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domenica 29 novembre 2020

Alle radici del Cristianesimo

Dalla Filocalia:


Massimo il Confessore, è stato un monaco e teologo bizantino, venerato santo sia dalle Chiese cattolica e ortodossa che lo ricordano il 13 agosto di ogni anno.

X- Imparate da me -dice - che sono mite e umile di cuore, ecc. La mitezza custodisce l'animo imperturbato, l'umiltà libera l'intelletto dall'arroganza e dalla vanagloria.

X Se tu alcuni li odi, per altri non hai né amore né odio, altri li ami ma con misura, e altri li ami ardentemente, devi riconoscere da questa diseguaglianza, che sei lontano dalla verità perfetta, che suppone si ami ugualmente ogni uomo.

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 Estrapoleremo per alcune settimane alcune pagina dal testo di Hans Kung: Dio esiste? -forse il più impegnativo fra gli innumerevoli suoi libri-. Si tratta di un voluminoso "classico" testo di teologia e filosofia diffuso a livello mondiale. All'interrogativo posto nel titolo del libro Kung, sacerdote cattolico, risponde positivamente alle inquietudini, alla curiosità e al dubbio in cui gli stessi credenti possono venirsi a trovare. 

Sul blog ovviamente riporteremo alcune delle oltre mille pagine del libro, quelle utili a cogliere il senso (introduttive). Nelle prime pagine l'autore trattegia la figura di "Cartesio",  filosofo e matematico francese, fondatore della matematica e della filosofia moderna. Scopo del libro è di usare il metodo scientifico per la ricerca del fondamento della "fede".

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Io penso, dunque sono?: René Descartes

E' consigliabile tornare a rileggere prioritariamente la prima pagina del testo -che stiamo considerando su René Descartes- di Hans Kung Dio Esiste? (pigiare sulla scritta blù).

2) Al termine degli studi lo scolaro modello, orgoglio dei suoi maestri, nobile ed esterirmente docile, ma nell'intimo ribelle ammiratore di Galileo, si vide irretito in tanti dubbi ed errori da decidere di abbandonare totalmente gli studi scientifici. A differenza degli scienziati da tavolino, "risolsi di non cercare altra scienza fuori di quella che potevo trovare in me stesso o nel gran libro del mondo. Impiegai, dunque, il resto della mia giovinezza a viaggiare, a vedere corti e uomini d'armi, a frequentare genti di altra indole e condizione, a far tesoro di una diversa esperienza per mettere me stesso alla prova nei casi che la fortuna mi offrisse e trarne, con la riflessione, qualche profitto.I due libri nei quali l'uomo del Medioevo cercava la verità, vale a dire i libri della natura e della Bibbia, appaiono qui sostituiti dai libri dell'uomo moderno, dai libri cioè del mondo e del proprio io.

  Il "gran libro del mondo" Descartes incominciò a sfogliarlo a Parigi, dopo la laurea in giurisprudenza: come cavaliere finanziariamente indipendente, come buon danzatore, cavalcatore, schernitore, giocatore, ma dedito segretamente ai problemi matematici e filosofici.. E continuerà a sfogliarlo con i viaggi attraverso l'Olanda, la Germania, l'Austria e l'Ungheria; come soldato, come stimato volontario con il grado di ufficiale non stipendiato, certamente più "spettatore" che "attore", particolarmente amante dei tranquilli quartieri invernali che gli permettevano di dedicarsi alle sue meditazioni.

  In uno di questi quartieri, a Ulma sul Danubio, il 10 Novembre 1619, in una notte di entusiasmo intellettuale e di animati sogni profetici, la vita di Descartes subisce una svolta decisiva: il soldato ventitreenne viene investito dall'alto, come riferirà lui stesso, dalla luce di una meravigliosa intuizione, che doveva diventare l'idea di fondo del suo lavoro futuro, e cioè la rivelazione di una "science admirable", l'ideale di una nuova scienza unitaria universale che, con l'ausilio del metodo matematico-geometrico, può esporre in maniera chiara e inequivocabile le leggi della natura e dello spirito, e insieme la fisica e la metafisica. Inizia così una nuova era, nella quale la matematica e le scienze naturali svolgeranno un ruolo totalmente diverso. Tutti gli sviluppi sinora conseguiti, il pensiero avviato da Copernico, Keplero e Galileo, non aspiravano ad una vasta sistematizzazione, matematicamente certa, in una filosofia della natura e dello spirito?

   Questa sconvolgente intuizione di ciò che sarebbe stato il compito della sua vita lo afferra al punto che in quella stessa notte -  in contrasto con il cliché del Descartes razionalista-, egli fa voto di recarsi in pellegrinaggio  al santuario italiano di Loreto, come di fatto farà nel corso di un lungo viaggio attraverso mezza Europa, intrapreso dopo aver abbandonato la  carriera militare. Ritornato più tardi a Parigi, nel 1627 partecipa per la prima volta a un dibattito pubblico di carattere filosofico; in occasione della conferenza di un certo signore de Chandoux, alla presenza del nunzio apostolico, egli espone i principi di una nuova filosofia che, a suo parere, può condurre a una conoscenza certa.

