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martedì 2 giugno 2020

Dopo guerra. L'Italia repubblicana da ricostruire

Quali le colpe dei Savoia ?

Nel 1924 -dopo il delitto Matteotti- il fascismo era in crisi, era allora una estrema minoranza, eppure Vittorio Emanuele III non si liberò -allora- di Mussolini, come tutti si aspettavano.
Quel monarca consentì che venisse accantonato lo Statuto, permise la creazione di una milizia di parte, l'istituzione del Tribunale speciale e del confino per i militanti della Sinistra, e non si oppose alle avventure militari in Africa ed in Spagna. Nulla disse sul Patto d'Acciaio stretto con Hitler.

Il 25 Aprile '43 la monarchia provò, sia pure con molto ritardo, a ribellarsi ai tedeschi ma poche settimane dopo, l'8 settembre dello stesso anno, essa scrisse una pagina amara nella storia del Paese, e non tanto perchè si mise in salvo abbandonando Roma al suo destino, ma per il disordine nel quale aveva lasciato il Paese.
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L'eredita del Fascismo:
-L'Italia deve 100 milioni di dollari all'Urss, 125 milioni
alla Jugoslavia, 105 milioni alla Grecia, 25 milioni
all'Etiopia e 5 milioni all'Albania.

Nel Paese manca il grano, scarseggiano gli alloggi, le
comunicazioni non esistono, in più parti del Paese ci sono
i banditi e prospera il mercato nero, "signorine" e "sciuscià"
affollano le strade, i detenuti si ribellano alle guardie.

Così Enzo Biagi
Sfogliando giornali, riviste e ritagli conservati mi capita un breve testo di un molto più ampio articolo dell'1 giugno 1946, il giorno precedente la giornata elettorale per decidere fra Repubblica o Monarchia, del Corriere della Sera.
Il direttore di allora, Mario Borsa, che aveva preso posizione per la Repubblica, nel suo editoriale intitolato "Concludendo" scrive:

 "Paura di che ? del nuovo perchè nuovo ? Qualunque cosa ci capiti domani non sarà mai così brutta, così disastrosa, così tragica come ciò che ci è capitato ieri.

Paura di che ? Lo credano i nostri elettori: il buio non è nella Repubblica o nella Monarchia. Il buio, purtroppo, è in noi, nella nostra ignoranza, o indifferenza, nelle nostre incertezze, nei nostri egoismi, di classe o nelle nostre passioni di pane".

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