ABTI ovvero APTI oppure AMBTI o infine AMPTI
Distintivo dei soci della Congregazione della Madonna della Favara
Queste quattro parole
a Contessa vengono usate per indicare il "distintivo", che una volta
i membri della Congregazione della Madonna della Favara portavano nelle
manifestazione pubbliche (processioni, funerali, ecc.), per testimoniare la
loro presenza, anche in attuazione di un dovere previsto per i soci dallo
statuto della Congregazione medesima.
Subito sorge il
dubbio che si tratti di quattro parole diverse, per significato e origine, in
quanto indicano inequivocabilmente lo stesso oggetto.
Dalla lettura delle
quattro parole, per la loro quasi totale affinità ortografica e fonetica,
emerge subito la considerazione che da una sola parola originaria siano
derivate poi le altre.
Ma quale, delle
quattro, é la parola originaria più probabile? Forse si può arrivare ad una
risposta attendibile, chiarendo cosa indicano queste parole e l'uso cui era
destinato l'oggetto indicato.
Per ragioni pratiche
intanto la parola "abti", sarà indicata di seguito, invece delle altre tre, per
spiegare l'oggetto e la destinazione.
L'abti é un
distintivo dei soci della Congregazione della Madonna della Favara ed é
costituito da due rettangoli in cartone
rigido, foderati di stoffa, collegati tra loro da due nastri paralleli, che
reggono appunto i due rettangoli: uno sul petto e uno sulla schiena. Sul
rettangolo che pende sul petto é riportata l'immagine della Madonna della
Favara, mentre sul rettangolo che pende sulle spalle é riprodotta la "M", lettera iniziale della parola
"Madonna".
E' stato possibile ammirare
alcuni abti a Contessa in una mostra, dedicata il 9 dicembre 1998 alla
celebrazione del III centenario d'istituzione della parrocchia latina. Questi
"distintivi" sono oggetti
sconosciuti per molti contessioti giovani,
mentre sono molto noti alle persone anziane, perché utilizzati fino a
pochi decenni addietro dai membri della Congregazione della Favara, i quali li
hanno però sostituiti in tempi recenti da una coccarda molto semplice abbinata
all'immagina della Madonna della Favara.
Ancor oggi molte
famiglie a Contessa conservano l'abti, che apparteneva a nonni, zii o genitori,
che non ci sono più. Alcuni esemplari si possono ammirare al Centro Culturale
Parrocchiale.
Pur non essendo più
utilizzati gli abti costituiscono però una testimonianza significativa di
alcuni aspetti sociali e religiosi del passato.
Lo statuto della
Compagnia della Madonna della Favara del 1603, approvato dal vescovo di
Agrigento, alla cui giurisdizione ecclesiastica allora afferiva Contessa,
descriveva l'abito che i congregati
dovevano vestire in certe occasioni, indicandone anche dettagliatamente le
varie componenti (tunica, calzari, ecc.), per cui si trattava di una vera
divisa, di un vero abito.
Anche lo statuto
della nuova Congregazione della Madonna della Favara, fondata nel 1882,
prescriveva che i congregati dovessero portare l'abito, anche se non ne descrive i vari componenti, come lo statuto
del 1603.
Questa costatazione
suggerisce la considerazione che, col passare del tempo, l'abito dei congregati, come viene letteralmente inteso, cioé un
vestito particolare uguale per tutti e indossato in passato, viene sostituito
dall'abti e poi dalla coccarda usata
ancor oggi.
L'originaria divisa
del congregato (un vero abito), l'abti e la coccarda, nella loro successione
cronologica, sono pertanto un segno "distintivo" dei soci della
Congregazione della Madonna della Favara.
Da quanto finora
detto si deduce chiaramente che le tre parole del titolo (ampti, apti, ambti),
che sono molto simili e indicano lo stesso oggetto, sono una variazione
ortografica (modo di scrivere) e fonetica (modo di pronunciare) dell'originaria
parola "abito", determinata dalla necessità di rendere il termine
italiano nella lingua albanese parlata a Contessa.
Questa variazione
ortografica e fonetica trova un riscontro nella condizione linguistica
particolare dei contessioti: nel periodo di uso dell'abti quasi tutti parlano la lingua albanese, pochi conoscono la
lingua italiana ed il dialetto siciliano e pochissimi sanno leggere e scrivere
la lingua arbëreshe.
In questo contesto
culturale non é difficile immaginare come l'originaria parola italiana
"abito", scritta nello statuto, nella vita pratica, nella parlata
albanese corrente sia diventata "abti" e poi da alcuni pronunciata
"ambti" ampti" o "apti".
Quindi la parola che indica il
"distintivo" dei soci della Madonna della Favara, nella versione
prevalente rimasta nella memoria dei contessioti di oggi, é APTI: deriva
dall'originario "abito", che, per l'influsso fonetico della lingua
albanese molto usata a Contessa, si é trasformato prima in "abti" e
poi in "apti".
Certamente analoghe
evoluzioni si possono riscontrare in tante altre parole, che indicano
soprattutto toponimi e oggetti non più utilizzati nella vita pratica odierna.
Una ricerca attenta
in questo campo può portare non solo al recupero di parole scomparse, ma anche
alla scoperta di alcuni aspetti della vita della nostra comunità che sono
scomparse o radicalmente cambiate (lavoro, tradizioni familiari, religiose,
ecc.).
Il toponimo
"Zimbiteri", che indica la via che collega via Vergine e via Morea,
attigua alla casa parrocchiale, è un altro esempio di arbëreshizzazione (si può
dire?) della parola italiana "cimitero", perché accanto a questa via
c'era il cimitero della Congregazione della Madonna della Favara (in parte
sotto il pavimento della chiesa ed in parte nell'area dove oggi sorge la casa
parrocchiale), come alcuni anziani ancora ricordano: la casa parrocchiale è
stata costruita nell'anno 1935 circa. (Secondo l'alfabeto albanese
"Zimbiteri" va correttamente scritto "Ximbiteri").
Nessun commento:
Posta un commento