   In quell'occasione il cardinale Pierre de Bérulle, il grande fondatore dell'Oratorio e della teologia spirituale francese (*Ecole Française*) che, a differenza dei teologi romani, manifestava simpatia per le idee di Galileo, riporrà pubblicamente le proprioe speranze  nel giovane  Descartes. Gli raccomanderà, infatti, formalmente di dedicarsi alla nuova filosofia. Non aveva bisogno anche la fede cristiana di un nuovo fondamento, di una nuova base filosofica per la teologia, di un nuovo Aristotele? Viene così stipulata una nuova alleanza tra la nuova scienza e filosofia  matematico-meccanicistica, sospetta come non cristiana, da una parte, e il rappresentante addirittura di una teologia spirituale, dall'altra -contrari entrambi alla teologia scolastica tradizionale ("scuola astratta") e alla mistica rinascimentale della natura (che gli oratoriani consideravano larvatamente neo pagana). Quanto sarebbe stata diversa la storia della cristianità se anche a Roma si fosse colta la possibilità di un'intesa tra la teologia e la scienza naturale! Descartes divenne il primo importante pensatore dell'età moderna, la cui opera, a differenza dei nuovi principi filosofici del Rinascimento, doveva plasmare in maniera determinante la coscienza moderna,

   Tra le carte del filosofo, dopo la sua morte a Stoccolma,  si troveranno le Regole per la guida dell'intelligenza (Regulae ad directionem ingenii, 1628), scritte e commentate in latino un anno dopo quella discussione parigina. Con pregnanza, in seguito difficilmente superata, questo primo scritto filosofico di Descartes, rimasto incompiuto, di espressione, in un mediato sistema della sua *conversazione*, consacrando così il suo autore quale iniziatore dell'epistemologia moderna. "Il fine degli studi deve essere quello di guidare la mente a giudizi sicuri e veri, intorno a tutte le cose che si presentino" (Regola prima), "Bisogna occuparsi soltanto di quegli oggetti alla cui certa e sicura conoscenza appare esser sufficiente la nostra intelligenza" (Regola seconda). "Riguardo agli argomenti da trattare si deve fare ricerca non di ciò che gli altri ne abbiano opinato o di ciò che noi stessi congetturiamo, bensì di ciò che da noi si possa intuire con chiarezza ed evidenza; poichè solo così si acquista scienza" (Regola terza). "Per l'investigazione della verità delle cose, è necessario un metodo" (Regola quarta).

   Su questo metodo si diffondono le regole 4-21, che a mano a mano che si procede assumono un carattere sempre più matematico-geometrico. A Descartes, quindi ancora non interessa una metafisica, ma un metodo unitario-incontrovertibile, quello matematico, esteso a tutti i campi del sapere -contro tutti i possibili pregiudizi e le consuetudini,  contro tutto ciò che impedisce l'evidenza. Come può, in fondo, la filosofia passare dalle tenebre alla luce, dall'insicurezza di opinioni contraddittorie alla chiarezza, evidenza e certezza, se non si applica pure a essa la certezza - e cioè il metodo esatto - della matematica, più precisamente della geometria?  Soltanto la matematica rende possibile quella dimostrazione sicura e chiara, che in base a grandezze non determina una grandezza incognita, e con principi semplici,  facilmente comprensibili, raggiunge le soluzioni più difficili e complesse. In effetti, nella matematica e nella geometria, Descartes aveva scoperto le idee chiave della sua nuova filosofia, le quali avrebbero orientato il seguito della sua vita e la sua visione tecnico-matematica della realtà. L'idea di un superiore piano della verità, del piano cioè dell'evidenza esente da dubbio e da errore, dei concetti chiari e distinti; l'idea di una conoscenza fondata, non su dati sensibili insicuri, su idee erronee o su autorità riconosciute, ma soltanto sull'intelligenza generatrice di certezza;  l'idea di un pensiero metodico attuantesi col passaggi dal noto all'ignoto, dal semplice al complesso;  l'idea di una analogia tra l'ordine della matematica e quello della natura, obbediente a leggi matematiche, con le quali viene aperta alla comprensione e quindi dominata la matematica.

   Riduzione di tutti i problemi a tali modelli matematici: a differenza del teologo medievale Bonaventura, che aveva tentato una "Riduzione (reductio) delle arti (scienze) alla teologia", ora il filosofo Descartes tenta, in maniera moderna, una "riduzione delle scienze" alla matematica: lo "spirito"  del suo metodo doveva estendersi a tutte le altre scienze. Quello che io conosco "in maniera chiara e distinta", è vero. "Clare et distincte" diventa con Descartes, ben oltre i confini della Francia, una specie di parola d'ordine: per la filosofia, per la scienza naturale, per la vita culturale in genere. 

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Alle radici del Cristianesimo sta l'Ebraismo.

Alcune riflessioni

2) L'appartenenza ebraica, tradizionalmente coincide con la circostanza di nascere da madre ebrea. Questa circostanza è quella che dà il volto etnico all'ebraismo, mentre  la possibilità di aderirvi compiendo alcuni riti d'ingresso gli dà il volto religioso. Non tutti in Occidente accettano l'automatismo per cui da una mamma ebrea nascano figli automaticamente ebrei ed infatti è a conoscenza di chi scrive queste righe la situazione (che è situazione vasta) createsi in una specifica famiglia, con marito di origine contessiota, in cui questi cristiano non intese accettare la situazione di quest'automatismo e ne derivò la separazione, con il figlio andato quasi per automatismo alla madre.

La fede è imperniata sul Dio uno e sulla rivelazione del Sinai con gli obblighi che ne derivano per Israele, popolo scelto da Dio. Un primo aspetto -che subito si coglie- del popolo israeliano è che esso guarda sempre alle proprie origini, al proprio passato, ed in questo è davvero molto tenace, per la "memoria culturale", sotto altro e diverso aspetto esso guarda e si proietta al futuro in attesa che vengano realizzate le promesse messianiche.

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