannipieri, “L’Odigitria di Calatamauro”
relazione al convegno di studi
“L’abbazia di Santa Maria del Bosco
di Calatamauro”, 17-18 aprile 2004 (Atti pubblicati dalla Provincia Regionale di Palermo, 2006)
- Calogero
Raviotta , “Origini e storia di Contessa Entellina”, (Comune di Contessa
Entellina, 2008)
- “Presenze
bizantine a Contessa”, tesi di laurea di Antonella Giocondo (Relatore prof.ssa
M. A. Lima, Università di Palermo,
Facoltà di Lettere e Filosofia, luglio 2009).
Calogero Raviotta
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