Uno studio -non da storici- del modo di vivere,
ma da cui si coglie la differenziazione sociale
Dal post terremoto ‘68 le abitazioni degli uomini, degli esseri umani nella Valle del Belice hanno subito trasformazioni tali che oggi è quasi impossibile descrivere a chi e’ un ventenne come, allora, si viveva e conviveva all’interno delle dimore. Quell’evento naturale ha, tra le sue tante novità, trasformato lo stile di vita nell’intera Valle, territorio che allora era fra i più poveri e meno attenzionati dalla Politica nell’intera Sicilia.
Sul mondo pre-terremoto esistono parecchi studi socio-economici che fotografano la realtà umana dei paesi agricoli. Specificatamente su Contessa Entellina, restano ancora oggi più puntuali quelli curati da Anton Blok, antropologo olandese.
Nei propositi del blog c’è quello di accennare quale è stato lo stile di vita degli anni sessanta nei paesi rurali dell’interno dell’Isola, degli anni anteriori al terremoto. Ad incuriosirci su quegli anni saranno i mobili ed in genere gli arredi di legno o -rarissimamente- di ceramica; interessanti potranno risultare pure le piante delle case (secolari), generalmente prive al loro interno dei servizi igienici.
Gli atti notarili del tempo -in verità- non erano molto interessati nel descrivere le abitazioni. Generalmente riportano, trattandosi di abitazioni umili, la distinzione tra abitazione terranea (monocellulare) e solerata (con la camera sul solaio). In quest’ultima circostanza l’ambiente complessivo non si distingueva dalla stalla che occupava il pianoterra.
Negli ambienti che si affacciavano nei cortili (baglio) alcuni servizi erano collettivi: la pila, i sedili fissi, le dukene che secondo gli antropologi sanno di richiami arabi.
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