Maurizio Ferrera, professore ordinario di Scienza politica nell'Università Statale di Milano, è tra i maggiori esperti europei di welfare. Scrive per il "Corriere della Sera" e ha partecipato a commissioni di lavoro del governo italiano, dell'Unione europea, dell'OCSE e dell'ILO. Nel 2013 ha ricevuto un Advanced Grant dal prestigioso European Research Council per un progetto di ricerca dal titolo "Reconciling Economic and Social Europe" (REScEU). Ha pubblicato con Il Mulino, Mondadori, Oxford UP e Routledge. L'ultimo suo libro è Alle radici del welfare all'italiana (con V. Fargion e M. Jessoula, Marsilio 2012).
Nato a Napoli nel 1955,
L’Europa che invecchia
necessita di giovani africani laureati
Per sostenere economicamente l’invecchiamento
della popolazione, i Paesi Ue hanno bisogno di più
crescita e innovazione. Senza un rapido incremento
delle competenze dei giovani (in particolare nelle
discipline Stem), questo obiettivo risulta difficilmente
raggiungibile. In diversi Paesi Ue e in molte regioni
al loro interno il «bacino dei talenti» è attualmente
sottodimensionato. La quota di laureati nella classe
di età 25-34 è pari al 41% in media Ue, solo il 21%
in Italia. Un numero già oggi insufficiente per riempire
i posti di lavoro nei settori dell’economia verde, di
quella digitale e di quella «bianca» (servizi socio-sanitari).
L’ incremento del tasso di laureati è un imperativo,
ma il declino della natalità sta riducendo la platea di giovani.
In Italia nel 2022 sono nati meno di 400 mila bambini,
con un calo del 25% rispetto al 2012. Anche se, grazie a
investimenti e incentivi, i nuovi nati si laureassero tutti
(cosa ben poco probabile), fra una trentina d’anni il capitale
umano disponibile non sarebbe comunque sufficiente.
Occorre perciò mettere a punto una seconda e complementare
strategia: attrarre talenti dai Paesi Terzi, favorendo
l’immigrazione di giovani qualificati.
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