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domenica 9 febbraio 2014

Il tempo prequaresimale nella tradizione bizantina ·

da L'Osservatore Romano
Così recita uno dei detti dei padri del deserto: «Uno dei padri raccontò che vi era un monaco molto laborioso, che indossava una stuoia. Si recò un giorno da abba Ammone. L’anziano lo vide vestito da una stuoia e gli disse: “Questo non ti giova a nulla”. L’altro gli domandò: “Sono preso da tre pensieri: se vagare nel deserto, se andare in terra straniera dove nessuno mi conosca, o se invece chiudermi in una cella, non rispondere a nessuno, e mangiare un giorno sì e un giorno no”. Abba Ammone gli disse: “Nessuna di queste tre cose ti giova. Rimani piuttosto nella tua cella, mangia un po’ ogni giorno, medita incessantemente nel tuo cuore la parola del pubblicano, e potrai salvarti».
Con la pericope del pubblicano e del fariseo inizia nella tradizione bizantina il periodo liturgico che porta il nome di Triodion, e che conta dieci domeniche prima della Pasqua; si tratta del periodo liturgico che ci porterà alla celebrazione sacramentale della passione, della morte e della risurrezione del Signore. Periodo liturgico e libro liturgico con lo stesso nome, Triodion, dalle tre odi che vengono cantate nell’ufficiatura del mattutino.
È interessante soffermarsi sulle prime quattro domeniche del Triodion, quelle che precedono l’inizio della Grande Quaresima. Anche la tradizione latina ha avuto un periodo simile con le domeniche di septuagesima, sexagesima e quinquagesima. L’inizio del Triodion non è l’inizio di un periodo per sè, che ha una autonomia all’interno dell’anno liturgico, quindi della vita della Chiesa e di ogni cristiano, ma è l’inizio di un periodo che deve portare alla Pasqua. Tutto quello che verrà vissuto, celebrato, assunto, tutto l’aspetto penitenziale che si sottolineerà nella Grande Quaresima, deve portare, deve guardare sempre alla Pasqua del Signore.
La liturgia è sempre un luogo teologico, cioè un luogo dove Dio parla, dove Dio ci parla; la liturgia, poi, è un luogo anche pedagogico, e ciò nel senso più letterale del termine, cioè quel mezzo, che accompagna verso la piena configurazione con il Signore che si è incarnato, che è morto e che è risorto. Quest’anno poi l’inizio del Triodion si trova soltanto a una settimana della festa del 2 febbraio, la festa dell’Incontro del Signore, che è una festa che ha un senso fortemente pasquale. Infatti il tropario della festa si conclude con la frase: «Ci conceda anche il dono della risurrezione». Una frase che ci fa guardare già verso la Pasqua.
Esaminando un po’ in dettaglio le quattro domeniche pre quaresimali dell’inizio del Triodion, vediamo che portano dei nomi diversi legati o alla pericope evangelica letta, oppure a qualche aspetto celebrato in esse: la domenica del fariseo e del pubblicano, quella del figlio prodigo, la domenica del giudizio finale o del carnevale ed infine quella dei latticini, chiamata anche di Adamo ed Eva. Sono delle domeniche in cui i brani evangelici ci propongo dei punti importanti per la vita cristiana.
La domenica del fariseo e del pubblicano con la pericope evangelica di Luca, 18, 10-14, sottolinea l’atteggiamento di umiltà, necessaria alla vita di ogni cristiano, la confessione sì del proprio peccato, ma soprattutto la confessione della grandezza di Dio nell’amore. Il Vangelo pure sottolinea un altro atteggiamento, quello del non disprezzo del fratello; il fariseo, nel testo evangelico, non viene giustificato, e questo non per il fatto che si glori delle sue osservanze religiose, ma nel momento in cui dice: «Ti ringrazio perché non sono come lui».
Uno dei tropari del mattutino di questa domenica mette in luce il tema del pentimento del peccatore e la grande misericordia del Signore, che scaturisce dalla sua stessa incarnazione: «Come il pubblicano, offriamo gemiti al Signore, e gettiamoci ai suoi piedi quali peccatori davanti al Sovrano: egli vuole infatti la salvezza di tutti gli uomini e concede la remissione a tutti quelli che si pentono, perché per noi si è incarnato, lui che è Dio, coeterno al Padre».
La domenica del Figlio prodigo, in Luca, 15, 11-32, mette in luce il tema del pentimento e dell’amore fiducioso nel Padre misericordioso, ma anche il possibile rifiuto di accogliere il pentimento del fratello peccatore che si converte e torna alla casa paterna. Il kontakion del mattutino mette sulle labbra di ciascun fedele le parole del figlio prodigo per l’essersi allontanato da Dio, quasi fosse lo stesso allontanamento di Adamo dal paradiso, «dalla gloria paterna»: «Mi sono stoltamente escluso dalla tua gloria paterna e ho dissipato nel male la ricchezza che mi avevi trasmesso; per questo a te le parole del figliol prodigo: “Ho peccato davanti a te, padre pietoso: ricevimi nella penitenza, e trattami come uno dei tuoi mercenari”».
La domenica del giudizio finale, con la lettura della pericope di Matteo, 25, 31-46, sottolinea la necessità — la centralità — dell’amore verso il Signore che si fa presente nel fratello che soffre, che è malato, che è prigioniero. Uno dei tropari del mattutino ancora propone una lettura cristiana del digiuno e dell’astinenza, lettura che dovrebbe segnare tutto il percorso quaresimale: «Il profeta Daniele, divenuto uomo prediletto, contemplando la sovrana autorità di Dio, così gridava: “La corte si assise e i libri furono aperti. Bada, anima mia: digiuni tu? Non usare perfidia col prossimo. Ti astieni dai cibi? Non giudicare il fratello, perché tu non venga mandata al fuoco a bruciare come cera, ma il Cristo ti faccia piuttosto entrare nel suo regno senza impedimenti”».
Infine la domenica dei latticini, chiamata anche di Adamo ed Eva, con la lettura di Matteo, 6, 14-21, ci ricorda la necessità del perdono dell’altro prima di qualsiasi preghiera, prima di qualsiasi digiuno; e l’importanza che la preghiera esteriore, il digiuno esteriore sia riflesso di una preghiera e di un digiuno nel cuore. Due dei tropari del mattutino danno la chiave di lettura di questa domenica ormai alle porte del periodo quaresimale: «Guida di sapienza, elargitore di prudenza, educatore degli stolti e protettore dei poveri, conferma, ammaestra il mio cuore, o Sovrano; dammi tu una parola, o Parola del Padre, poiché, ecco, io non trattengo le mie labbra dal gridare: O misericordioso, abbi misericordia di colui che ha prevaricato! Sedette un tempo Adamo e diede in pianto davanti al paradiso di delizie, battendosi il volto con le mani. Partecipa, o paradiso, al dolore del padrone divenuto povero, e col fruscio delle tue foglie supplica il Creatore che non mi chiuda fuori. O misericordioso, abbi misericordia di colui che ha prevaricato!».
All’inizio abbiamo citato il testo dai Detti dei padri del deserto perché, assieme ai tropari citati indicano il senso più profondo di queste dieci settimane che ci porteranno alla Risurrezione del Signore: «Digiuni tu? Non usare perfidia col prossimo. Ti astieni dai cibi? Non giudicare il fratello». «Rimani nella tua cella, mangia un po’ ogni giorno, medita incessantemente nel tuo cuore la parola del pubblicano, e potrai salvarti».
di Manuel Nin

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