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sabato 23 marzo 2024

Il libro del potere … di Simone Weil

 La guerra in Ucraina è quell’altra nella Striscia di Gaza 

La guerra, tutte le guerre sono esibizioni di forza. L’intelligenza, il buon senso non esiste in nessuna delle parti che si combattono. Ne siamo convinti e ne era convinta Simone Weil (filosofa, mistica e scrittrice francese, la cui fama è legata, oltre che alla vasta produzione saggistico-letteraria, alle drammatiche vicende esistenziali che ella attraversò, dalla scelta di lasciare l'insegnamento per sperimentare la condizione operaia, fino all'impegno come attivista partigiana,  nonostante i persistenti problemi di salute).

Vogliamo riportare sul blog uno dei tanti saggi che Simone Weil scrisse sul tema della forza e del potere  che governano le relazioni quotidiane tra le persone, generando violenza, arbitrio, sopraffazione, e sul tema dell’amore un’altra diversa espressione della forza, più misteriosa ma capace però di aprirci a un mondo più’ umano. 

Riporteremo brevi stralci settimanali con l’intento di invitare a riflettere su quanto accade nella guerra Russia-Ucraina e in quella Israele-Striscia di Gaza. E non solo li’; in Africa di guerre guerreggiate se ne contano tante ignorate dai nostri media.

* * *

L’Iliade o il poema della forza

Di Simone Weil

Il vero eroe, il vero argomento, il centro dell’Iliade, e’ la forza. La forza adoperata dagli uomini, la forza che sottomette gli uomini, la forza davanti alla quale la carne degli uomini si ritrae. L’animo umano appare di continuo modificato dal suo rapporto con la forza: è travolto, accecato dalla forza di cui crede di disporre, piegato sotto il giogo della forza che subisce. Chi si illude che la forza, grazie al progresso, appartenga ormai al passato trova in questo poema un documento; chi sa riconoscere che la forza, oggi  come un tempo, è al centro di ogni storia umana, vi trova il più bello, il più puro degli specchi.

La forza e’ ciò che trasforma in cosa chiunque le sia sottomesso. Quando viene esercitata fino in fondo, tramuta l’uomo in una cosa nel senso letterale del termine, perché ne fa un cadavere. Un attimo prima c’era qualcuno e quello dopo nessuno più. E’ un’immagine che nell’Iliade ricorre di continuo:

Destrieri dall’alta cervice trascinavano rumorosamente

i carri vuoti per il campo di battaglia, sentendosi senza

più i loro bravissimi aurighi. Essi giacevano la’ sul terre-

no, più cari ormai agli avvoltoi che alle proprie mogli.

L’eroe è una cosa, attaccata dietro a un carro e trascinata nella polvere:

Di qua e di là si sparpagliavano le chiome brune, per

intero posava sul suolo la testa, un tempo piena di

grazia. Ma allora Zeus  permise ai  nemici di far strazio

dell’eroe, la’ nella terra dei suoi padri.

La scena ci viene fatta assaporare nella sua pura amarezza, per nulla mediata da una narrazione consolatoria, dalla promessa dell’immortalità, da una vaga aura di gloria o patria.

L’anima volando via dalle membra se n’ando’ alla casa

di Ade, e lamentava la sua sorte  nel lasciar la forza virile

e la giovinezza.

Ancora più struggente, tanto doloroso e’ il contrasto, e’ l’improvvisa e appena accennata evocazione dell’altro mondo, quello lontano, precario e commovente della pace, della famiglia, quello in cui ogni individuo è per coloro che lo circondano ciò che più conta.

 Aveva ordinato alle ancelle dalle belle chiome, la’ nella

stanza, di mettere sul fuoco una grossa caldaia: voleva

che fosse pronto per Ettore un bagno caldo, al suo

ritorno dalla battaglia. Povera infelice! E non sapeva

che, ben lontano dal bagno in casa, l’aveva abbattuto

la dea dagli occhi lucenti Atena, per mano di Achille.

