Nella seconda metà dell’Ottocento l’idea socialista di dignità e del ruolo del fattore lavoro nell’ambito della vita sociale ed in quella del sistema produttivo del Paese si era già affermata nelle fabbriche delle città e delle campagne del Settentrione e cominciava a penetrare pure nelle fasce sociali delle campagne siciliane dove l’analfabetismo raggiungeva percentuali altissime, prossime al 100%.
La rivista Critica Sociale dei primi anni ‘90 dell’Ottocento rilevava che mentre il Partito Socialista si era ormai diffuso rapidamente anche nelle campagne occorreva porre l’attenzione e cura sui contadini, che erano rimasti, fino ad allora, piuttosto dimenticati dalla propaganda e dal coinvolgimento rispetto agli operai del settore industriale. La rivista, guidata da Filippo Turati, il primo aprile del 1893 rivolse quindi l’appello a tutti i propri simpatizzanti dei paesi e villaggi perché portassero un contributo di pratiche e di esperienze che aiutassero ad elaborare il programma e gli indirizzi del Partito su come affrontare il grave fenomeno del latifondismo pesante che regnava -in forme più che pesanti e più che arretrate- in Sicilia, soprattutto.
La repressione crispina ai danni del movimento dei Fasci Siciliani |
Grazie all’avvenuta pubblicizzazione, da qualche anno, degli atti costitutivi delle sedi territoriali del Movimento dei Fasci Siciliani, possiamo asserire che l’appello lanciato in quel primo aprile del 1893 da Filippo Turati, -qui a Contessa E.- trovo’ ascolto con la costituzione della sezione del Fascio dei Lavoratori di Contessa Entellina, grazie anche all’apporto di Bernardino Verrò, che ebbe sede in via Cucci, nel locale oggi proprietà della Camera del Lavoro Cgil di Palermo.
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