Premessa
Dopo
il testo di mons. Enrico Galbiati (12.02.14), dedicato alle testimonianze
storiche, religiose e culturali di Contessa, propongo all'attenzione dei
lettori del blog un altro splendido testo, scritto dall’avv. Raimondo Piazza di Mussomeli, dopo un breve
soggiorno a Contessa, ospite della sorella Serafina Piazza, per parecchi anni
titolare dell'incarico comunale di levatrice.
I due noti studiosi e
intellettuali "non contessioti" autori dei testi, descrivono magnificamente e con
grande ammirazione storia, territorio e patrimonio culturale di Contessa,
dimostrando, una profonda sensibilità ed un grande interesse per la peculiare
identità culturale del nostro paese natio, che noi contessioti a volte non
riusciamo a cogliere e testimoniare. Per questa
motivazione, i due testi, per lo
stile e per il contenuto, costituiscono
uno stimolo per essere letti ed un contributo per meglio conoscere Contessa
Entellina.
Il testo "Contessa
Entellina nei suoi dintorni e nel suo maggior tempio" dell'avv.
Piazza, di seguito riportato tra virgolette, fu pubblicato dal quotidiano di
Palermo L'ORA.
“Ponendo piede in Contessa
Entellina, quel paese che sembra avergli dato la Natura tutta la sua bellezza e
tutto il suo fascino, ci trasportiamo con la nostra fantasia ad otto chilometri
circa da quest’abitato sopra la sommità di un monte, relativamente
pianeggiante, ove vuolsi sorgesse Entella, quella città che oggi soltanto vive
in una storia nebulosa e che diede a
Contessa il suo orgoglioso attributo.
Delle rupi inaccessibili
precingono quel monte come tante amazzoni alla sua difesa, consentendo solo da
una parte, cioè a Nord, la salita su quella sommità, oggi museo di quelle preziose vestigia a cui é volta il
cielo e pareti i più vasti orizzonti. Dei cocci di terracotta, delle colonne
spezzate, tutto dice di una grandezza passata, di una potenza tramontata dei
secoli.
La storia, nei suoi barlumi
di verità e di leggenda, attribuisce la fondazione di Entella ai Troiani, ossia
agli Elimi, quella gente che venne in Sicilia con Egesto, ed Elimo, dopo
l’eccidio di Troia, e che si stabilì nella parte occidentale dell’Isola. Il
Natoli, nel suo recente volume “Storia di Sicilia”, ci porta nella città di
Entella fino al 1062 d. C.
Nel 397 a. C., Diogene, nel
decretare la guerra contro Cartagine, sottomise Entella, portando il grosso del
suo esercito sotto quelle mura. Nel 345 a. C., venne questa città assediata dai
Cartaginesi e allorché passò sotto la dominazione di Roma, fu una città
decumana, come Agrigento, Gela, Enna, Solunto, Apollonia, Assaro ed altre
ancora.
Fra le mura che recinsero
quella città non poteva non sorgere un tempio a Venere, la dea per cui gli
Elimi ebbero un culto più grande, la venerazione più profonda.
Come ad Erice, così ad
Entella ebbe Venere delle feste, come dice il Di Blasi. Ebbero pure il lato
abominevole, per le laidezze che si commettevano da quelle donzelle addette al
sacrificio di Venere. Ebbero pure in quelle città il loro culto e delle feste,
che eccelsero per il loro tripudio, Cerere e Proserpina.
I dintorni di Contessa Entellina hanno tutto l’incanto di
un bacio generoso della natura.
Dalla cima del monte sulle
cui pendici Contessa si arrampica con le sue candide case, noi scorgiamo il più
affascinante panorama, che vasto ed ondeggiante si estende con le sue vallate e
i suoi monti. Si vedono disseminati, in questo orizzonte, Gibellina, Roccamena,
Campofiorito e Realmonte. Come una inaccessibile fortezza, il convento e la
chiesa della Madonna del Balzo stanno attaccati al dorso del Monte Triona;
mentre sorride, con il suo verde, l’altura della Madonna del Bosco, sovrastata
dalla chiesa e dalla vecchia Abbazia.
Dalle prime case di Contessa
Entellina, fino laggiù ad un burrone, é tutto un tappeto di una lussureggiante
vegetazione, frammezzata da dominanti pini: é questa la contrada Musiche che
sprigiona tante melodie, simile al canto di mille e mille uccelli, che si
diparte da quel verde per echeggiare in tutta la sua dolcezza nella quiete
dell’abitato.
Ritornando dopo appena un
anno a Contessa, noi troviamo il suo maggior tempio, che lasciammo nell’ultima
nostra visita nel fervore dei restauri, palpitante nel culto, splendente nelle
sue decorazioni. Il candore dei suoi stucchi, il ritocco delle sue pitture
murali, l’artistico altare bizantino, che ha ridato a quel tempio il suo vero
aspetto di chiesa greco-bizantina, il luccichio dei marmi, tutto ci porta a
rendere omaggio a tre munifici cittadini di Contessa, i fratelli Giuseppe,
Felice e Luca Vaccaro, di questi ora soltanto i primi due viventi, che hanno
dimostrato con le più generose elargizioni come si ama il proprio paese natio,
benché da tanti anni loro si trovino nella lontana America.
Quando quel tempio, nel 1924,
minacciava rovina e le sue condizioni statiche rappresentavano un continuo
pericolo, una Commissione di contessioti
si costituì pure in America, per raccogliere i fondi necessari per i restauri
al primo tempio del luogo, tanto caro al proprio cuore. Sentì questa Commissione
il bisogno di chiedere il suo obolo ai tre fratelli, conoscendo le loro
floridissime condizioni economiche; ma grande fu la sorpresa, quando questi tre
contessioti proibirono qualsiasi raccolta, assumendo loro la spesa non
indifferente di tutti i restauri della Madre Chiesa del loro paese natio. Più
di L.300.000 hanno rimesso sin oggi e in varie riprese, quei generosi figli di
Contessa ed oggi quel tempio é della loro munificenza e del loro sentimento di
patria il più grande e splendido monumento.
Nell’attività del culto nulla
fa difetto in quella chiesa. Il parroco
papas Michele Lo Iacono, alla sua profonda cultura accoppia pure una
fattività mirabile, una dedizione completa a quel tempio, che sa di tante sue
fatiche, acciocché potesse quel sacro luogo essere la suprema espressione di
quel rito elevato da Papa Pio XI alla sua antica dignità.
Noi, lasciando Contessa, portiamo di questa colonia
albanese il fascino del suo sorriso, il ricordo più bello di un tempio, dovuto
alla immensa generosità dei fratelli Vaccaro.”
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