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venerdì 26 giugno 2020

Ritagli di giornali. Chi era Moravia (2)

Quel 1968

In una intervista/confronto con cinque leaders dell'allora vivace contestazione studentesca, gestita dalla rivista  L'Espresso (nel 1968), Moravia così prova a controbattere ai giovani di allora che lo vedono -seppure uomo della Sinistra- come uomo che alimenta e sostiene il "sistema".

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In un sistema capitalista gli editori sono capitalisti e lo scrittore è un proletario come un altro che può essere (e spesso è) sfruttato e il libro  è un prodotto che viene consumato. Se voi afferrate che l'arte  non è espressione bensì prodotto, allora non dovete pretendere dallo scrittore che sia un intellettuale cioè un creatore con privilegi e responsabilità maggiori degli altri. Dovete invece ammettere che è una specie di artigiano, cioè un proletario. 

C'è cont
raddizione tra il ruolo che voi pretendete dall'intellettuale e il valore di prodotto che attribuite all'arte. D'altronde, bisogna vedere se il prodotto letterario è fatto per il consumo o per la rappresentazione.  C'è una grande differenza fra l'industria culturale e l'espressione artistica. La prima produce un'arte di classe la quale nei paesi capitalistici ubbidisce alle leggi del profitto e in quelli dei paesi comunisti alle leggi dello Stato: la stessa cosa, almeno, ai fini dell'arte. In Occidente c'è il limite del profitto, in Oriente quello della propaganda . Si tratta pur sempre di un'arte di classe. Cioè di una letteratura da essere consumata non importa se in treno o sui banchi delle scuola. Nessuna rivoluzione ha mai voluto questo. Le rivoluzioni vogliono la libertà dell'espressione artistica. Ossia, visto che per voi i contenuti (cioè la critica del potere) non contano, la libertà del linguaggio.


Lo scrittore che non voglia farsi intermediario fra la classe egemonica e il pubblico può trovarsi ad operare in tre diverse situazioni storiche. Può fare dell'arte di qualsiasi genere, se la situazione lo consente, se cioà i tempi sono larghi; se i tempi si stringono dovrà abbandonare la rappresentazione e la poesia per il saggio, l'articolo,; infine, se i tempi non lasciano altra alternativa, cesserà di essere scrittore, uomo di cultura, sarà il cittadino che difende la sua libertà con il fucile. Ora io vi chiedo di dirmi in quali di queste tre situazioni ci troviamo oggi. Secondo me ci troviamo a lavorare con un margine abbastanza ampio, almeno qui in Italia,  per fare della rappresentazione artistica la quale, come sapete, è di per sé ambigua. Se i tempi si stringono, certo la poesia non basta più, ci vuole la pubblicistica. Sew poi ti vengono i nazisti a casa (come è successo a me), ci vuole la lotta armata.

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