Riflettendo sulle aree interne dell'Isola
In un articolo giornalistico di Stefania Auci ci si interroga chi sono, oggi, nel XXI secolo, i "vinti" di cui scrisse Giovanni Verga nella prefazione dei Malavoglia datata 19 gennaio 1881.
I "vinti" sarebbero conseguentemente coloro che rifiutano di lasciare le aree rimaste prive di interesse per la Politica, rimaste prive di strade, servizi sociali e sistemi formativi da terzo millennio. Le aree dell'Isola dove ormai si va spegnendo la volontà della libera competizione democratico-elettorale civica.
Ha senso parlare di questa «categoria» di "vinti", come la intendeva Verga in una società come la nostra, nelle aree interne della Sicilia nel terzo millennio? Per Stefania Auci -di fatto- i "vinti" Non sono più i pescatori di Aci Trezza, come i Malavoglia. I vinti sono (lo riportiamo per intero): prodotti di scarto di una società che ha bloccato l’ascensore sociale, non permette alcun tipo di miglioramento e costringe a un’esistenza accelerata. Sono coloro che abitano nei quartieri degradati delle periferie delle nostre città, a cominciare dallo Zen di Palermo. Sono gli operai traditi dal progresso che li ha usati e poi gettati via, e che non consente loro di rientrare nel mercato del lavoro, così come è accaduto ad Augusta. Sono i contadini delle campagne del sud, stritolati dalle logiche di un mercato che li considera alla stregua di schiavi, come nelle campagne di Vittoria.
Fatalismo siciliano? Verga nella sua prefazione dei Malavoglia, diceva «Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realtà com’è stata, o come avrebbe dovuto essere».
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