Certo lo sventurato era ben lontano dai bagni caldi. E non era il solo. Quasi tutta l’Iliade si svolge lontano dai bagni caldi. Quasi tutta la vita umana si svolge da sempre lontano dai bagni caldi.

La forza che uccide e’ una forma sommaria, grossolana di forza. Ben più varia nelle sue manifestazioni, ben più sorprendente nei suoi effetti e’ l’altra forza, quella che non uccide; o meglio, quella che non ha ancora ucciso. Quella che certamente , o molto probabilmente, lo farà, che è sospesa sul capo di qualcuno e potrebbe ucciderlo da un momento all’altro; in ogni caso essa trasforma l’uomo in pietra. Dal potere di trasformare  l’uomo in cosa procurandone la morte procede un’altro, e ben diversamente prodigioso, potere: quello di tramutare  in cosa un uomo che resta vivo. Che essere strano e’ una cosa dotata di anima; che strano statoper l’anima. Quanto le costa doversi adattare a ciò, contorcersi e ripiegarsi  su se stessa in continuazione? L’anima non è fatta per abitare  una cosa; quando vi è costretta, subisce violenza in ogni sua parte.

Un uomo disarmato è nudo che sta per essere colpito da un’arma diventa cadavere prima ancora di essere toccato. Per un istante egli continua a connettere, agire, sperare:

Così sperava la’ fermo. E l’altro gli venne accosto,

sgomento: mirava ansiosamente a toccargli le ginocchia,

voleva proprio sfuggire alla triste morte e al nero

destino … Con una mano, gli stringeva supplichevole 

le ginocchia, e con l’altra tratteneva la lancia acuminata

e non la lasciava.

Ma presto comprende che l’arma non cambierà direzione e, mentre ancora respira, già diventa materia e, mentre ancora pensa, già non è più in grado di pensare.

Così gli diceva lo splendido figliolo di Priamo, pregandolo

vivamente. Ma spietata fu la risposta che udì ( …).

Così diceva. E a Licaone si sciolsero allora le ginocchia,

 venne meno il cuore. Lascio’ andar l’asta, e si accasciava 

la’ a braccia aperte. Estraeva, Achille, la spada aguzza e

lo colpì alla clavicola, presso il collo. Tutta si immerse

dentro, nella carne, l’arma a doppio taglio. E il giovane

gìaceva a terra, disteso, con la faccia in giù. Il nero

sangue colava fuori e inumidiva il suolo.

Quando, lontano dalla battaglia, uno straniero debole e disarmato supplica un guerriero, egli non firma per questo la propria condanna a morte; ma basterebbe un attimo di impazienza  da parte del guerriero a togliergli la vita. Sarebbe sufficiente per privare  la sua carne  della proprietà primaria di carne viva. Un lembo di carne viva manifesta vitalità prima di tutto attraverso il sussulto; la zampa di una rana sussulta a contatto con l’elettricità; la vicinanza o il contatto con una cosa orribile  o terrificante fa sussultare qualsiasi tocco di carne, nervi e muscoli. Ma quell’individuo supplicante, e  solo, non trasalisce, non freme; non ne ha più la capacità; anzi, finirà con l’avvicinare le sue labbra all’oggetto che più gli fa orrore:

Entrava il grande Priamo, e loro la’ non se ne accorgevano.

Ed ecco gli veniva vicino, ad Achille, gli prese le

ginocchia e baciò le mani: le terribili mani sterminatrici

che gli avevano ucciso tanti figli.

Lo spettacolo di un uomo ridotto a un simile grado di sventura atterrisce quasi quanto la visione di un cadavere:

E come quando un grave accecamento coglie un uomo

che ammazza un altro in patria, e se ne va in terra

straniera a casa di un ricco signore, al suo comparire 

suscita stupore in chi lo vede: attonito così Achille

mirava Priamo simile a un Dio. Stavano sospesi anche

gli altri, e si guardarono in faccia.


(Segue)


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