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lunedì 2 novembre 2020

Riflessioni sulla Storia (3)

 Modernità nella cultura di noi occidentali non ha avuto significati costanti nel tempo. Di generazioni in generazioni si sono registrati significati sempre diversi. Tutti sono sempre emersi in Occidente e dagli europei quei significati si è sempre cercato di imporli al tutto il mondo. 

  Il vero significato di "modernittà", per gli storici, è da ricercarsi in quel XV-XVI secolo nelle aree di tutto ciò che oggi chiamiamo Occidente. 

  Modernità è il rigoglire di quella cultura di valori uniforme sull'intero  continente che da allora in poi avrebbe avuto a che fare con altri continenti e valori differenti (Africa subsaariana, Americhe, Asia orientale) ma che qui (in Europa) erano ormai consolidati sull'intero continente.

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La modernità non fu solo un periodo
di risveglio con risvolti di natura
economica (traffici, insediamenti
su territori da sottrarre agli indigeni etc.),
fu anche periodo di progressi tecnici
e scientifici.
Fu purtroppo anche periodo di aspri e
violenti conflitti
fra civiltà europea e civiltà "altre".

Nel vecchio continente fiorirono la
letteratura, la musica, l'architettura e
la pittura. Si rilesse quello che era stato
il mondo classico
greco-romano con occhio diverso da
come aveva fatto il Medio-Evo.

Con la Modernità
crebbe il "Rinascimento".

Il mondo che si apre

Fu lo storico Fernand Braudel a identificare cosa fosse il sentimento comune che univa l'intero continente europeo al sorgere della modernità. Fino allora, e per l'intera durata del Medio Evo, il denominatore comune era stata la visione cristiana del mondo che con la modernità però subisce al suo interno più fratture. Braudel nei suoi studi si è interrogato su cosa ed in cosa consistesse la capacità dell'Occidente, di quell'assetto di vita tradizionale del vecchio continente, ad assumere il dominio del mondo in quell'inizio della modernità e comunque di ergersi a guida in ambito tecnologico, economico, militare, politico e culturale.

Lo storico ha dimostrato con i suoi studi, tuttora validi, che il bacino mediterraneo, da Oriente ad Occidente, che fosse di fede mussulmana (essendo crollato l'Impero d'Oriente) o cristiana, per l'intero Cinquecento aveva condiviso un  comune destino economico. Egli dimostrò inoltre che la crescita demografica in quel periodo fu più o meno uniforme in Europa come in India e come in Cina e concluse che il primato europeo era dovuto ai fattori di "vita materiale", ossia all'avvento del capitalismo in Occidente.

Gli studiosi successivi rilevarono che all'alba della modernità il centro dell'Occidente che per secoli e secoli era stato il Mediterraneo gradualmente iniziò a spostarsi nel Nord Europa lasciando come area periferica e semiperiferica rispettivamente l'Europa Orientale e il Mediterraneo.

Sostanzialmente gli studiosi rilevano da un lato il lento declinare delle religioni come fattore di mobilitazione sociale e dall'altro l'affermarsi del fattore economico (il capitalismo) quale elemento di nuova coesione di territori e di popolazioni. Il pianeta, in connessione all'espandersi del nuovo sistema economico, cominciava a creare fattori di interdipendenza fra terre fra loro lontane: l'argento delle miniere messicane e peruviane veniva convogliato nel porto di Siviglia e poi da qui si irradiava nell'intera Europa.

In realtà il traffico di espressione economica era esistito pure in tempi lontani dalla "modernità" tuttavia si trattava di un commercio di beni di lusso che non investiva il corpo diffuso delle varie società. La modernità si aprì, si prospettò a chiunque volesse cambiare il proprio stato; e se ciò veniva ostacolato la stessa modernità mostrò èarecchi rimedi, non escluso il continuo ricorso alle rivoluzioni (cosa diverse dalle rivolte che sempre erano esistite).

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