StatCounter

domenica 8 novembre 2020

Alle radici del Cristianesimo

 Gianfranco Ravasi, Le Parole e i giorni, pag, 346

8 Novembre: LA CROCE E LA SPADA

Un impiegato delle poste è pari ad un conquistatore, qualora l'uno e l'altro abbiano una coscienza comune. Tutte le esperienze sono, al riguardo, indifferenti ... C'è Dio o il tempo, la croce e la spada. O il mondo ha un senso più alto, o nulla è vero al di fuori di tali agitazioni.

Albert Camus

(scrittore, filosofo, saggista, drammaturgo,

 giornalista e attivista politico)

   Ricordo ancora il turbamento che provai quando lessi il saggio "Il mito di Sisifo" che Albert Camus pubblicò nel 1942. Da quel libro inquietante estraggo qui alcune battute. A prima vista c'è un elemento positivo: se uno segue con autenticità e verità la sua coscienza, ogni professione ha una dignità aòta e indiscussa, sia che si tratti dell'impiegato delle poste sia che di scena sia un conquistatore. Ma Camus, in realtò, vuole registrare un ben diverso atteggiamento, per altro dominante ai nostri giorni, quando continua affermando che tutte le esperienze sono indifferenti, sia che tu compia un atto modesto e inoffensivo, come inoltrare la corrispondenza, sia che tu esegua massacri per ragion di Stato.
  Egli ci pone di fronte a due concezioni della vita e del mondo: o c'è Dio e un senso più alto,  oppure c'è solo il fluire del tempo con tutte le nostre agitazioni scomposte. Nel primo caso non è indifferente timbrare buste o uccidere; nel secondo si tratta di atti analoghi, immersi nella poltiglia di una esistenza sensa senzo. Camus sceglierà con amarezza questa seconda alternativa che conduce al relativismo nichilista, riconoscendo che la scelta è tra "tutto e nulla". Anche noi ci troviamo davanti a quel bivio, attratti da una indifferenza comoda sia pur drammatica. L'appello che risuona per richiamarci ad un senso più alto è costante: riflettiamo prima di lasciarci andare alla deriva sull'altra via.

= = =

Dal libro di Sergio Zavoli, grande giornalista recentemente scomparso, Le Grandi Domande - Dialogo con Pietro Coda, riportiamo la riflessione sul Buddismo (pag. 191).

ZAVOLI:

Lei, alcuni anni fa, ha fatto un viaggio in Thailandia, la terra d'oro del buddismo,
I Buddisti non parlano di
Dio, se esista o meno.

La religione Buddhista arriva
alla conclusione che la vita sia
un circolo che si ripete come in
una circonferenza. Il punto più
importante, per il Buddhista, è
quello di decidere cosa farne della
propria vita, visto che bisognerebbe
 spiegare il perché si sta
vivendo.

con Chiara Lubich. Il grande storico della civiltà, Arnold Toynbee, affermava che il vero confronto del cristianesimo, nel prossimo millennio, sarà quello col buddismo, e che quest'ultimo potrebbe addirittura avere la meglio, come parrebbe annunciare la fortuna della religiosità orientale anche dalle nostre parti.

PIERO CODAteologo e accademico

...tra la fine di dicembre e gli inizi di gennaio del 1997 Chiara Lubich venne invitata da autorevoli rappresentanti thailandesi del buddhismo theravada -il più antico e il più fedele all'insegnamento del Buddha-  a far dono della sua esperienza spirituale. Alcuni monaci buddhisti, venendo in Italia e incontrandola, erano rimasti colpiti dall'accoglienza, dalla fraternità, ma anche da qualcosa, per loro indefinibile, che si sprigiona "la dov'è carità e amore". Così, espressero il desiderio di avere un dialogo più ravvicinato nel proprio Paese. Anch'io ho avuto l'opportunità e la gioia di partecipare a quell' "incontro con l'Oriente", ricco di sorprese e stupore.

  Ricordo, fra tanti, un episodio. E' il 7 gennaio, il giorno dopo l'Epifania. Ci troviamo a Chaing Mai, la seconda città della Thailandia, centro di vita buddhista, con una università per monaci, alcuni monasteri e templi, una scuola di meditazione, eccetera. Consideri che i monaci, in Thailandia, sono circa trecentocinquantamila. Siamo in un'aula ampia, colma di centinaia di persone: monache in abito bianco e col capo rasato, monaci seduti un pò più in alto, vestiti del loro tipico saio arancione, laici e laiche provenienti anche dall'Europa e dagli Stati Uniti che si trovano nella cittadella vicina al monastero per una esperienza di vita. Il gran maestro Ajahn Thong, da cui dipendono circa cento monasteri del Nord del Paese, guida riconosciuta nella meditazione tradizionale vipassana - cioè di concentrazione- lo stesso che ha incontrato il papa durante la sua visita a Roma, presenta Chiara Lubich all'assemblea. "Voi mi chiederete perchè oggi ci parla una donna. La donna è poco considerata nella nostra cultura. Ma il saggio non è nè uomo nè donna. Quando nell'oscurità viene accesa per noi una luce, non ci si chiede se è opera di un uomo o di una donna, ma ci si compiace della luce".

    Chiara Lubich prende a parlare con grande semplicità e intrattiene subito l'uditorio riandando al Vangelo vissuto,  cioè alla sua storia, alla forza e alla novità dell'amore, alle tante esperienze scaturite dal mettere in pratica i precetti contenuti nei "libri sacri" dei cristiani, alle regole per vivere concretamente la carità: amare per primi, amare tutti, essere uno dell'altro, amarlo come se stessi ...  Sono le nobili verità del Vangelo, sussurrano i buddhisti. Segue un dialogo attento e profondo, "io sono buddhista" dice un monaco indicando la nostra presenza "ma porto dentro di me questi cristiani, e loro fanno altrettanto". Poi, il gran maestro infila al collo di tutti noi la tipica "corona del rosario" buddhista. Si termina con un momento di meditazione - "per fare sintesi nella propria coscienza" spiega il gran maestro "di ciò che è stato detto" - invocando il bene e la pace. Le monache, in particolare, sono felici di poter fare una foto di gruppo. Hanno preparato un pranzo di vivande esotiche sotto gli alberi,  e con larghi sorrisi e gesti delicati ci servono a tavola. Una di loro, ottantadue anni, mi comunica la sua impressione. "Ho una grande gioia. Vivo qui da sedici anni, ma non ho mai sentito cose così belle!  E dire che sono stata anche in India sulle orme del Buddha ...". Salutandoci con le promesse di rivederci, il giovane abate, discepolo del gran maestro dice che, "vivendo come ci è stato spiegato, veramente non c'è più uomo o donna, bambino o adulto, contadino o intellettuale, monaco o laico, ma tutti diventiamo sacerdoti per gli altri". E' una piccola rivoluzione, per la loro mentalità religiosa e culturale. E, a veder bene, anche per la nostra.

Nessun commento:

Posta un commento